Wise Society : Coltivare grani antichi per difendere la cerealicoltura

Coltivare grani antichi per difendere la cerealicoltura

di Maria Enza Giannetto/Nabu
16 Giugno 2016
SPECIALE : Le insidie della Celiachia

In Sicilia l'associazione "Simenza" divulga la retro-innovazione per il mantenimento della biodiversità vegetale, animale e "umana"

Campi coltivati coi grani antichi

Foto Associazione Simenza

Timilia, Strazzavisazz e anche il tenero Maiorca. Sono i nomi di alcuni grani siciliani antichi da cui, negli ultimi anni, passa la rivoluzione della cerealicoltura isolana. Una rivoluzione che parla la lingua della tradizione e che usa le armi della natura, per ridare al comparto quella dignità di cui è stato privato in questi ultimi 60 anni di green revolution. Uno dei protagonisti di questa rivoluzione è Giuseppe Li Rosi, contadino di Raddusa, in provincia di Catania, e presidente dell’associazione culturale “Simenza – Cumpagnìa siciliana sementi contadine”, (Simenza significa sementi, ndr) nata a febbraio 2016 per difendere la biodiversità vegetale, animale, ortiva, alimurgica e “umana” siciliana.

Grani antichi per difendere la biodiversità

«Il valore aggiunto della produzione – spiega Li Rosi – resta ormai quasi totalmente nell’ambito della trasformazione e della commercializzazione. Purtroppo l’agricoltura, negli anni, è stata “ridotta” solo a produrre materia prima perdendo quel ruolo primario che aveva anche nella produzione del cibo finito. La nostra rivoluzione sta nel far riguadagnare alla terra e all’agricoltura il suo giusto posto». Un posto degno dell’agricoltore che sente di essere il rappresentante della civiltà più antica del Pianeta ancora oggi esistente: quella rurale. Giuseppe Li Rosi, 51 anni, contadino con una laurea in Lingue e letterature straniere ha usato il suo bagaglio culturale umanistico per rintracciare la storia, le connessioni tra uomo e terra, passando anche per le varietà di sementi siciliane.

«Quando ho preso in mano le redini dell’azienda di famiglia – spiega – ho puntato su una sorta di retro-innovazione, con il recupero dei grani che erano stati perduti e messi da parte perché c’erano frumenti più produttivi. Era il 1999 quando cominciai a introdurre nella mia azienda i primi “grani antichi“, per capire di cosa avevano bisogno e come si comportavano. Oggi 100 dei miei 200 ettari sono coltivati a Timilia, Strazzavisazz e Maiorca, sementi di cui sono il custode».

Il patrimonio del grano siciliano

13452942_10210258782172501_879352295_oLa Sicilia vanta, ancora oggi, 52 varietà di grano ovvero il patrimonio più importante di Italia, Europa e uno dei più importanti del Mediterraneo. L’adozione del Tips (Trade-related aspects of intellectual property rights), ha messo a rischio queste varietà locali siciliane proibendo lo scambio di varietà di prodotti tra gli agricoltori e facendo perdere la possibilità di conservare e tramandare i semi di varietà locali per le semine. L’agricoltura siciliana, però, resiste alle imposizioni grazie alla tradizione di riutilizzare come semente una parte dei grani prodotti. Una determinazione, che tende a recuperare non solo i grani, ma anche i metodi e ritmi antichi.

«Noi di Simenza  – dice Li Rosi – auspichiamo un nuovo tipo di contatto con l’agricoltura ispirato all’antico. Vogliamo tracciare la nostra strada e tenere il nostro passo che sicuramente non è così veloce come quello dell’industria. È un passo che ha bisogno di tempi più lunghi e si basa su un orologio diverso, fatto di lustri e tanta pazienza. Per quanto riguarda i metodi, invece, crediamo sia assolutamente insensato usare diserbanti, fungicidi e Ogm». A quattro mesi dalla sua istituzione, l’associazione ha praticamente raddoppiato i soci che sono ora 82 con tante nuove richieste di iscrizione. «Abbiamo richieste di agricoltori, allevatori, produttori di frutta da tutta la Sicilia e possiamo contare anche su tanti valorizzatori, ovvero chef illuminati che trasformano i piatti in cene da gourmet», aggiunge Li Rosi.

Un modello agricolo retro-innovativo

Un’associazione che cresce basandosi sul mantenimento delle diversità al suo interno, ispirandosi a un modello agricolo retro-innovativo. «In un campo di grano moderno – dice Li Rosi –  tutte le spighe sono tutte una clone dell’altro perché si tende allo standard. Noi, invece, ci ispiriamo al campo evolutivo/partecipativo, e nei nostri campi facciamo miscugli di migliaia di varietà, introducendo incroci con il risultato di una distesa di grano dove le spighe sono diverse e collaborano: la più bassa sostiene la più alta e la più alta difende la più bassa dagli infestanti».
Si innesca una selezione naturale e scatta l’evoluzione. Gli agricoltori siciliani, al “grido” di semu simenza (siamo sementi, ndr) stanno sperimentando questo modello per smettere di essere invisibili.

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