Siamo tutti parenti, discendenti dagli stessi antenati africani. Che si sono diffusi in poche migliaia di anni in tutto il pianeta. Niente razze, ma molte differenze. Scritte un po’ nel Dna e molto nella nostra cultura
Guido Barbujani, biologo e genetista, ordinario di Genetica all’Università di Ferrara si occupa di genetica delle popolazioni e di biologia evoluzionistica, le sue ultime ricerche vertono sulla diversità umana e sullo studio del DNA in popolazioni antiche, fra cui gli Etruschi e i Sardi nuragici. Dallo studio del Dna antico rintraccia le relazioni esistenti tra noi e i nostri antenati.
Lo studio del Dna cosa ci racconta?
Abbiamo caratteristiche fisiche, comportamenti e aspetti diversi. Eppure lo studio del Dna ci racconta anche altre cose. Serve a farci capire che la nostra identità non è qualcosa che ci viene trasferita dai nostri genitori con i loro geni, ma è qualcosa di più complesso che riflette i nostri gusti, i nostri desideri e stili di vita. Si pensa che nel codice genetico sia scritta una sentenza che ci fa essere nel modo in cui siamo, ma è soprattutto la differenza culturale che influenza le nostre azioni. In realtà siamo tutti africani e i nostri antenati sono tutti parenti. Discendiamo tutti da uno stesso gruppo di 60 mila anni fa che nel giro di 20 mila anni ha colonizzato tutto il pianeta.
Con il giornalista Pietro Cheli ha scritto il libro Sono razzista ma sto cercando di smettere, cosa ha da dire la scienza in proposito?
Il razzismo è un fenomeno che ha origini nella nostra mente, e scaturisce da paure che spesso si basano su racconti mitologici della nostra vita evolutiva. E chi come me si occupa di biodiversità umana s’impegna a dimostrare perché sono solo miti.
Nella nostra specie non ci sono razze, come invece troviamo in altre specie, come gli orangutan. Nella nostra specie le varie popolazioni sono molto simili tra loro, le caratteristiche dell’una sfumano in quelle dell’altra senza evidenti discontinuità. Risultato: nessuno è mai riuscito a definire quali e quante siano le razze umane e compilarne un catalogo che non venisse subito smentito. Abbiamo avuto troppo poco tempo e troppo poco isolamento perché nell’uomo si formassero razze biologiche distinte. I moderni studi di genetica e di antropologia hanno spiegato perché: siamo tutti africani, tutti discendenti di antenati che stavano nell’Africa orientale. Discendiamo tutti quanti da un numero molto grande di antenati che hanno mescolato il loro Dna fino a produrre i Dna dell’umanità attuale. Siamo tutti diversi e siamo tutti quanti parenti.
Se non esistono le razze perché esiste il razzismo?
Le differenze si trovano scritte solo un po’ nel Dna e moltissime nella cultura. Nessuna tra quelle che ci inquietano o ci ostacolano nel rapporto con gli altri ha origini genetiche note, ma tutte dipendono da differenze culturali.
Trasmesse attraverso le generazioni, non certo perché scritte nei nostri geni ma perché radicate nei modi diversi di vivere e di pensare che abbiamo sviluppato nel corso dei millenni. Il fatto che la scienza confermi che non esistono razze, ma solo popolazioni non significa che non esista il razzismo.
Il razzismo traccia barriere fra le persone sulla base di luoghi comuni non confermati dalla scienza, anzi spesso contraddetti dalla scienza stessa.
Si ha sempre più paura della globalizzazione, ma la storia evolutiva non ci conferma che è sempre esistita?
Spesso viene da pensare che la società odierna sia globalizzata, ma se guardiamo nel genoma umano ci rendiamo conto che la globalizzazione è un fenomeno con cui abbiamo a che fare da decine di migliaia di anni.
La nostra è una specie che si è diffusa in tutto il mondo. Solo i topi sono confrontabili a noi come capacità di adattarsi ad ambienti diversi; effettivamente, anche i topi come noi sono delle specie che nel loro DNA hanno il racconto di molte migrazioni.
L’umanità è fatta come certi animali, per esempio il tonno. Il Dna dei tonni è simile al nostro, perché si tratta di una specie molto mobile che non sta mai ferma in un posto. Il tonno è come noi che, muovendoci in continuazione, abbiamo scambiato geni tra individui di provenienza molto diverse.
Eppure sembra che la paura per l’altro, il diverso sia in aumento?
Io direi che non dobbiamo essere terrorizzati dallo scambio, perché è avvenuto di routine per almeno 60 mila anni nelle cellule della nostra specie.
Non dobbiamo preoccuparci del fatto che il nostro Dna si mescoli perché è già da tempo un mix di geni.
Se parliamo invece di difesa di aspetti della nostra cultura e delle nostre tradizioni questo non ha nulla a che fare con la biologia della riproduzione. Quello che succederà in futuro dipenderà dalle nostre scelte. Penso si debba riconoscere la complessità della società in cui viviamo e agire perché tutti abbiano uguali diritti, pur in presenza di forti differenze culturali. Complessità non vuol dire solo difficoltà ma anche maggiore ricchezza.
Per combattere l’intolleranza occorre prima di tutto analizzarla invece di etichettarla semplicemente come razzismo. Chiudiamo con Barbujani e Cheli, che nel loro libro scrivono:
La stessa persona può essere, senza la minima contraddizione, di cittadinanza americana, di origine caraibica, con ascendenze africane, cristiana, progressista, donna, vegetariana, maratoneta, storica, insegnante, romanziera, femminista, eterosessuale, sostenitrice dei diritti gay e delle lesbiche, amante del teatro, militante ambientalista, appassionata di tennis, musicista jazz, e profondamente convinta che esistano esseri intelligenti nello spazio con cui dobbiamo cercare di comunicare al più presto (preferibilmente in inglese)”.*
*Tratto da Identità e violenza, di Amartya Sen (Laterza, 2006)