Molti hanno ancora paura degli immigrati. E spesso senza nessun buon motivo. Pif delle Iene, si batte a fianco di Amref contro i pregiudizi. Che fanno male a tutti
È una delle Iene più amate d’Italia ma anche un personaggio sempre pronto a prestare la sua immagine per cause sociali. Come quella che ha lo scopo di combattere, attraverso un video che ha realizzato e che sta circolando in Rete, gli stereotipi nei confronti dell’Africa e in generale degli immigrati. Tutto questo mentre Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, sta per fare il suo debutto alla regia con una pellicola per il cinema dal titolo provvisorio La mafia uccide solo d’estate, dedicata alle vittime di Cosa Nostra e le cui riprese cominceranno in primavera.
Lei è salito alla ribalta con Le Iene. Quali sono le qualità che una vera Iena dovrebbe avere?
Apparente incoscienza nel senso che quando realizzo i miei servizi per Le Iene faccio cose che nella vita non farei mai perché in qualche modo la telecamera legittima a farle.
Lei viene da una terra, la Sicilia, bellissima ma anche molto difficile. Cosa ama di più di questi suoi luoghi e cosa meno?
La Sicilia è una terra meravigliosa gestita da gente che ti fa cadere le braccia e questo mi fa molto arrabbiare…
È anche per questo che ha deciso di ambientare lì la sua opera prima da regista?
Il legame con la Sicilia è molto forte e il film, dedicato ai figli delle vittime di mafia, mostra Cosa Nostra secondo un’ottica di cinica ironia. I toni, infatti, sono quelli della commedia romantica con situazioni anche un po’ tragicomiche visto che il racconto avviene attraverso gli occhi di un bambino. Si tratta, quindi, del racconto di una Palermo surreale, quella che fra gli anni Settanta e Novanta vive praticamente la mafia negando l’esistenza del problema, semplicemente per sopravvivere.
Questo corona anche il suo sogno: stare dietro la macchina da presa…
Il sogno di fare il regista è sempre stato dentro di me ma siccome non era facile realizzarlo da subito ho pensato di cominciare a fare l’autore televisivo, il che mi ha portato poi ad andare in prima persona in video. Quindi, questo film mi riporta alla mia più grande passione.
Lei è una Iena molto sensibile ai temi sociali e, infatti, proprio di recente ha realizzato un video che vuole sradicare molti degli stereotipi nei confronti degli immigrati…
Sì, perché sono ancora troppi i pregiudizi che impediscono di sostenere nel giusto modo gli sforzi dell’Africa di rimettersi in piedi e di tutti coloro che lavorano duramente per aiutarla in tal senso. A chi non è mai capitato, per esempio, di avere una reazione indispettita alla vista dell’ennesimo venditore ambulante in spiaggia? O anche quanti, incontrando una persona di colore, pensano subito che si tratti di un clandestino? Ebbene, una parte non trascurabile di chi arriva in Italia è invece un professionista, magari medico o ingegnere, che per mancanza di opportunità nel proprio Paese ha dovuto emigrare in Italia finendo qui a fare lavori molto più umili. È per questo che ho voluto dedicare il video a queste persone e ad Amref, l’organizzazione internazionale che da anni si batte affinché gli africani possano vivere il proprio futuro nel loro continente. Ho incontrato l’associazione pochi anni fa grazie a un servizio per Le Iene ed è stato amore a prima vista. Sono stato in Kenya a visitare i luoghi dei loro progetti e ne sono rimasto davvero colpito perché la filosofia è quella non di portare semplice aiuto dall’esterno ma di puntare sulle forze locali, preparando medici, costruendo scuole, facendo arrivare acqua potabile, formando i giovani al lavoro, per avviare così un vero e duraturo sviluppo.
Un’esperienza, quella dell’immigrazione, che in qualche modo ha vissuto anche lei trasferendosi a un certo punto a Londra per farsi le ossa…
Avevo 23 anni e per mantenermi ho lavorato in un McDonald’s. Un giorno doveva venire un ispettore per alcuni controlli e così mi mandarono a pulire anche i bagni. Fu molto imbarazzante perché li pulivo mentre c’era gente che li usva, ma fu anche molto istruttivo, un tipo di esperienze che è utile fare perché capisci tante cose. Io ero lì quasi per gioco e sapevo che potevo ritornare in Italia quando volevo, ma pensiamo a quanti stranieri, magari anche laureati, vengono nel nostro Paese a fare le pulizie nelle nostre case. Per tutti i giovani dovrebbe essere obbligatorio andare un anno all’estero per formarsi.
Tornando all’Africa, la crisi economica sta influendo, secondo lei, sulla generosità delle persone?
Più che la crisi forse influisce la sempre maggiore diffidenza dopo i diversi scandali degli ultimi anni legati, in alcuni casi, allo sperpero di parte delle donazioni raccolte. Comprendo questo scetticismo ma quegli scandali non dovrebbero scoraggiare perché il rischio è che diventi una giustificazione a non donare. Io stesso quando ho visto con i miei occhi l’importante lavoro di tante persone e il risultato del loro impegno (basti pensare che con 3mila euro si fa un piccolo pozzo d’acqua e si risolve la vita di una comunità intera) ho cambiato idea su molte cose.
C’è qualcosa che le è rimasto particolarmente impresso del viaggio che ha fatto fra i villaggi africani?
Innanzitutto il fatto che nei progetti Amref lavorano per la maggior parte persone del posto e poi che la prima difficoltà che si deve affrontare è vincere la diffidenza delle persone delle comunità locali perché sono abituate a essere maltrattate e quindi sono diffidenti di fronte a chi va la a offrigli qualcosa senza chiedergli nulla in cambio.
Cosa bisognerebbe fare secondo lei, a livello politico, per dare una mano concreta ai paesi del Continente nero?
Secondo me bisognerebbe innanzitutto impegnarsi per cercare di dare stabilità politica a tutti i paesi dell’Africa perché è inaccettabile che ci siano ancora al potere dittatori che con le loro famiglie navigano nell’oro mentre gran parte della popolazione muore di fame. Questo innescherebbe anche maggiore fiducia da parte di chi invia aiuti e finanzia progetti perché si darebbe la certezza che il proprio denaro viene speso bene.