Wise Society : Rifiuti in mare: abbiamo toccato il fondo

Rifiuti in mare: abbiamo toccato il fondo

di Fabio Di Todaro
11 Ottobre 2019

Secondo i dati dell'ISPRA, oltre il 70 per cento dei nostri scarti finiti nelle acque risulta infatti depositata in profondità

Quanto ai rifiuti in mare, abbiamo ormai toccato pure il fondo. Oltre il 70 per cento dei nostri scarti finiti nelle acque risulta infatti depositata in profondità, a livelli variabili. E quasi 8 rifiuti su 10 sono fatti di plastica, materiale resistente anche per millenni che sembra ormai aver «colonizzato» i nostri mari. Stando ai dati raccolti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca sull’Ambiente (Ispra), che per la prima volta ha differenziato la localizzazione dei rifiuti marini tra i diversi comparti (fondali, spiagge e colonne d’acqua), le coste di Sicilia e Sardegna sono quelle maggiormente interessate dal problema. Ma la situazione è per certi versi più complessa dove i fondali sono rocciosi e i rifiuti risultano dunque distribuiti a profondità differenti, con maggiori difficoltà di recupero. In questo caso, i quadri più preoccupanti riguardano il mar Ligure (1500 oggetti per ettaro) e il Golfo di Napoli (1200 oggetti per ettaro), oltre ad alcuni tratti delle coste siciliane (900 oggetti per ettaro).

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Rifiuti in mare: oltre il 70 per cento dei nostri scarti finiti nelle acque risulta infatti depositata in profondità, a livelli variabili. E quasi 8 rifiuti su 10 sono fatti di plastica, Foto: Ispra

QUEI RIFIUTI IN FONDO AL MARE CHE NON SI VEDONO – Il campionamento effettuato nell’ambito del programma nazionale di raccolta dati ha interessato i fondi mobili dov’è stato possibile usare le reti a strascico, con profondità compresa tra 10 e 800 metri. Le attività di campionamento sono state effettuate tra la primavera e l’estate del 2016, in un numero di stazioni variabile per le differenti aree. L’elaborazione dei dati raccolti è stata fatta considerando due macro-categorie: plastica e altri rifiuti, considerando come questi ultimi tutti quelli di origine antropica a esclusione della plastica. Per le due categorie sono stati considerati il numero e il peso totale degli oggetti considerati rifiuto rinvenuti in ciascuna stazione, la frequenza di rinvenimento percentuale in termini di numero di cale in cui è stato trovato almeno un oggetto appartenente alla categoria rispetto al totale di quelle osservate, la densità (numero) e l’abbondanza (peso) media per area di riferimento. Oltre alle località già citate, anche nella regione Adriatico-Ionica la media degli scarti rinvenuti è risultata superiore ai 300 rifiuti per chilometro quadrato. Lungo le coste orientali italiane, le aree più inquinate sono risultate essere quella a sud del Delta del Po e gli specchi d’acqua antistanti Dubrovnik e Corfù.

LE RESPONSABILITÀ DELL’UOMO – Complessivamente, ogni anno, circa otto milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, di cui il sette per cento nelle acque del Mediterraneo. Ma come arrivano in mare tutti questi rifiuti? Sicuramente attraverso i fiumi, che costituiscono la principale via di trasporto. Le foci presentano il maggior quantitativo di rifiuti galleggianti (oltre mille oggetti per chilometro quadrato), mentre sulle coste la concentrazione varia tra 10 e 600 oggetti in un’area delle stesse dimensioni. C’entrano poco però i fiumi con la situazione rilevata nel basso Adriatico, dove quasi il 90 per cento dei rifiuti rinvenuti era fatto di plastica, spesso usa e getta (imballaggi industriali e alimentari, shopper, bottiglie di plastica, retine per la mitilicoltura). Più ci si allontana in mare aperto, invece, e più il numero di oggetti cala. Quello dei rifiuti marini è un problema che supera i confini nazionali. Lo dimostrano i risultati ottenuti dall’analisi dei rifiuti ingeriti dalla tartaruga marina Caretta Caretta dal progetto europeo INDICIT, condotto dal 2017 al 2019.  Su 1406 tartarughe analizzate (458 vive e 948 morte), il 63 per cento presentava plastica ingerita e quasi il 58 per cento degli esemplari vivi aveva residui di plastica nelle feci.

Twitter @fabioditodaro

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