Il presidente nazionale Legambiente, ragiona sui passi necessari per arrivare a una pratica virtuosa e diffusa del riciclo della plastica
L’Italia ha avuto e ha tuttora un ruolo importante nella plastica. Lo studio e sviluppo di un particolare tipo di polimero termoplastico, denominato Moplen, valse a Giulio Natta il premio Nobel per la chimica e alla Montecatini, poi Montedison, di divenire un colosso del settore produttivo internazionale.
Da qui è partito Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, a parlare del futuro sostenibile della plastica, al primo convegno nazionale dedicato. «L’Italia ha costruito una leadership sulla plastica; sono state fatte molte cose positive e prima degli altri è riuscita a consolidare l’innovazione tecnologica poi divenuta pratica industriale nella frontiera delle bioplastiche». Ha menzionato anche i grandi traguardi raggiunti, in anticipo sulla media europea, a proposito di riciclo degli imballaggi in plastica. Ha ricordato anche la posizione di Legambiente, che già nel 1986 propose le prime delibere ai Comuni per “de plastificare” il territorio e tutto quello che è avvenuto negli anni per arrivare a norme su questi temi, con la messa al bando dei sacchetti di plastica, dei cotton fioc, all’attenzione sulle microplastiche.
Cosa è necessario fare per risolvere il problema dei rifiuti?
Sul problema dei rifiuti tutti devono fare la propria parte. Sul marine littering e dell’abbandono dei rifiuti in ambiente c’è un problema d’ignoranza e di maleducazione delle persone che persiste. Non è colpa di chi i manufatti li produce, ma da chi li usa e li getta. C’è però anche una responsabilità delle amministrazioni locali che non raccolgono i rifiuti dispersi. Le istituzioni nazionali devono fare anche loro la propria parte, avviando ai cicli produttivi questi rifiuti, semplificando le procedure del riciclaggio.
Sui rifiuti in plastica e sulla possibilità di un loro riciclo in maniera più ampia e diffusa quali sono le leve utili per sbloccare la situazione?
Bisogna passare dalla predica alla pratica. Vale per tutti, dalla politica a chi sul territorio combatte perché non vuole discariche, ma blocca anche la possibilità di realizzare impianti di riciclo. Serve una normativa che semplifichi al massimo il riciclo, occorre l’approvazione rapida di tutti i decreti ministeriali end of waste e di tutti quelli che permettono la qualifica dei rifiuti quando possono essere adatti per il riciclo.
Serve poi riempire il Paese d’impianti di riciclo, nella logica “zero rifiuti, impianti mille”.
Una volta che i rifiuti in plastica prendano la strada del riciclo cosa serve?
Occorre far sì che i prodotti ottenuti da riciclo possano avere un mercato. E su questo c’è la mancanza di applicazione di una legge già presente da diversi anni, il Collegato ambientale e il nuovo Codice degli appalti che impongono alle stazioni appaltanti l’obbligatorietà dei Criteri Ambientali Minimi. Ciò significa che quando si bandisce una gara, a parità di prodotti in materia prima vergine e riciclata, il secondo ha una corsia preferenziale grazie al suo plus ambientale che va valorizzato. La gran parte delle stazioni appaltanti pubbliche oggi non rispettano la legge. Questi aspetti e quelli sopra citati non sono attuati e non permettono di risolvere il problema. Per questo serve una azione corale che coinvolga cittadini, istituzioni locali e nazionali, le imprese e anche le associazioni ambientaliste, tutti insieme devono concorrere a risolvere il problema alla radice.
La recente approvazione del Consiglio dei Ministri del disegno di legge salvamare lo giudica un sintomo di una significativa inversione di tendenza d’attenzione ambientale?
La scorsa legislatura è quella che ha approvato il maggior numero di leggi d’iniziativa parlamentare sui temi ambientali della storia repubblicana. In questa legislatura di norme ambientali ancora non se ne sono viste. Il ministro dell’ambiente Sergio Costa
fortunatamente sta spingendo molto sul tema dell’inquinamento da plastica e il ddl salvamare permette ai pescatori di ripulire il mare con le reti, cosa che oggi non è fattibile perché se dovessere incappare in un controllo rischiano di essere incriminati per traffico illegale di rifiuti e una volta arrivati in porto devono pagare per il loro smaltimento. Quindi, per entrambe le ragioni nessuno è incentivato. Però il disegno di legge va approvato rapidamente dal Parlamento per permettere anche ai pescatori di dare un contributo.
Tra le applicazioni più virtuose sul tema come giudica l’apporto della bioplastica?
La bioplastica è l’esempio più concreto di come l’innovazione tecnologica, di processo e di prodotto possa permettere di realizzare prodotti impensabili fino a trent’anni fa. Non tutte le plastiche potranno essere soppiantate dalle “bio”, ma è comunque un esempio di come le imprese che si occupano di produrre plastiche possono trovare soluzioni