Oltre all’impatto del riscaldamento globale, nel 2023 c’è stato anche El Niño. Come risultato, il livello dei mari è aumentato a livello globale di 0,76 centimetri rispetto al 2022. È quanto emerge dai dati della Nasa.
Il lago Superiore è uno dei cosiddetti Grandi Laghi a cavallo tra stati Uniti e Canada. Con oltre 560 chilometri di lunghezza e 260 di larghezza, è il terzo lago d’acqua dolce al mondo per volume e addirittura il primo per superficie, se si considerano il Michigan e lo Huron come due laghi separati. Ecco, ipotizziamo di svuotare un quarto dell’acqua del lago Superiore negli oceani. Questo è all’incirca l’impatto dell’innalzamento del livello dei mari nel corso del 2023. Un anno assolutamente fuori dall’ordinario, testimonia la Nasa, perché la superficie delle acque è salita in media di 0,76 centimetri rispetto al 2022.
I dati sull’innalzamento del livello dei mari nel 2023
La Nasa ha passato in rassegna i dati satellitari raccolti nell’arco di più di trent’anni. Dimostrando che, a partire dal 1993, il livello dei mari si è alzato di 9,3 centimetri a livello globale. Non solo: questo incremento è sempre più rapido con il passare del tempo. Nel 1993 si attestava infatti sugli 0,18 centimetri all’anno, oggi il ritmo è di 0,42 all’anno. Di questo passo, il livello dei mari salirà di altri venti centimetri entro il 2050: nei prossimi tre decenni andrà dunque incontro a una variazione più rilevante rispetto a quella registrata nell’intero secolo precedente. A spiegarlo è Nadya Vinogradova Shiffer, a capo del team della Nasa che si occupa di questo argomento. Che aggiunge: “Questo aumenterà la frequenza e l’impatto delle inondazioni nel mondo”.
Che ruolo hanno avuto La Niña and El Niño
Se dunque la media attuale è di 0,42 centimetri all’anno, come si spiega il clamoroso aumento di 0,76 centimetri segnalato tra il 2022 e il 2023? Il principale responsabile è El Niño, un fenomeno meteorologico periodico che consiste nel riscaldamento della temperatura superficiale dell’oceano Pacifico centro meridionale e orientale, verso la costa occidentale dell’America latina. El Niño è tornato nel 2023, con una certa intensità. Era stato preceduto dal suo opposto, La Niña: gli alisei spingono l’acqua calda verso l’Asia e fanno risalire in superficie (upwelling) le acque profonde, e dunque fredde, nell’oceano Pacifico centrale.
Entrambi i fenomeni, in modo diverso, incidono sulle precipitazioni e – viceversa – sullasiccità in diverse aree del mondo. “Durante La Niña, le piogge che normalmente cadono sull’oceano finiscono sulla terraferma, portando via temporaneamente l’acqua dall’oceano e abbassando il livello dei mari”, spiega il ricercatore della Nasa Josh Willis. Durante gli anni di El Niño succede l’esatto contrario: piogge abbondanti finiscono sugli oceani anziché sulla terraferma.
L’inequivocabile impatto del riscaldamento globale
Il passaggio di testimone tra La Niña ed El Niño, dunque, giustifica questo 2023 così “fuori scala”. Ma l’innalzamento del livello dei mari è un trend al quale assistiamo da trent’anni. E che la scienza ricollega, in modo inequivocabile, al riscaldamento globale provocato dall’uomo.
Le gigantesche quantità di gas serra emessi dalle attività umane umane, infatti, alterano il normale equilibrio termico del Pianeta portandolo a trattenere le radiazioni solari molto più di quanto farebbe naturalmente. Gli oceani assorbono più del 90% dell’aumento del calore atmosferico e, dunque, si riscaldano. Riscaldandosi, l’acqua si espande e dunque il suo livello si alza. Parallelamente, sempre a causa del clima più caldo, i ghiacci della Groenlandia e dell’Antartide fondono, contribuendo ulteriormente a far salire il livello delle acque.
Le conseguenze dell’innalzamento del livello dei mari
A uno sguardo da non addetti ai lavori, pochi centimetri possono sembrare ininfluenti. In realtà, rischiano di avere conseguenze addirittura catastrofiche in termini ambientali, umani, economici. Decine di studi lo testimoniano. La coalizione C40 per esempio sostiene che, se non ci sarà un immediato e drastico crollo delle emissioni, nel 2050 ben 570 città costiere, con una popolazione complessiva di 800 milioni di abitanti, dovranno far fronte a un livello del mare cresciuto di oltre mezzo metro. Stiamo parlando di metropoli come New York, Miami, Bangkok e Shanghai.
Ma il problema ci coinvolge anche in prima persona. Uno studio pubblicato su Scientific Reports prospetta per l’Unione europea e il Regno Unito perdite economiche pari a 872 miliardi di euro entro la fine del secolo. Una regione come il Veneto potrebbe mandare in fumo il 20% del proprio prodotto interno lordo (Pil), l’Emilia-Romagna oltre il 10%. E stiamo parlando di due regioni che trainano l’economia italiana: da sole, nel 2015, rappresentavano il 18,32% del Pil nazionale.
Valentina Neri