Del biologo Yoshinori Ohsumi la scoperta dell'autofagia: la capacità delle cellule di smaltire i prodotti di scarto della sua attività, attraverso un fine processo di riciclo
Un premio Nobel per aver scoperto come funzionano gli «spazzini» delle cellule. È stato questo risultato a far ottenere il prezioso riconoscimento al biologo giapponese Yoshinori Ohsumi, 71 anni, ancora oggi ricercatore al Tokyo Institute of Technology’s Frontier Research Center. La commissione che assegna il Nobel per la Medicina ha deciso di premiare il suo lavoro, portato a compimento a partire dal 1993 e con diverse pubblicazioni anche negli anni a venire. Protagonista l’autofagia, ovvero la capacità di ogni cellula eucariote di smaltire i prodotti di scarto della sua attività o riutilizzarle, attraverso un fine meccanismo di riciclo. Un processo che avviene in ogni tipo essere vivente complesso e in ogni fase: dall’embrione alla senescenza.
COSÌ LE CELLULE SMALTISCONO I «RIFIUTI» – Come spesso accade, tutte le previsioni sono state tradite. Secondo la società statunitense Thomson Reuters, che ogni anno prova ad anticipare gli scenari del Nobel per la medicina, quello in corso avrebbe potuto sancire il trionfo dell’immunoterapia, l’ultima frontiera della lotta ai tumori. Invece i giurati del Karolinska Institutet hanno premiato lo scienziato giapponese, che ha appreso la notizia mentre era al lavoro nel suo laboratorio. Che il processo di autofagia esistesse, era noto dai primi anni ’60. Ma è soltanto due decenni addietro che, grazie ai suoi studi, sono stati scoperti i meccanismi biologici alla base del processo, fondamentale per garantire la vita delle cellule. Queste ultime, a partire dai lieviti (organismi in cui Ohsumi realizzò i primi studi) fino ad arrivare all’uomo, sono in grado di «mangiare se stesse» per riciclarsi e rinnovarsi. Le componenti inutili vengono distrutte e trasportate al di fuori delle cellule, per essere poi smaltite. Quelle che possono tornare utili vengono invece riciclate, soprattutto nelle fasi di stress. A occuparsi di questi processi sono due strutture cellulari, i lisosomi e gli autofagosomi, che si fondono grazie alla fine regolazione a opera di 15 geni. Ohsumi è stato premiato per averli identificati e per averne studiato i meccanismi di funzionamento.
L’ALTERAZIONE DELL’AUTOFAGIA ALLA BASE DI DIVERSE MALATTIE CRONICHE – Quella che può apparire come una notizia soltanto per gli addetti ai lavori, può in realtà essere compresa dal grande pubblico spiegando quali sono le ricadute pratiche del processo di autofagia. Se la macchina si «inceppa», ha spiegato il comitato dei Nobel, possono innescarsi i meccanismi patologici alla base di malattie quali il diabete, il Parkinson e i tumori. «Le scoperte di Ohsumi hanno aperto il percorso alla comprensione di molti processi fisiologici fondamentali, come l’adattamento dell’organismo in caso di fame e la risposta alle infezioni». Allo scienziato giapponese, rientrato in patria nel 1988 dopo anni di studio negli Stati Uniti, andrà un premio in denaro pari a 830mila euro. Ma la settimana dei Nobel, giunti alla centosettima edizione, non finisce qui. Domani sarà la volta del riconoscimento nell’ambito della fisica, dopodomani della Chimica, venerdì per la Pace e lunedì prossimo dell’Economia.
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