Non un semplice riciclo ma riciclo creativo di un materiale di scarto che assume una nuova vita e vale, addirittura, di più di quello originario. Un’attività di creatività e riciclo che mette insieme la salvaguardia del pianeta e la fantasia
Il segreto sta tutto in quel “up”. L’upcycling infatti non è un semplice riciclo ma indica la possibilità di riciclare creativamente un materiale di scarto dandogli una nuova vita che lo porta a valere, addirittura, di più del materiale (e del prodotto) originario. Un’azione di creatività e riciclo che mette insieme la salvaguardia del pianeta e la fantasia.
Che cos’è l’upcycling?
Il significato di Upcycling è molto chiaro: indica l’utilizzo di materiali di scarto, destinati a diventare rifiuti, per creare nuovi oggetti dal valore addirittura maggiore del materiale originale. Il termine viene tradotto con riciclo creativo, riuso o riutilizzo. Nessuno di questi termini, però, chiarisce il fatto che questo tipo di processo fa acquisire un valore maggiore al nuovo oggetto rispetto all’originale.
Un po’ di storia
Nel 1963 la Heineken crea il primo esempio di upcycling producendo le “Wobo”: bottiglie di birra che, una volta usate, possano servire come mattoni da costruzione. Dieci anni dopo, gli architetti Charles Jencks and Nathan Silver indicano un nuovo modo di progettare che vuole essere di rottura con il mondo tradizionale, cercando di vedere le cose che ci circondano in modo diverso, in modo da dare agli oggetti e alle materie che ci circondano da sempre, ruoli e significati diversi da quelli con i quali siamo abituati a vederli: nasce così l’idea dell’upcycling.
La prima attestazione del termine upcycling si trova, però, in un articolo dell’ottobre 1994 sulla rivista di architettura e antichità Salvo, in un’intervista di Thornton Kay all’ingegnere meccanico Reiner Pilz: Recycling, I call it down-cycling. They smash bricks, they smash everything. What we need is up-cycling, where old products are given more value, not less” (“il riciclo io lo chiamo down–cycling. Quello che ci serve è l’up–cycling, grazie al quale ai vecchi prodotti viene dato un valore maggiore, e non minore).
Perché l’upcycling è la nuova frontiera della sostenibilità
La vera forza dell’upcycling sta proprio nella sua differenza dal “semplice” riciclo e che quindi non si riduce solo al semplice allungamento del ciclo di vita del prodotto ma alla valorizzazione di un prodotto tutto nuovo e di nuova destinazione d’uso.
L’upcycling, cioè la creazione di qualcosa di nuovo usando qualcosa che abbiamo già ma che non ci serve più, è probabilmente il modo più sostenibile di riciclare perché abbassa il consumo di materie prime, di energia e riduce l’inquinamento.
L’upcycling può appartenere sia al settore della moda (dove si inserisce come alternativa alla fast fashion) sia ad altri settori: dal design all’edilizia passando per quello dei giocattoli. Di sicuro contribuisce a ridurre il costo della produzione di nuovi oggetti e mette in moto una bella creazione. Di certo creare o acquistare oggetti realizzati con materiali di scarto permette di ridurre il nostro impatto sull’ambiente, consumando meno materie prime e forse anche guadagnandoci.
Upcycling e moda
Dalle camicie per donna ricavate da quelle maschili alle capsule speciali che utilizzano scarti, l’upcycling e fashion sono un binomio molto stretto. Nel mondo della moda, con l’industria tessile che rimane una della più inquinanti in assoluto, gli articoli di abbigliamento o scarti tessili esistenti possono essere trasformati in nuovi prodotti, dando vita a un nuovo ciclo di vita dei tessuti . Sono tante le case di moda che, piano piano, prendono le distanze dalla fast fashion per concentrarsi – almeno in parte – su upcycling e creatività e sul riutilizzo dei tessuti.
Diesel, ad esempio, ha lanciato un progetto per realizzare collezioni, che usciranno ogni sei mesi, realizzate da capi invenduti e riassemblati in nuovi cap; Cos di H&M sta sperimentando il riciclo, attraverso la piattaforma Resell, un nuovo tipo di commercio che consente alla community del brand di vendere i propri capi usati e di acquistarne di nuovi. E poi c’è John Galliano, direttore creativo di Maison Margiela, che ha lanciato Recicla: il progetto riutilizza parti di capi vintage selezionati nei negozi di seconda mano per creare pezzi unici.
Non solo nuova vita ai capi, però. L’upcycling è anche questione di materie prime dagli scarti: scarti più improbabili come il pastazzo delle arance, oppure i fondi di caffè, canna e bottiglie di plastica che diventano magliette. E cosa c’è di maggior valore se non uno scarto che diventa moda? Dai grandi marchi alla creatività fai da te: anche gli armadi e i bauli della nonna possono essere una fonte inesauribile di idee e di materie da upciclyng.
Riuso creativo nell’arredamento e nel design
Stesso discorso per l’upcycling nell’arredamento. Pallet di legno che diventano panche o tavoli, vecchi carrelli che si trasformano in tavolinetti e librerie. Il riciclo creativo che aggiunge valore al “rifiuto” trova nell’arredo, nel design e nella fantasia la sua massima espressione. Sia da parte di designer che hanno fatto dell’economia circolare la loro strada sia come ispirazione per il fai da te.
Rosa Olivieri