Domande e risposte sulla clonazione animale, dalla pecora Dolly fino a cani e gatti: cosa è possibile fare e cosa prevede la legge in Europa
Erano gli anni Novanta, per la precisione il 1997, quando una pecora diventò a sua insaputa una celebrità planetaria. Si chiamava Dolly ed era il primo mammifero nella storia che fosse mai stato clonato con successo da una cellula somatica. Un traguardo scientifico che aprì un gigantesco dibattito sulle potenzialità della clonazione animale, ma anche sui rischi e sui possibili risvolti etici.
Come avviene la clonazione animale
La clonazione è un fenomeno che in natura avviene in varie circostanze, per esempio tra gli organismi unicellulari (che si riproducono semplicemente per scissione), oppure tra le piante (in tal caso di parla di propagazione clonale). In tutti questi casi si ottiene un clone, cioè una copia che ha il medesimo patrimonio genetico dell’organismo di partenza ed è dunque identica in tutto e per tutto. Tecnicamente anche due gemelli omozigoti sono dei cloni, generatisi per la scissione spontanea della cellula uovo fecondata da un singolo spermatozoo.
Il discorso è ben più complesso quando si passa alla clonazione degli animali da parte dell’uomo. In questo caso, semplificando molto, si estrae da una cellula di un organismo il nucleo che contiene il suo DNA, cioè l’insieme delle sue caratteristiche genetiche. Dopodiché, si inserisce quel DNA all’interno di un ovulo non fecondato e precedentemente privato del suo nucleo. Viene dunque meno il normale processo di ricombinazione del DNA.
Esempi di clonazione animale
La pecora Dolly è l’esempio più celebre in assoluto, perché all’epoca la comunità scientifica dubitava della possibilità di clonare individui adulti. Fino ad allora, infatti, erano stati clonati soltanto embrioni di anfibi o di topi, scontrandosi con grossi limiti tecnici. Il team di ricerca guidato da Ian Wilmut, al contrario, riuscì per la prima volta a far crescere un animale adulto. Dolly visse fino al 2003, attirando varie speculazioni sul suo presunto invecchiamento precoce; resta comunque un esperimento che ha cambiato il corso della ricerca scientifica su questo tema.
Dopo Dolly, nel 1998 anche il team di Ryuzo Yanagimachi dell’università delle Hawaii riuscì a clonare dei mammiferi, per la precisione dei topi. Ne ottenne una cinquantina, di tre generazioni: cloni, cloni di un clone e addirittura cloni di un clone di un clone. Il primo, una femmina chiamata Cumulina, visse ben più a lungo della media dei suoi simili: ben 2 anni e sette mesi.
Cercando quali sono gli animali clonati, ci si imbatte anche nella storia di Rosita, una mucca clonata nel 2011 dal National Institute of AgroBusiness Technology argentino. Attraverso tecniche di ingegneria genetica, è stata munita di geni umani che le permettono di produrre un latte che contiene lattoferrina e lisozima ed è quindi simile al latte materno.
Nel 2018 nell’Istituto di neuroscienze della Chinese Academy of Science sono nati i macachi Zhong Zhong e Hua Hua, i primi esemplari di scimmia clonati attraverso una tecnica simile a quella adottata per la pecora Dolly.
Più recente – risale al 2022 – la clonazione di alcuni maiali, sempre in Cina: in questo caso, a rendere ulteriormente interessante l’esperimento è il fatto che l’intero processo sia stato gestito da robot.
La clonazione di animali domestici
Man mano che le tecniche diventano più sofisticate ed efficaci, diventa possibile sfruttarle per motivi commerciali. Un approfondimento pubblicato nel 2022 dalla Bbc, per esempio, fa luce sulla possibilità di clonare i propri animali domestici, per lenire il dolore legato alla loro morte naturale.
Negli Stati Uniti, infatti, c’è un’azienda chiamata ViaGen in grado di eseguire una biopsia dal cane o dal gatto ancora in vita, per poi creare embrioni da fare partorire a una madre surrogata. Non si ottiene semplicemente un cane o un gatto della stessa razza, ma molto di più, perché il patrimonio genetico corrisponde al 100% a quello dell’animale di partenza. Va comunque sottolineato come il carattere e il temperamento degli animali da compagnia siano determinati, in parte, anche da fattori ambientali.
Al momento della stesura dell’articolo, il prezzo per questo servizio andava dai 30mila dollari per un gatto ai 50mila per un cane fino agli 85mila per un cavallo. Cifre che non sono certo alla portata di tutti: non stupisce dunque che questa moda finora abbia fatto breccia soprattutto tra personaggi celebri del calibro di Barbra Streisand (che ha clonato la sua cagnolina Samantha).
Clonazione animale: pro e contro
In sé, i progressi nella ricerca scientifica sono sempre degni di considerazione. Quando però si passa dagli esperimenti di laboratorio alle possibili applicazioni su scala commerciale, è inevitabile che sorgano degli interrogativi.
Varie organizzazioni che lavorano per i diritti degli animali, per esempio, ritengono moralmente discutibile la scelta di clonare un animale domestico invece di adottarne uno da un canile o da un gattile. Il procedimento stesso di impianto dell’embrione nell’utero della madre surrogata, inoltre, è pericoloso, stressante e non sempre va a buon fine. Anzi, alcuni studi condotti sui cani riferiscono un tasso di successo che arriva appena al 20%.
Dall’altro lato, una parte del mondo scientifico sottolinea le potenzialità della clonazione in termini di sicurezza alimentare, in considerazione della crescente necessità di beni alimentari e della scarsità di spazio e risorse per produrli (il gigantesco impatto ambientale degli allevamenti intensivi è ben noto). Potrebbe essere anche un espediente per salvaguardare alcune specie in via di estinzione: è stato fatto un tentativo in tal senso con il furetto dai piedi neri (Mustela nigripes).
Cosa dice la legge sulla clonazione degli animali
Il fatto che sia tecnicamente possibile clonare un maiale o una mucca non equivale alla possibilità di trovare la loro carne nel piatto a nostra insaputa. Nell’Unione europea, l’organo che ha competenze in merito è l’Autorità europea sulla sicurezza alimentare (EFSA, European Food Safety Authority). Quest’ultima nel 2010 ha pubblicato una nuova analisi sul tema, da cui emerge come il tasso di mortalità e di anomalie dello sviluppo alla nascita è più elevato nei cloni rispetto agli animali allevati in modo tradizionale.
Per quanto riguarda la carne di bovini e suini, non c’è motivo di credere che la clonazione esponga a problemi in termini di sicurezza alimentare. Ciò non significa che sia vendibile semplicemente come carne. Al contrario, il cibo proveniente da animali clonati ricade nella categoria dei novel food (e nel relativo regolamento) e va dunque sottoposto a una valutazione ad hoc. Fino ad oggi, nessuna azienda ha ancora chiesto l’autorizzazione per la sua immissione in commercio.
Valentina Neri