Ogni anno, nelle isole Faroe, centinaia di cetacei vengono brutalmente uccisi in ogni anno in nome di una "tradizione" sanguinosa.
Decine di persone, immerse fino alle ginocchia nell’acqua rosso sangue, che trascinano a riva i corpi ormai inermi di delfini ammazzati a coltellate. Le immagini raccolte dalla ong Sea Shepherd sembrano provenire da un film, ma non fanno che testimoniare la crudele realtà del Grindadráp, la mattanza dei globicefali delle isole Faroe.
Il significato e la storia del Grindadráp
Le isole Faroe sono un arcipelago che si trova nel nord dell’oceano Atlantico e politicamente fa parte del regno di Danimarca. Nella lingua locale, la parola grind significa balena e dráp vuol dire macello, uccisione: da qui il significato di Grindadráp, l’uccisione delle balene.
Per risalire all’inizio della storia del Grindadráp bisogna tornare indietro fino addirittura al nono secolo: per secoli, infatti, gli abitanti delle isole Faroe hanno avuto la necessità di cacciare le balene per sfamarsi con la loro carne, ricavare dal loro grasso l’olio con cui accendere le lampade, lavorare la loro pelle per ricavarne corde e funi. Da allora, i tempi sono decisamente cambiati. Ma la crudele pratica del Grindadráp è rimasta in vigore, come “tradizione” che le autorità del luogo non sembra intenzionato a lasciarsi alle spalle.
Cos’è il Grindadráp e cosa comporta per gli animali
Il Grindadráp non è una caccia stagionale, non è approvato dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene ed è sottoposto a regole a dir poco blande. Nell’arcipelago delle Faroe sono state designate 26 aree di caccia: quando si avvistano balene e delfini, di norma durante la migrazione estiva, si ha il diritto di ammazzarli. Di solito le vittime sono i globicefali o balene pilota (Globicephala melas), ma capita che i cacciatori prendano di mira anche le balene dal naso a bottiglia (Hyperoodon ampullatus) e i delfini dai fianchi bianchi atlantici (Lagenorhynchus acutus).
Chiunque può partecipare alla caccia, che non è catalogata come attività commerciale perché in teoria la carne dovrebbe essere spartita tra i membri della comunità. Nei fatti, come sottolinea un accurato fact checking di Sea Shepherd, si è venuto a creare un giro d’affari che coinvolge ristoranti e supermercati. Ma – e questo, forse, è uno degli aspetti più tristi – gran parte della carne viene semplicemente buttata via.
A differenza rispetto al passato, infatti, gli abitanti delle isole Faroe hanno mediamente un buono status economico e hanno l’opportunità di acquistare cibo di ogni genere; i sondaggi recenti dicono che circa la metà della popolazione preferisce non consumare la carne dei cetacei. Tanto più perché vari studi scientifici hanno rilevato contaminazioni da mercurio, policlorobifenili (PCB) e inquinanti organici persistenti (POP).
I numeri della strage di globicefali
La strage, nel frattempo, continua. Se n’è discusso in tutto il mondo nel 2021, dopo una giornata – domenica 12 settembre, per la precisione – in cui i cacciatori hanno ucciso un branco di 1.428 delfini lagenorinco dai denti obliqui (Lagenorhynchus obliquidens). Pare sia stata la mattanza più sanguinosa di sempre. Ma, nei fatti, è la prosecuzione di un’abitudine che perdura da secoli e che nessuno è riuscito finora a fermare. Anche nel 2024 sono già stata documentate cinque grind solo nell’arco di un paio di mesi, tra l’inizio di maggio e l’inizio di luglio, per un totale (parziale e provvisorio) di quasi seicento cetacei morti.
C’è chi sostiene che, in fondo, non sia niente di troppo diverso rispetto a ciò che accade ogni giorno nei macelli. Ma il paragone non è del tutto centrato. La legislazione europea per esempio impone che l’animale sia incosciente prima di essere ucciso e destinato al consumo umano. Durante il Grindadráp, invece, i cetacei vengono inseguiti per ore, catturati con le corde, trascinati a riva e colpiti con delle lance che li paralizzano, lasciandoli morire dissanguati. Gli animali possono restare agonizzanti per minuti interi, minuti durante i quali assistono alla morte dei propri simili.
La voce di attivisti e cittadini contro il Grindadráp
Nonostante ciò, le isole Faroe – patria del Grindadráp – stanno cercando di posizionarsi come meta per il turismo sostenibile. Le ong animaliste non sono rimaste ferme a guardare. Sea Shepherd fin dagli anni Ottanta è presente con i suoi attivisti nelle isole Faroe, inizialmente in mare e poi – in seguito alle normative introdotte per limitare tali attività – con equipaggi a terra che documentano la mattanza.
È proprio grazie alle foto e ai video acquisiti dai volontari che il tema ha conquistato attenzione e destato scalpore a livello internazionale. Sempre Sea Shepherd ha contribuito a fondare la Stop the grind coalition, assieme a esponenti della politica, del mondo scientifico e delle organizzazioni non governative. E noi cosa possiamo fare? Oltre a sostenere questa campagna, attraverso donazioni o come volontari, possiamo anche firmare la petizione internazionale per porre fine al Grindadráp.
Valentina Neri