L'anno appena trascorso è stato molto negativo dal punto di vista climatico, soprattutto per l'Italia. La crisi è ben visibile anche alle nostre latitudini ed è sempre più urgente mettere in atto politiche di mitigazione e adattamento
Tra le migliaia di immagini scorse davanti ai nostri occhi durante il 2023, ce ne sono alcune difficili da dimenticare. I volontari, immersi nel fango fino alle ginocchia, nelle strade dei paesi romagnoli colpiti dalle torrenziali alluvioni di maggio. I cicchi di grandine grossi come arance che distruggono auto, tende e gazebo durante i temporali estivi tra Lombardia e Veneto. Le strade di Montemurlo e Rosignano, in Toscana, trasformate in torrenti. L’Osservatorio Città Clima di Legambiente, dati alla mano, dimostra che questo 2023 è stato tutt’altro che ordinario. Sono stati 378 gli eventi meteo estremi che si sono abbattuti sull’Italia in 365 giorni, il 22% in più rispetto all’anno precedente. 31 le vittime. Lo studio è realizzato in collaborazione con la compagnia assicurativa Unipol.
Il bilancio degli eventi meteo estremi in Italia nel 2023
Se il 2022 passerà alla storia per la siccità del Po, la peggiore degli ultimi due secoli, nel 2023 protagonista è stata l’acqua. Più nel dettaglio, considerando soltanto gli episodi che hanno provocato danni, scopriamo che nell’arco di dodici mesi nel nostro Paese si sono verificati 118 allagamenti e alluvioni da piogge intense (+12,4% rispetto ai 105 del 2022), 82 trombe d’aria e raffiche di vento e 39 grandinate (dieci in più rispetto all’anno prima). Ben 35 le esondazioni fluviali (l’anno prima erano state “solo 13”), 26 le mareggiate (+44% rispetto all’anno precedente), 18 le frane provocate dalle piogge intense. Poi ci sono anche fenomeni di carattere opposto, come i 21 episodi di siccità prolungata, i 20 di temperature estreme (erano stati solo tre nel 2022) e gli eventi che hanno danneggiato le infrastrutture (16) e il patrimonio storico (tre). Chiaramente ci sono anche episodi che ricadono in più categorie.
La geografia dei danni dovuti agli eventi meteo estremi è sbilanciata verso la Lombardia, l’Emilia-Romagna e la Toscana, rispettivamente a quota 62, 59 e 44 eventi. La provincia più colpita però è Roma, con 25 casi, seguita da Ravenna (19) e Milano (17).
Gli ingenti danni economici
I trentuno morti nell’arco di un anno, di cui sette solo per i nubifragi dell’autunno in Toscana, sono senza dubbio il più grave e inaccettabile dei bilanci. Ma ci sono anche dei costi economici da tenere in considerazione. Costi che spesso è difficile calcolare con precisione. Soltanto le alluvioni in Emilia-Romagna, secondo un report della società di servizi professionali Aon, hanno provocato perdite pari a 8,85 miliardi di euro. Collocandosi così al terzo posto nella classifica globale dei disastri naturali più costosi avvenuti nella prima metà del 2023, dopo i terremoti in Turchia e Siria (83 miliardi) e la siccità a La Plata, in Sudamerica (9 miliardi).
E non servono necessariamente catastrofi di questo calibro per subire delle perdite economiche. Da un’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat emerge che, nel corso dell’ultimo anno, circa 5 milioni di italiani hanno subito danni alla propria abitazione, dovuti soprattutto a grandine (49%) o vento (39,7%), ma anche ad alluvioni (23,3%) e allagamenti (18,1%). Danni a cui, nella maggior parte dei casi, hanno dovuto fare fronte in prima persona: soltanto un intervistato su tre, infatti, aveva stipulato una polizza assicurativa. D’altra parte, quasi il 94% dei Comuni italiani è a rischio di dissesto idrogeologico o soggetto a erosione costiera. I nostri connazionali che abitano in zone ritenute ad alta pericolosità sono più di otto milioni.
Come adattare il territorio ai cambiamenti climatici
Stipulare un’assicurazione significa prendere atto del fatto che gli eventi meteo estremi accadono. E continueranno ad accadere, con un’intensità e una frequenza sempre maggiore. Possiamo restare fermi a sperare che non ci coinvolgano direttamente, oppure possiamo intervenire per limitare i danni. Questo approccio prende il nome di adattamento e, insieme alla mitigazione, è uno dei due pilastri dell’azione per il clima.
Ma cosa significa adattare il territorio ai cambiamenti climatici? Significa per esempio intervenire sul tessuto urbano affinché possa convivere con le alluvioni, come ha fatto Rotterdam, cui territorio è per l’80 per cento al di sotto del livello dell’acqua. La città olandese negli ultimi vent’anni è diventata un esempio, in Europa e non solo, per gli interventi volti a domare l’acqua rispettando gli equilibri della natura: acqua piovana in eccesso stoccata all’interno di appositi serbatoi, barriere flessibili contro le tempeste, dune di sabbia permanenti lungo la costa, dighe lungo i fiumi, nuovi edifici capaci di adattarsi alla fluttuazione dei livelli dell’acqua. E molti altri.
Questo è soltanto un esempio, tra i più celebri e riusciti. Ma pensiamo per esempio a quante vite umane sono state salvate dai sistemi di allerta preventiva in caso di uragani, oppure dai rifugi messi a disposizione della popolazione che non è più al sicuro nelle proprie case. Anche queste sono misure di adattamento. Viceversa, la mitigazione comprende tutte quelle azioni che abbattono le emissioni di gas serra in atmosfera, arginando il riscaldamento globale e – dunque – le sue conseguenze.
La relazione tra riscaldamento globale ed eventi meteo estremi
Anche la mitigazione, dunque, è uno degli strumenti abbiamo contro gli eventi meteo estremi. Perché, come ormai dimostrano numerosi e accreditati studi scientifici, questi fenomeni diventano (e diventeranno) sempre più intensi e frequenti a causa dell’aumento della temperatura media globale. Può sembrare controintuitivo, perché la causa è sempre la stessa – cioè l’impennata delle emissioni di gas serra di origine antropica – ma le conseguenze sono tante e differenti le une dalle altre: dalla siccità agli uragani, dalle violente grandinate alle temperature torride.
Attenzione, però, perché questo non significa che ogni singolo fenomeno meteo estremo sia una diretta conseguenza del riscaldamento globale. Sarebbe una semplificazione eccessiva e anche piuttosto scorretta. Esiste una disciplina ad hoc, chiamata scienza dell’attribuzione, che si occupa proprio di questo: analizza il singolo evento e, mettendolo a confronto con i modelli climatici, arriva a dire se il riscaldamento globale l’ha reso più intenso o più probabile. Questo rapporto di causa-effetto è stato riscontrato per la prima volta con l’uragano Harvey, abbattutosi sulla città statunitense di Houston nell’agosto 2017. Un paper scientifico dimostra infatti che i cambiamenti climatici l’hanno reso tre volte più probabile.
Valentina Neri