Wise Society : La Via Vandelli: da Modena a Massa lungo la strada dei lumi

La Via Vandelli: da Modena a Massa lungo la strada dei lumi

di Paola Greco
8 Novembre 2023

Un cammino settecentesco per arrivare al mare: ancora poco conosciuto ma imperdibile, tra strade che viaggiano nel tempo, tra matrimoni combinati, guerre di successione e aspirazioni temerarie.

Nata da un progetto ambizioso per collegare il Ducato di Modena e Reggio con il mare, con l’obiettivo di consentire il passaggio a merci e viandanti oltre boschi e montagne, la Via Vandelli è un’opera ingegneristica settecentesca all’avanguardia, che ancora oggi possiamo percorrere sulle orme del passato, in un viaggio tra storia e natura. Un tragitto meraviglioso da percorrere in 7 tappe, attraverso borghi, castelli, abbazie e paesaggi mozzafiato. Non è una strada per pellegrini, un tratturo, né un cammino percorso da antichi popoli. È un progetto, una vera e propria infrastruttura moderna, un’opera straordinaria per ambizioni tecniche e politiche, figlia del suo tempo, uno dei simboli dell’Illuminismo italiano. Con una storia davvero affascinante.

Pellegrini lungo la via Vandelli

Foto Shutterstock

La storia della Via Vandelli

Erano i primi anni del ‘700 quando il duca di Modena, Francesco III d’Este, mente vivace dell’Illuminismo italiano, voleva a tutti i costi un collegamento col mare per il suo ducato, per attirare lucrose attività commerciali. Combinò così il matrimonio tra il figlio Ercole III e Maria Teresa Cybo-Malaspina duchessa sovrana di Massa e principessa di Carrara, che portava in dote i suoi possedimenti con l’ambito sbocco sul Tirreno. Quindi chiese al più “illuminato” dei suoi ingegneri, Domenico Vandelli – da cui il nome alla Via – di costruire una strada che fosse ampia, sicura, duratura, con un fondo stradale che resistesse alle intemperie, senza però richiedere un’eccessiva manutenzione, completamente lastricata e senza pendenze eccessive in modo da essere accessibile ai carri dell’epoca (trainati da muli o cavalli e spesso carichi di merce) ma anche a carrozze ed eventualmente a macchine da guerra. E, come già da allora in Italia, doveva essere anche economica.

Un’impresa molto ambiziosa, non priva di ostacoli, unica nel suo genere, soprattutto se si pensa che la strada doveva attraversare l’Appennino e le Alpi Apuane, rimanendo tassativamente entro i confini ducali, senza toccare i territori della Repubblica di Lucca, del Granducato di Toscana e dello Stato Pontificio. Per realizzare il tratto che sarà noto come Finestra Vandelli si utilizzò l’esplosivo, mentre i tratti più ripidi della montagna vennero costruiti con muri a secco e maestranze che Vandelli chiamò dal Piemonte. Il tratto più difficile della via Vandelli riguarda proprio il monte Tambura, dove le strade durante l’inverno gelano e la neve ricopre ogni cosa.

Nonostante tutto, fu conclusa in soli 13 anni, tra il 1739 e il 1752, periodo durante il quale a Francesco III successe di tutto: cercò di barcamenarsi tra Borbone ed Asburgo ma senza successo, dovette trasferirsi a Padova, si arruolò nell’esercito spagnolo durante la guerra di successione d’Austria, quando gli fu tolto il ducato che riottenne, completamente deteriorato nelle finanze, solo con la pace di Aquisgrana nel 1748.

Un progetto innovativo

La sua strada fu un progetto ardito, innovativo e leggendario, che con alterne fortune collegò questi territori, permettendo per esempio un servizio di posta settimanale in entrambi i sensi di marcia e la possibilità di un transito militare in soli tre giorni. Ma le ripide pendenze e le abbondanti nevicate invernali ne limitarono notevolmente l’uso, tanto che già nei primi dell’‘800 venne superato dalle numerose e più moderne direttrici transappenniniche, si popolò di predoni e briganti, fino a quando, con l’unità d’Italia perse definitivamente di importanza e cadde rapidamente in disgrazia.

Figlia dell’Illuminismo, la Via Vandelli rimane la prima grande strada moderna o l’ultima via antica, che dir si voglia: la prima grande strada europea progettata e fornita di infrastrutture per l’alloggio ed il ristoro.

Tappa lungo la via vandelli

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Chi era Domenico Vandelli

L’abate Vandelli si era formato classicamente e scientificamente, era docente alla cattedra di matematica e ingegneria all’Università di Modena, antiquario di Corte, geologo e cartografo, aveva viaggiato per l’Europa. Introdusse le curve di livello, o isoipse, che furono fondamentali nella progettazione del tracciato ideale per la sua strada verso il mare e che vengono utilizzate ancora oggi nelle carte geografiche.

In pratica, per avere un quadro preciso del territorio, ebbe l’intuizione di unire i punti di uguale altitudine con delle linee che gli consentirono di individuare con precisione matematica (per allora ovviamente) il tracciato migliore per la sua strada, con pendenze progressive e limitate, in modo da garantire la migliore percorrenza per le carrozze e per i pesanti carri da trasporto. Si trattò di un contributo estremamente innovativo se si pensa che all’epoca la topografia richiedeva uno sforzo più artistico che scientifico.

Via Vandelli

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Il percorso della Via Vandelli

Sette tappe attraverso due regioni (Emilia Romagna e Toscana), tre province (Modena, Lucca e Massa Carrara) e 20 comuni, tra palazzi ducali, torri, chiese, borghi, panorami a perdita d’occhio dal crinale tosco-emiliano alle Alpi Apuane. Il tutto in soli 171 km, da percorrere a piedi, a cavallo o in mountain-bike, in gran parte sul tracciato originale.

Le partenze delle via Vandelli erano e sono ancora oggi due, da Modena e da Sassuolo, per collegare entrambi i palazzi ducali a quello di Massa (con la possibilità di risparmiare una ventina di chilometri partendo da Sassuolo). La strada infatti collega i due Palazzi Ducali Estensi con quello dei Cybo-Malaspina, incontrando il raccordo tra la residenza estiva di Sassuolo e Serramazzoni poco prima di Pavullo, in un trivio che ancora oggi conserva intatto tutto il suo fascino. Da non perdere poi il Palazzo ducale di Pavullo nel Frignano e la Rocca ariostesca di Castelnuovo di Garfagnana.

Le meraviglie lungo il percorso

Lungo il percorso della via Vandelli, inoltre, si possono osservare diverse ofioliti (rocce magmatiche e metamorfiche, variegate di verde, blu e rosso, risalenti a 180 milioni di anni fa), fenomeni geologici come le salse di Puianello – i vulcani di fango che eruttano argilla – ed un imponente monolite in arenaria detto Ponte d’Ercole o Ponte del Diavolo.

È possibile inoltre provare l’inconsueta esperienza di fare tre differenti tipi bagni durante il tragitto: un bagno termale sotto la doccia libera a 35° al Prà di Lama, vicino a Pieve Fosciana; un bagno nelle pozze di acqua gelida e limpidissima del torrente Renara, scendendo dalle Alpi Apuane; infine un bel bagno nel mar Tirreno, per festeggiare la conclusione del cammino.

Ma la vera peculiarità del cammino è costituita dai tratti di pavè originali ancora presenti, di cui i più notevoli si trovano nella Selva Romanesca nel comune di Frassinoro (MO), nella discesa da San Pellegrino in Alpe (LU). Suggestivi – e impegnativi – anche i sei chilometri di tornanti costruiti su muro a secco, con un dislivello non banale di 1000 metri, ed assenza di tratti in piano: una fatica ripagata egregiamente dal panorama mozzafiato, immerso nella natura con vista sul mare.

Lungo il percorso infine sono ancora perfettamente conservati alcuni edifici voluti dal Vandelli stesso con la funzione di osterie, stazioni di posta e rifugi per i viaggiatori. Peccato che alcune di queste siano avvolte da oscure leggende, come la perduta osteria del Malazzo, dopo il passo Cento Croci, dove si narra che chi vi alloggiava per la notte rischiava di non risvegliarsi al mattino e di essere servito agli avventori del giorno dopo come… “spezzatino”.

A chi è adatta la Via Vandelli?

Il livello di difficoltà della Via Vandelli è un po’ superiore a quello dei cammini, anche trans-appenninici, di analoga lunghezza: basti pensare che in 150 o 170 chilometri si affrontano più di 5.000 metri di dislivello, con la salita tra le Alpi Apuane che mette alla prova sia la resistenza fisica, che quella mentale. Ciò nonostante però non presenta difficoltà tecniche: non ci sono tratti pericolosi e si cammina sempre a portata di paesi e cittadine, pur immersi nella natura. Quindi tutti la possono fare, a patto di prepararsi un po’ con qualche escursione in montagna, oppure di frazionare ulteriormente il cammino.


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Paola Greco

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