Wise Society : La crisi climatica aumenterà le guerre nel mondo

La crisi climatica aumenterà le guerre nel mondo

di Andrea Ballocchi
15 Gennaio 2024

Aumento della temperatura, eventi meteo estremi e siccità accentuano le difficoltà vissute negli Stati fragili e colpiti da conflitti (che comprende un Paese su cinque) e creano le condizioni perché le guerre possano essere più frequenti in essi

C’è un legame tra crisi climatica e guerre. Lo evidenzia un report del Fondo monetario internazionale, secondo cui i Paesi fragili e interessati da conflitti in futuro non solo saranno più esposti a eventi meteorologici e di calore estremi, ma gli shock climatici peggioreranno le fragilità già vigenti, in particolare i conflitti.

Atmeh Refugee Camp in Siria

Atmeh Refugee Camp in Siria – Foto Shutterstock

I Fragile and Conflict-affected States

L’analisi raggruppa questi Stati con la sigla FCS, spiegando che in essi vivono quasi un miliardo di persone e sono numerosi: un Paese su cinque nel mondo è considerato FCS. I Fragile and Conflict-affected States ospitano quasi un miliardo di persone e il 43% dei poveri del mondo, ovvero di coloro che vivono con meno di 2,15 dollari al giorno. Essi si trovano già ad affrontare temperature più elevate rispetto ad altri paesi e in futuro saranno più esposte al caldo estremo. Si consideri che la variabile collegata alle temperature è connessa a una maggiore incidenza di conflitti, come mette in luce uno studio scientifico pubblicato su Pnas. Un aumento della temperatura di 1 °C comporta un aumento del 4,5% di guerre civili nello stesso anno e un aumento dello 0, 9% nell’incidenza dei conflitti nell’anno successivo.

La situazione critica che si vive in questi Paesi ha influenze sensibili anche sugli altri. Pensiamo solo che il 93,5% del totale dei rifugiati nel mondo proviene dagli Stati fragili e colpiti dalle guerre.

Migranti al confine fra Serbia e Croazia

Migranti al confine fra Serbia e Croazia – Foto Shutterstock

Gli Stati fragili più esposti a crisi climatica e guerre

Gli FCR sono fortemente esposti ai cambiamenti climatici “e devono sopportare l’immenso peso dell’adattamento climatico senza avere i mezzi o la capacità di adattarsi”, si legge nel report dell’International Monetary Fund. In esso si spiega che gli shock climatici accentuano la fragilità, peggiorando i conflitti poiché le persone competono per risorse scarse.

Allo stesso tempo, fragilità come i conflitti, la forte dipendenza dall’agricoltura pluviale, infrastrutture inadeguate e un debole contesto politico peggiorano la vulnerabilità climatica perché riducono la portata di una solida risposta di emergenza in caso di eventi meteorologici estremi e limitano gli sforzi per costruire un’economia resiliente. I conflitti, a loro volta, esacerbano la vulnerabilità climatica, anche perché alimentano il degrado ambientale, erodono i redditi e le risorse delle persone e sottraggono risorse agli sforzi di adattamento.

Insieme, vulnerabilità climatica e fragilità compromettono i risultati sociali ed economici accrescendo la povertà, la fame e gli sfollamenti, danneggiando allo stesso tempo lo sviluppo economico.

Le perdite di Prodotto interno lordo dovute agli shock climatici sono più gravi e persistenti negli Stati fragili e interessati dalle guerre che in altri paesi. Nel breve termine, le perdite cumulative di Pil sono stimate a circa il 4% negli FCS dopo tre anni di un evento meteorologico estremo dirompente, rispetto a circa l’1% in altri paesi. Come spiegano gli analisti nel documento:

“Gli FCS subiscono perdite di Pil più gravi e persistenti rispetto ad altri paesi a causa degli shock climatici perché le loro fragilità sottostanti amplificano l’impatto degli shock, in particolare nel settore agricolo. Allo stesso tempo, gli shock climatici peggiorano le fragilità sottostanti, in particolare i conflitti”.

Tra le difficoltà che vivono in particolare i Paesi fregili c’è la siccità: essa non farà che aumentare la fame, partendo da livelli già elevati. Si è scoperto che la produzione alimentare nei FCS è due volte più sensibile alle condizioni di siccità nel lungo termine rispetto agli altri Paesi. Le prospettive sono preoccupanti: la confluenza tra una minore produzione alimentare e un aumento dei prezzi in uno scenario ad alte emissioni spingerebbe il 2% in più della popolazione dei Paesi fragili – più di 50 milioni di persone – verso la fame entro il 2060.

Gli shock climatici peggiorano significativamente i conflitti, aggravando la fragilità generale e l’intensità del conflitto dove già persiste. Le stime indicano che in uno scenario ad alte emissioni, a parità di condizioni, entro il 2060 le morti in conflitto come percentuale della popolazione per un FCS medio potrebbero aumentare dell’8,5% e fino al 14% nei paesi che si trovano ad affrontare un aumento estremo della temperatura.

Le possibili soluzioni

Cosa è possibile fare per cambiare la situazione e ridurre il legame tra crisi climatica e guerre? È fondamentale che gli Stati fragili attuino politiche per l’adattamento climatico. È altrettanto importante, anzi urgente, il sostegno internazionale considerevole e duraturo, soprattutto attraverso sovvenzioni, finanziamenti agevolati e sviluppo delle capacità, per evitare risultati peggiori.

A proposito di supporto economico il report mette in luce un’altra situazione critica che riguarda gli FCS:

“finanziamenti necessari per l’adattamento climatico vanno ben oltre ciò che questi Paesi possono permettersi da soli. Un esempio: i costi di adattamento per gli Stati fragili ammontano a circa l’1,5% del Pil all’anno, rispetto all’1% del PIL in altri paesi. Finanziare l’adattamento climatico è meno costoso che finanziare disastri frequenti e aiuti umanitari”.

Andrea Ballocchi

© Riproduzione riservata
Altri contenuti su questi temi:
Continua a leggere questo articolo: