Da oltre otto anni sindaco della città che in base alle classifiche e agli indicatori di vivibilità è una delle più virtuose d’Italia, è un convinto difensore dell’autonomia degli enti locali.
Sotto i suoi due mandati ha contribuito a trasformare Bolzano nella città capofila delle best practises nel campo della sostenibilità ambientale e della mobilità. Ambientalista e progressista, non si sposta per la città con l’auto blu che il Comune non possiede ma in bici o con l’auto elettrica offertagli dalla Fiera di Bolzano.
Wisesociety.it lo ha incontrato in occasione della presentazione di Klimahouse, la Fiera internazionale per l’efficienza energetica ed il risanamento in edilizia in programma a Bolzano dal 23 al 26 gennaio 2014.
Signor sindaco è così difficile nel nostro paese dar vita a delle politiche di sostenibilità a vantaggio di ambiente e cittadini?
Si perché in Italia abbiamo un sistema decisionale troppo complicato anche per colpa nostra. Anche a Bolzano, considerata una città dove si decide, paradossalmente decidere è molto complicato. Io per esempio ho una maggioranza costituita da 10 partiti e riuscire a portarli tutti verso una direzione è difficile.
Ma questa non è una buona ragione per non provarci. Quando si viene eletti come amministratori attivi (che è diverso dall’essere membri collegiali che legiferano che poco hanno a che vedere l’uno con l’altro) devono fare da locomotiva e non devono andare a traino. Sono loro che devono tirare e non farsi tirare.
Cosa si dovrebbe fare in Italia a livello di Governance centrale per arrivare a dei traguardi significativi in questo ambito?
In Italia dobbiamo rimuovere la mentalità centralistica romana (lui che è del PD aggiunge che questa cosa hanno provata a dirla quelli della Lega 20 anni fa a modo loro senza riuscire a modificare la situazione). Roma ha un peso specifico. Lo Stato forte non funziona ed è forte nel momento in cui lo sono gli enti locali. Come in Svizzera e in Germania, per esempio.
Bolzano anche se provincia autonoma e di confine è in Italia. Quindi come avete fatto?
Da un lato abbiamo avuto la fortuna di avere una popolazione predisposta e poi abbiamo la provincia autonoma che ci aiuta e che possiede quelle competenze dirette che altrove ha lo Stato e che ci da una mano a bypassare molte situazioni.
Lei è sindaco dal 2005. Quanto tempo e quanti mandati ci vorrebbero per rendere Bolzano una città veramente a impatto zero?
Dobbiamo porci degli obiettivi che vanno perseguiti creando i presupposti. Poi quando si raggiungono non si sa. Noi dobbiamo fissare programmi. In Italia si fa fatica ad approvare programmi di lunga scadenza poiché un governo finalizza la propria azione solo alla propria rielezione e quindi ad un programma di cinque anni. Bisogna cambiare mentalità ed entrare nell’ottica di fare programmi per i successivi 30 anni facendo in modo che certe scelte non si possano non perseguire o cambiare vincolando chi arriva dopo.
Parlando di virtuosismi, voi siete stati i primi a dar vita ad una funivia (quella del Renon) con finalità di trasporto urbano che collega la città con l’altopiano e l’abitato di Soprabolzano completamente rinnovata nel 2009. Quanto è importante questo mezzo di trasporto?
A dire la verità ne abbiamo tre ma quella del Renon è la più importante. Le funivie urbane sono delle soluzioni ottimali e lo sarebbero non solo per la nostra città. Penso che ce ne dovrebbero essere a Genova, ad Ancona, a Napoli e in tutte le città di mare e la montagna dietro e non solo a scopi turistici. La funivia non è un’attrazione turistica ma un mezzo di trasporto per i cittadini. Poi però bisogna creare un sistema di trasporto pubblico che sia omogeneo: è chiaro che se costruisci la funivia e poi lasci i bus per raggiungere gli stessi luoghi, molta gente opterà per i bus. Noi abbiamo costruito la funivia ma il bus arriva alla località intermedia e non in cima. Così gli utenti si devono fermare a metà e prendere un altro bus. Alla fine, disincentivati, optano per la funivia che per percorrere quasi mille metri di dislivello impiega meno di 12 minuti.
Come si può dar vita ad un quartiere completamente eco-sostenibile come Casanova?
La scelta di costruire quel quartiere a sud della città fu fatta 15 anni fa con l’idea di creare qualcosa di nuovo. In quell’occasione facemmo un bando estremamente articolato con una relazione di parecchie pagine in cui specificavamo le caratteristiche ambientali che dovevano possedere gli edifici che si andavano a costruire. Questo stimolò l’attenzione di grandi studi di architettura internazionali provocando l’effetto che anche gli architetti locali –i soliti che si aggiudicavano i lavori di costruzione- si adeguassero a questi standard e alla cultura architettonica internazionale.
Questo modello è replicabile ovunque. Bisogna prevedere di spendere qualcosa di più e bisogna uscire dalla logica che deve decidere solo il politico. Sugli edifici deve decidere una authority terza che nel nostro caso è l’Agenzia Casaclima. Ma purtroppo mi sento di dire che in molte parti d’Italia un’agenzia come questa farebbe molta fatica a sopravvivere.