L'atleta padovano, con due Olimpiadi alle spalle, ha lanciato Elements Fury, iniziativa a favore dell'ambiente
A 4 anni Alessandro Fabian ha cominciato a nuotare in piscina, a 10 era già un agonista e lo è stato fino quasi alla maggiore età. A 18, però, ha incontrato il triathlon ed è stato un colpo di fulmine. «Passare al triathlon mi ha cambiato sia sportivamente, sia umanamente perché mi ha permesso di vivere esperienze che hanno cambiato il mio approccio alla vita e soprattutto di entrare in contatto con la natura», ammette l’atleta padovano che, dopo la partecipazione alle Olimpiadi di Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016, ha messo nel mirino i Giochi di Tokyo 2020. Lo spirito con cui sta preparando la qualificazione alla prossima competizione a cinque cerchi, però, non è lo stesso di Londra e Rio.
Lo sport vissuto in mezzo alla natura
La vita di un nuotatore agonista è scandita dal numero di vasche fatte durante la giornata, quella di un triatleta trascorre invece quasi esclusivamente all’aperto. «Ho cominciato ad allenarmi vicino casa perdendomi, a piedi e in bici, lungo i percorsi dei Colli Euganei ritrovando alcune sensazioni che sin da bambino mi facevano stare bene. Poi girando il mondo ho maturato sempre più la consapevolezza di essere parte di qualcosa di molto più grande», racconta. Questa consapevolezza è cresciuta sempre più, tanto da convincere l’atleta classe 1988 che è suo dovere impegnarsi a «comunicare che l’ambiente intorno a noi ha bisogno di essere rispettato perché – sottolinea Fabian – è qualcosa che fa parte di noi».
Elements Fury: obiettivo salvaguardia del Pianeta
Nascono così prima Elements, la squadra fondata da Fabian dopo il suo congedo dall’arma dei Carabinieri di cui faceva parte del Gruppo Sportivo, impegnata sul doppio fronte della formazione degli atleti e l’impegno per l’ecosostenibilità, e poi Elements Fury, «un viaggio che ho voluto cominciare lo scorso novembre in Veneto che ha come obiettivo la sensibilizzazione alla salvaguardia del pianeta: ho nuotato, pedalato e corso a Belluno dove si è abbattuta la tempesta Vaia, a Venezia dove il fenomeno dell’acqua alta è sempre più frequenti e nei Colli Euganei. Tutti luoghi in cui gli elementi naturali hanno già lanciato i loro segnali d’allarme». A convincere Fabian dell’urgenza dell’intervento è stato, in particolar modo, il cambiamento dei “suoi” Colli Euganei. «La modifica dell’ecosistema in quei Colli è sotto gli occhi di tutti e molto dipende dalla sensibilità delle persone che le frequentano. Penso, per esempio, a chi va lì ad allenarsi senza rispettare l’ecosistema. A volte basta davvero poco per cambiare le cose, anche soltanto mettere in tasca la carta della barretta energetica invece di gettarla in terra. Anche le grandi rivoluzioni – sottolinea – partono da piccoli gesti quotidiani: differenziare, riciclare, consumare meno energia».
Il triathlon è sport individuale, l’ambiente è di tutti
«Il messaggio che voglio trasmettere con Elements Fury che continuerà è di guardare oltre il nostro presente e riflettere su quale mondo vogliamo lasciare alle generazioni future. Non bisogna essere egoisti», spiega Fabian che continuerà con la sua iniziativa dopo le Olimpiadi di Tokyo 2020 che, qualificazione permettendo, affronterà in maniera diverso rispetto alle due edizioni precedenti cui ha preso parte. «Dopo i Giochi di Rio nei quali, nonostante il lavoro che avevo svolto non ho ottenuto i risultati attesi arrivando soltanto al 14° posto, ho cominciato un lavoro su me stesso che è diventato anche un percorso esistenziale – racconta -. Ho capito che mi ero concentrato soltanto sul risultato dimenticando tutto quello che mi stava attorno. Oggi so che il risultato è importante, ma non è più la cosa principale». Ed Elements Fury lo dimostra.