Intelligenza artificiale e algoritmi, pandemie e nuove inevitabili forme di socialità. Come tutto ciò influenzerà il design e l'architettura del domani? La visione di uno dei designer e architetti italiani più acclamati nel mondo
Come cambieranno il design e l’architettura nei prossimi anni, anche alla luce del nuovo concetto di spazio e di usabilità dei prodotti indotto dalla pandemia da Coronavirus? E quanto intelligenza artificiale e algoritmi influiranno sul modo di progettare? Potranno mai sostituire la creatività e l’ingegno umani? La visione circolare del mondo riuscirà mai ad avere la meglio su quella dell’usa e getta che ha imperato nella cultura occidentale negli ultimi decenni? Con Fabio Novembre, in assoluto uno degli architetti e designer italiani più apprezzati nel mondo, creatore di spazi e oggetti diventati iconici, abbiamo cercato di rispondere a qualcuno di questi affascinanti quanto strategici interrogativi, da cui dipenderanno aspetti importanti del futuro stesso del pianeta e del genere umano.
Qualcuno paventa che l’intelligenza artificiale prima o poi soppianterà molti lavori, fra cui anche quelli degli architetti e dei designer. Cosa ne pensa?
Come approccio alla vita, l’unica cosa che mi spaventa è la stupidità. L’intelligenza, naturale o artificiale, non potrà mai mettermi paura anzi nel caso potrà essere da stimolo a un costante miglioramento.
La creatività e l’ingegno umani potranno mai essere soppiantati dagli algoritmi?
Negli ultimi vent’anni mi sembra che molte delle attività degli umani siano state facilitate da algoritmi, e che la qualità delle nostre vite sia ampiamente migliorata. Io non vedo l’evoluzione tecnologica come uno scenario distopico, l’essere umano conserverà sempre la libertà di scegliere.
Se dovesse spiegare a un bambino l’essenza e la funzione del design, cosa gli direbbe?
Design è quell’innata capacità dell’essere umano di modificare a proprio favore le condizioni dell’ambiente che lo circonda, adattando il mondo a se stesso. Ed è esattamente la ragione per cui sostengo che il design sia un atto di grande responsabilità verso il pianeta.
Essenza e funzione che non sempre trovano espressione nel design odierno, dove la pura estetica dimentica talvolta la funzionalità degli oggetti…
Parlare oggi di funzionalità, dopo secoli di messa a punto degli oggetti, credo sia inutile. A me sembra che gli oggetti corrispondano alle funzioni che promettono ma che sia difficile trovare il senso della loro esistenza, trattandosi il più delle volte di repliche di altre repliche.
Come stanno cambiando e come ancora cambieranno il design e l’architettura anche alla luce dell’emergenza Covid-19? Può essere anche un’opportunità, pur nei suoi drammatici risvolti socio-sanitari ed economici, per noi? Ci potrebbe essere, per esempio, un ritorno all’essenziale o un potenziamento di una progettazione sempre più human-centered e tesa a garantire la salute e il benessere degli individui?
Cerchiamo di analizzare con lucidità gli effetti di questa pandemia. Il più eclatante è la negazione del contatto umano, che è una caratteristica essenziale della vita sociale. Il design e l’architettura si fondano sul principio del contatto, sono l’evoluzione di quel gesto tanto antico quanto naturale che è l’abbraccio. Io leggo questo virus come un avvertimento: o ci sforziamo di sviluppare un grande senso di responsabilità o perderemo quella libertà che tanto amiamo.
Come la distanza fisica, e di conseguenza la nostra nuova socialità, le nostre relazioni sociali, la differente fruizione degli spazi influenzeranno la progettazione di città, architetture, oggetti?
La distanza sociale non potrà mai essere un principio progettuale. Può essere la risposta a uno stato di emergenza, ma consapevoli che è la negazione di tutto quello che abbiamo sviluppato in millenni di vita comunitaria. La progettazione sarà sempre un processo di coinvolgimento collettivo finalizzato alla convivenza e alla cooperazione.
Uno degli aspetti verso cui la pandemia sta probabilmente spingendo, dando un’ulteriore accelerata a una tendenza in atto già da qualche anno, è quello della sostenibilità…
La sostenibilità è un tema legato alla convivenza. La razza umana non può adottare una logica di sopraffazione rispetto ai coinquilini del Pianeta Terra, perché trattandosi di una casa comune fondata sull’equilibrio delle parti, danneggiare gli altri vuol dire arrecare danno a se stessi. Quando capiremo che ogni nostra azione è come un boomerang, forse eviteremo di inquinare e danneggiare, di sfruttare e depredare.
Come questo approccio alla sostenibilità sta prendendo forma nel design? Penso ai materiali per esempio, o alla progettazione di oggetti concepiti sin dall’inizio in un’ottica di circolarità… Quali i filoni più interessanti in tal senso?
Io credo ci sia un tema trascurato in qualsiasi discorso sulla sostenibilità: la quantità! È doveroso stare attenti alla riciclabilità dei prodotti, alla circolarità del loro ciclo di vita, ma ci siamo mai posti il problema di cominciare a produrre meno cose, a ridurre l’offerta degli inutili smisurati cataloghi di merce disponibile? Siamo sommersi da un diluvio di inutili novità, oggetti che nella maggior parte dei casi non hanno un senso o di cui comunque potremmo fare perfettamente a meno. Mi piacerebbe che tutti facessimo meno, ma facendolo meglio.
Si arriverà prima o poi al superamento a tutti i livelli della logica dell’usa e getta, puntando a una sempre maggiore durabilità degli oggetti?
I limiti del “fare meno farlo meglio” sono i capisaldi stessi del sistema capitalistico di produzione delle merci: pensare che le risorse da poter usare e il mercato a cui rivolgersi siano illimitati. Il senso del limite è forse la nuova frontiera su cui lavorare, e non parlo di limitare la fantasia o le ambizioni che ci porteranno a colonizzare altri pianeti, ma di comprendere e rispettare il ciclo vitale che ogni oggetto porta con sé.
Che impatto sta avendo sull’architettura questo approccio a una realtà più sostenibile? Mi viene in mente quel tipo di progettazione che cerca di coniugare indoor air quality ed efficienza energetica per garantire sia la salute delle persone che quella del pianeta…
Se analizziamo l’efficienza energetica di molti esempi di architettura rurale legata al territorio, riscontriamo accorgimenti tecnici e soluzioni a basso costo che erano perfettamente in grado di competere con i livelli di benessere che otteniamo negli ambienti contemporanei solo con una grande dissipazione energetica. L’architettura contemporanea si sta lasciando ispirare da questa sapienza antica, affiancandola a tutte le forme alternative di produzione dell’energia. L’irraggiamento, la ventilazione, le proprietà dei materiali costruttivi sono i nuovi paradigmi per cercare di costruire con coscienza.
Il design, per come lo concepisce lei, è più condivisione o individualismo?
Ho sempre amato la diversità dei punti di vista e la capacità di avere una visione originale nell’approccio alla progettazione. Penso però che si sia evidenziato un limite in questo approccio: la diversità fine a se stessa. Io credo che qualsiasi apporto individuale debba avere una ricaduta collettiva e che l’originalità non possa sottrarsi a un goal evolutivo.
Tra le sue creazioni ce n’è una a cui è particolarmente legato?
Non si chiede mai a un padre quale sia il figlio prediletto, anche perché un buon padre non ha preferenze…
Vincenzo Petraglia
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