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Anna Maria Corradini: conosci te stesso. Per lavorare meglio

di di Nicoletta Ripani
1 Febbraio 2011

La consulente filosofica spiega come la riflessione e il pensiero critico possano essere utili anche nelle imprese. Per superare i conflitti e gestire lo stress. Aiutando i lavoratori a ridefinire i propri obiettivi, attraverso il ragionamento condivisio e l'azione di gruppo. Capaci di produrre cambiamenti efficaci. Per il benessere di tutti

Anna Maria Corradini, filosofaNata agli inizi degli anni ‘80 su iniziativa del filosofo tedesco Gerd Achenbach, la consulenza filosofica si è diffusa in tutto il mondo come metodo di confronto e di aiuto, in alternativa agli approcci psicologici e psicoanalitici. Si tratta infatta di una pratica dedicata a chi non vuole un trattamento “terapeutico” ma preferisce affrontare i propri disagi, sofferenze, fallimenti e paure attraverso una ricerca autonoma e una riflessione critica sul proprio modo di pensare la realtà. L’obiettivo è una maggiore comprensione del come intendere la vita quotidiana, del proprio sé e della relazione con gli altri e con il mondo. È un approccio adatto in tutti i periodi di cambiamento, quando occorre fare delle scelte e rivedere le priorità, ritrovare la propria identità personale e i propri progetti o superare una crisi di senso e di significato. Anche in ambito lavorativo.

 

Di questa pratica nelle imprese e di come può risolvere le problematiche legate allo stress lavoro correlato, abbiamo parlato con Anna Maria Corradini, (www.annamariacorradini.com) laurea in filosofia e master universitario in consulenza filosofica, presidente dell’Associazione Italiana Consulenti Filosofici Master Universitario, nonché membro del Centro interdipartimentale su Cultura ed Economia della Globalizzazione (CEG, www.unive.it) dell’Università degli Studi di Venezia, Ca’ Foscari. Grazie al suo percorso culturale e professionale, che comprende un’esperienza di insegnamento di storia della filosofia più che trentennale, Corradini oggi lavora anche come consulente aziendale.

 

Brain Sisyphus, autore Alberto Ruggieri/Illustration Works/CorbisIn cosa consiste la consulenza filosofica nelle imprese?

 

L’oggetto del dialogo filosofico, in azienda, riguarda la comprensione e la messa in discussione delle diverse visioni del mondo, ma anche l’analisi dei conflitti che causano manifestazioni di stress lavoro correlato. La ricerca delle possibili soluzioni avviene attraverso riferimenti costanti alla “vita vissuta” nel quotidiano lavorativo. Il consulente filosofico si rivolge, in particolare, a tutti i livelli aziendali, con l’obiettivo di favorire una maggiore comunicazione, trasversale e condivisa.

 

Cosa differenzia questa metodologia da un supporto psicologico o di formazione?

 

In termini generali gli approcci psicologici, pur nella loro grande varietà, prendono in considerazione e trattano i disagi interni, emotivi, cognitivi o comportamentali, considerando il “paziente” come oggetto di terapia, mentre l’approccio formativo punta sull’acquisizione di competenze specifiche del personale. La consulenza filosofica invece si occupa delle contraddizioni e delle tensioni della vita lavorativa, attraverso un’analisi – svolta dal gruppo di riflessione – che rende ogni partecipante protagonista del pensiero e della valutazione intorno alle situazioni più conflittuali. L’obiettivo è facilitare la comprensione dei disagi attraverso una loro rielaborazione in senso positivo. La riflessione consente quindi di definire, in modo sempre più approfondito e soprattutto condiviso, i problemi aziendali per proporre cambiamenti e miglioramenti efficaci, mirati al benessere dell’impresa nella sua totalità.

 

Come si svolge un iter efficace di consulenza filosofica anche nei casi di stress?

 

Generalmente gli incontri, che indicativamente dovrebbero essere quattro o cinque, si rivolgono a gruppi di dieci-quindici persone, e hanno una durata di un’ora circa.

Un iter si può suddividere in quattro momenti: il primo è quello autobiografico, in cui ognuno si presenta e racconta la propria vita professionale, le proprie emozioni; durante il secondo momento, quello della “concettualizzazione”, il consulente, in accordo con il gruppo decide di trattare, come argomento, una delle emozioni o sensazioni che “riassume” il sentire comune. Si mette da parte, quindi, l’esperienza individuale e ci si concentra nella ricerca di una definizione del problema preso in esame. Facciamo un esempio: durante una delle mie consulenza è capitato di dover analizzare  la paura determinata dalla sensazione di inadeguatezza rispetto alle responsabilità, la paura quindi di sbagliare. Abbiamo esaminato la parola “responsabilità”, nel suo significato di rispondere, quindi di operare una scelta. E fare una scelta implica la possibilità dell’errore, che non sempre è negativo ma può trasformarsi in una risorsa. Questo è il terzo punto, il gruppo ha modificato la propria visione del problema, conquistando una maggiore determinazione nell’agire. Un processo attraverso il quale si è rafforzata sia la soggettività del lavoratore, sia l’appartenenza: non solo al gruppo ma anche all’azienda. Il quarto, e ultimo step, è quello della finalizzazione, ossia del perseguimento degli obiettivi: il momento dell’azione. Il codice di condotta di cui parla lo stressometro come possibile soluzione ad alcuni problemi che causano stress consiste proprio in questo: arrivare a definire comportamenti aziendali che allentino un clima teso o non collaborativo.

Occupational stress, Mango Productions/Corbis

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