L'economista ambientale e professore alla Bocconi Edoardo Croci spiega che cosa manca per trasformare le città in luoghi smart e sostenibili
«A Milano ho introdotto l’ecopass: ma era fondamentale che i cittadini avessero con continuità conoscenza degli effetti sul traffico e sulle emissioni. La modifica dei comportamenti funziona se poi si ha un ritorno sapendo che ci si sente partecipi e orgogliosi di una trasformazione urbana sostenibile». Esordisce così il professor Edoardo Croci, professore alla Bocconi ed ex presidente di Arpa Lombardia famoso a Milano per aver introdotto da assessore all’Ambiente l’Ecopass, la prima carbon charge italiana. A Wise Society ha spiegato come le città italiane stiano cambiando e che cosa si debba fare per trasformarle in luoghi smart e sostenibili.
Cosa manca alle città italiane per essere sostenibili? Cosa dovrebbero fare?
Diciamo che da fare c’è molto: oggi c’è uno scenario internazionale in parte dovuto alle Nazioni Unite coi nuovi “Sustainable Development goals” di cui uno in particolare il numero 11 riguarda proprio la resilienza, la sostenibilità e gli aspetti sociali della città. C’è un’agenda urbana europea approvata lo scorso maggio che dà un contesto europeo importante. Ci sono opportunità importanti a livello internazionale nell’accordo sul clima di Parigi in cui le città possono giocare un nuovo ruolo, ci sono a livello europeo programmi volontari come il covenant of Mayors che richiedono alle città di impegnarsi volontariamente nel sentiero della mitigazione e dell’adattamento. Esistono quindi dei framework che danno linee guida, indirizzi, suggerimenti.
Milano e Torino si sono dimostrati come modelli per il nostro paese. Non ci vorrebbe un piano strategico magari nazionale?
Si sarebbe necessario ma nessuna città lo ha. In Italia sarebbe richiesto solo per le aree metropolitane ma lo hanno fatto in pochi e comunque dovrebbe partire dall’integrare gli aspetti ambientali sociali e economici per uno sviluppo urbano sostenibile. A livello internazionale qualche città lo ha fatto: New York Rotterdam Londra e credo che la direzione giusta sia quella. Io a suo tempo, durante il mio lavoro di assessore nella giunta Moratti, partì dal disegnare due piani: uno sulla mobilità sostenibile e uno sull’energia sostenibile ciascuna delle quali con azioni e finanziamenti e responsabilità,. Si creò un tavolo chiamato Tavolo Milano col quale andavamo a trattare col Governo queste azioni. E alcune di queste attività come Ecopass, bike e car sharing sono state più evidenti. Ma c’erano altre 17 azioni sulla mobilità e una decina sull’energia. Oggi il ruolo del governo più che mai ci dovrebbe essere anche se fino ad ora a livello urbano non ha prodotto moltissimo.
Una volta c’era il ministero delle Aree Urbane, oggi le competenze sull’argomento sono troppo spezzetate in vari ministeri…E’ così?
Le aree urbane sono diventate un aspetto secondario. E questo è un errore. Ci sono diverse competenze che dovrebbero essere integrate: sulle smart city lavora il Ministero delle attività produttive, in parte ci sta lavorando la Presidenza del Consiglio, in parte il Ministero dei trasporti. In Italia si rischia di essere come al solito dispersivi. Io credo che un impegno chiaro del governo che dia un indirizzo e delle linee guida sia necessario soprattutto per i comuni più piccoli; perché se è vero che Milano e Torino hanno fatto molto e sono cambiate in meglio con una forte attenzione alla sostenibilità, tutte le altre piccole e medie città fanno fatica in questa direzione. Servirebbero degli indirizzi nazionali.
La green city abbraccia anche la green economy: quali sono le correlazioni e quali sono gli sviluppi che può avere una città verde nell’ambito di una economia circolare?
Le città hanno delle leve straordinarie sia in Italia che nel resto del mondo sul green perché il tema della mobilità e dei trasporti è in mano alle città così come il tema dei rifiuti e delle risorse idriche. In molti casi in Italia le città entrano anche sul tema energetico (vedasi il teleriscaldamento) e sul verde urbano. Partendo dalle città e dal rapporto con le periferie hanno anche modo di interagire con quello che avviene al di fuori delle città stesse. Se una grande città ridisegna il suo sistema di trasporti in qualche modo incide su un territorio che va oltre quello urbano e che riguarda area ben più vasta. E la smart city è una filiera importante e le città diventano laboratori di innovazione. Questo comporta ulteriori responsabilità per i sindaci che già hanno responsabilità sulla salute dei cittadini (tema rilevante a livello di inquinamento l’Italia detiene il record per morti a causa delle polveri sottili) ma anche un’opportunità enorme per le loro città per renderle più attraenti.
Qual è il ruolo del cittadino?
Può fare molto perché oggi molte delle soluzioni green passano da loro in qualità di consumatori. Le politiche a livello urbano devono tendere non solo a migliorare le infrastrutture ma anche modificare il comportamento dei cittadini. Pensiamo alla mobilità e ai consumi energetici. Questo lo si fa non solo aumentando e migliorando il ventaglio dei servizi (bike e car sharing che i cittadini possono scegliere) ma dandogli anche delle informazioni di ritorno sugli impatti successivi.