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La scienza dei proverbi secondo il Cnr

di Francesca Tozzi
29 Febbraio 2012

Foto di Guido Andolfato/flickrCosa c’è di scientificamente fondato nei proverbi? Nel nuovo numero dell’Almanacco della Scienza i ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) hanno valutato la correttezza scientifica dei detti popolari più noti: da “Rosso di sera bel tempo si spera” a “La notte porta consiglio”, da “L’appetito vien mangiando” a “L’erba cattiva non muore mai”.

Se il sole al tramonto non incontrava nuvole e il cielo si tingeva di rosso, la giornata seguente, con grande probabilità, sarebbe stata serena. Era quanto sostenevano i nostri avi ed è, in parte, confermato dalla scienza. Oggi sappiamo infatti che sono i venti occidentali atlantici a portare tempo umido e piovoso, ma se il cielo a ovest si pulisce, per esempio per l’alta pressione delle Azzorre, si hanno tramonti fiammeggianti. “Rosso di sera bel tempo si spera“, spiega Marina Baldi dell’Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Cnr, “è una previsione ‘meteorognostica’ (dal greco ‘conoscenza delle cose del cielo’), una versione popolare della meteorologia, basata sulle osservazioni astrologiche e dei fenomeni naturali”. Legato al mondo di coloro che andavano per mare e a quello dei pastori, l’antico detto nasce in Inghilterra: se ne trova traccia nel 1395 in una versione della Bibbia del teologo inglese Wyclif. Nel Medioevo, l’economia inglese era prevalentemente rurale e marittima, la vita e la morte dipendevano molto dalle condizioni meteo e, in assenza di mezzi di previsione, si sfruttavano al meglio le poche informazioni a disposizione, codificandole in qualche modo.

Risolvere di mattina un problema lasciato in sospeso la sera precedente è un’esperienza comune, come sottolinea anche il proverbio “la notte porta consiglio“. “Questo detto corrisponde decisamente al vero”, spiega Angelo Gemignani dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr. “Nel 2004 un esperimento pubblicato su ‘Nature’ ha dimostrato che il sonno facilita in modo significativo le capacità di intuito: una notte di sonno rispetto a un periodo di uguale durata di veglia agevola nel 60% dei soggetti sottoposti a test la risoluzione precoce di un semplice problema matematico”. Uno studio del 2006 su ‘Biological Psychiatry’, inoltre, ha rilevato un meccanismo analogo nel caso di ricordi emozionali. In pratica, un gruppo di persone memorizzava un testo a contenuto emotivo e uno a contenuto neutro e poi riposava per tre ore, mentre un altro gruppo faceva lo stesso, ma senza riposare. A distanza di quattro anni, chi aveva dormito ricordava meglio degli altri il testo a contenuto emotivo, mentre non si osservava alcuna differenza nel caso del testo neutro. “Gli autori hanno ipotizzato che il Rem, la fase del sonno in cui si sogna, possa favorire a livello cerebrale un ambiente fisiologico ideale per il miglioramento delle connessioni neurali alla base della memoria emozionale”, prosegue il ricercatore dell’Ifc-Cnr.

Fonte: Cnr

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