Anche se secondo l'Istituto Superiore di Sanità «la validità dei risultati degli studi su cellulari e tumori rimane incerta», é meglio ridurre i rischi
«C’è un nesso tra l’uso dei cellulari e l’insorgenza dei tumori». Questo, negli scorsi giorni, è stato il titolo che molti giornali hanno utilizzato per dare spazio a una sentenza della Corte d’Appello del Tribunale di Ivrea, che ha ribadito le ragioni di un dipendente Telecom colpito da neurinoma (tumore benigno del nervo acustico). Confermata dunque la condanna in primo grado nei confronti dell’Inail, che dovrà corrispondere all’uomo una rendita vitalizia da malattia professionale, con una decisione destinata a riaprire la discussione sulle conseguenze dell’eccessiva esposizione alle onde elettromagnetiche. Fin qui il parere del tribunale, che non tiene però conto di quanto dice la scienza. Per il momento, infatti, non ci sono conclusioni definitive. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, che nei mesi scorsi ha diffuso un parere per chiarire le evidenze scientifiche riguardanti il possibile rischio oncologico determinato dalle radiofrequenze, «la validità dei risultati degli studi su cellulari e tumori rimane incerta».
CELLULARI E SALUTE: CHE COSA SAPPIAMO? – Negli ultimi anni, diversi gruppi di ricerca hanno provato a fare una sintesi delle evidenze disponibili. Nel caso delle onde ad alta frequenza, le maggiori attenzioni sono puntate sui tumori cerebrali. Ma per il momento, come detto, non ci sono conclusioni definitive. Nel documento pubblicato l’estate scorsa dall’Istituto Superiore di Sanità – con in calce anche le firme di ricercatori di Cnr, Enea e Arpa Piemonte – si puntualizza che «alcuni studi riportano notevoli incrementi di rischio per i neuromi acustici (tumori cerebrali benigni, ndr) e per i gliomi (maligni, ndr) per modeste durate e intensità cumulative d’uso», con una maggiore probabilità che la malattia si manifesti sullo stesso lato in cui si è registrata l’esposizione più elevata alle radiofrequenze. Ma queste osservazioni «non sono coerenti con l’andamento dei tassi d’incidenza dei tumori cerebrali, i cui numeri non sono cresciuti di pari passo con la diffusione dei cellulari». Sintesi che non è però stata condivisa da una parte della comunità scientifica, più orientata ad applicare il principio di precauzione. «Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità non valuta tutti i rischi sanitari da esposizione a radiofrequenze, sottovaluta evidenze di un verosimile rischio di cancerogenicità e non elabora proposte di prevenzione primaria», ha ribattuto Agostino Di Ciaula, presidente del comitato scientifico dell’Associazione Medici per l’Ambiente (Isde).
CONSIGLI PER RIDURRE (COMUNQUE) I RISCHI – Su scala globale, la fascia di popolazione che utilizza i cellulari è decuplicata dall’inizio del secolo a oggi. Mentre negli ultimi tre decenni, l’incidenza di tumori al cervello è rimasta stabile nelle donne e cresciuta lievemente tra gli uomini. A ogni modo, in attesa di sgomberare definitivamente il campo dai dubbi, «è comunque meglio evitare lunghe conversazioni, soprattutto se non si utilizzano gli auricolari», dichiara Lucia Miligi, dirigente della struttura complessa di epidemiologia dei fattori di rischio e degli stili di vita dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete oncologica (Ispro) di Firenze. Stesso motivo per cui non è una buona abitudine addormentarsi con il cellulare vicino: cosa che succede soprattutto ai ragazzi, che hanno peraltro tessuti più sensibili e una prospettiva di vita ben più lunga rispetto ad adulti e anziani. Meglio evitare, inoltre, di utilizzarli nei luoghi in cui il segnale è più basso. Questo perché «nel tentativo di stabilire una connessione con gli altri dispositivi elettronici, la frequenza delle emissioni aumenta», aggiunge l’esperta.
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