Wise Society : Kintsugi: l’arte del riparare diventa una filosofia

Kintsugi: l’arte del riparare diventa una filosofia

di Paola Greco
25 Luglio 2023

Un’antica arte giapponese che evidenzia le crepe con l’oro, per ricordare che le cicatrici fanno parte del processo di evoluzione di ognuno e per questo vanno accolte e non rifiutate

Kintsugi – letteralmente “riparare con l’oro” – è il nome di un’antica arte di restauro giapponese che consiste nel saldare insieme i pezzi rotti di un oggetto in ceramica o porcellana, utilizzando una mistura di lacca urushi – derivata dalla resina di Rhus Verniciflua, una pianta autoctona giapponese – e oro in polvere. Lo scopo non è quello di nascondere il danno, ma di enfatizzarlo, incorporando metalli costosi nell’estetica dell’oggetto che diventa in tal modo ancora più bello e prezioso, nonché unico come un’opera d’arte. I pezzi di vasellame rotti vengono saldati da un sottile strato di lacca, il cui strato finale viene poi ricoperto con una polvere di oro zecchino o argento. E’ facile intuire come il significato del Kintsugi vada ben oltre la “mera” tecnica di riparazione.

kintsugi

Foto Shutterstock

La tecnica tradizionale del Kintsugi

La tecnica tradizionale del Kintsugi è particolarmente complessa e consta di tutta una serie di passaggi lunghi e laboriosi. Non sono molti i maestri artigiani che ancora la praticano ma per comprendere fino in fondo la filosofia che si cela dietro quest’arte, è utile conoscerne le fasi.

Prima di tutto, la lacca urushi – materiale insostituibile nella tradizione – si ottiene da una resina che viene estratta dalle piante autoctone nel periodo che va da maggio a novembre, grazie a piccoli tagli sulla corteccia. Da ogni pianta se ne ricavano all’incirca 200 grammi. Una volta pronta, la lacca urushi è mescolata con farina (di riso o di grano): ne deriva una sostanza adesiva che dovrà riposare per una settimana in un ambiente caldo – umido prima di raggiungere la giusta tenuta.

Dopo la prima fase di incollaggio, le crepe vengono stuccate carteggiate e l’oggetto lasciato a riposare per un’altra settimana. Questo processo può ripetersi per tutte le volte necessarie a rendere l’oggetto perfetto, allungando notevolmente i tempi di lavorazione.
Le linee di rottura vengono dunque impermeabilizzate, e la polvere d’oro o d’argento fatta aderire con un ulteriore passaggio di lacca.

Infine la polvere d’oro è lucidata con cotone di seta o con una sorta di pietra d’agata.
Un’altra settimana di riposo, sempre in ambiente caldo – umido, e l’oggetto è finalmente pronto per essere riutilizzato.

Strumenti per fare kintsugi

Foto di Motoki Tonn su Unsplash

La filosofia Kintsugi

Il fascino racchiuso in questa antica tecnica di restauro va oltre il risultato che si ottiene. Un lavoro lungo, fatto di sapiente maestria e infinita pazienza, che racchiude un intero universo, che porta con sé un modo di intendere la vita, le cose e le persone molto profondo.

La filosofia che si nasconde dietro questa tecnica è così a portata di sguardo: le crepe sono lì, in evidenza, esposte, come tante cicatrici. Il Kintsugi insegna a rispettare ed accogliere ciò che è danneggiato, fragile, imperfetto, non solo negli altri e nel mondo, ma soprattutto in noi stessi. Perché le ferite, le cicatrici, visibili o invisibili che siano, raccontano la nostra storia, e se ci sono è perché siamo riusciti ad andare oltre: un dolore, una malattia, una perdita… possono essere superati con forza e coraggio.

È questo un modo di pensare e di intendere la vita molto lontano dalla cultura occidentale, che punta sempre al completo benessere fisico, economico, professionale, familiare, relazionale. Facciamo molta fatica ad affrontare il dolore, ad accoglierlo, attraversarlo, per uscirne cambiati. Questa antica arte orientale invece ci insegna che la vita è fatta di momenti belli e brutti, di desideri che si realizzano e di speranze disattese, di gioie e dolori, e che non è possibile rifiutare tutto quello che non ci piace. E così le ferite, le cicatrici, vanno indossate con fierezza perché rappresentano la nostra forza e la nostra resilienza davanti alle asperità della vita.

Davanti ad un dolore, una perdita, la soluzione è sempre ripartire dalle proprie ferite, che ci rendono unici, proprio come gli oggetti riparati con le crepe dorate. Riparare un oggetto diventa dunque una terapia psicologica molto potente, che ci permette di accettare ed amare le nostre imperfezioni, o di trasferire un evento negativo su un oggetto rotto: una volta aggiustato sarà come aver sistemato quello che non va nella propria vita, perché l’avremo trattata come un’opera d’arte unica al mondo.

Piatto riparato con la tecnica del kintsugi

Foto di Riho Kitagawa su Unsplash

Come fare il Kintsugi in casa

La tecnica tradizionale giapponese del Kintsugi è assai complessa e difficilmente riproducibile nei suoi passaggi tradizionali, soprattutto perché, come abbiamo accennato, la resina necessaria per la lacca urushi si ricava da piante autoctone, ed è praticamente impossibile da reperire fuori dalla terra Nipponica. È possibile però eseguire delle riparazioni “in stile kintsugi”, utilizzando resine sintetiche o colle e sostituendo l’oro e l’argento veri con pigmenti metallici che donano lo stesso effetto ma hanno un costo inferiore. Si tratta sicuramente di una tecnica molto più semplice dell’originale, ma che necessita comunque di una discreta manualità. Ed il suo potere terapeutico non tarderà comunque a donare un po’ di serenità.

Questo il materiale occorrente:

  • colla bicomponente
  • polvere dorata o argentata
  • contenitore monouso e bacchette per mescolare i componenti
  • pennellino fine per le rifiniture

Se non si ha voglia o tempo di reperire singolarmente i vari materiali, è possibile approvvigionarsi di uno dei tanti Kintsugi Kit, acquistabili online o in negozi specializzati ad un costo contenuto (30 – 33 euro circa).

I passaggi di lavorazione sono molto semplificati rispetto al procedimento originale e comportano un impiego di tempo molto inferiore. Eccoli elencati qui di seguito:

  1. Prima di tutto è necessario mescolare in un contenitore usa e getta la colla bicomponente con la polvere dorata: la colla deve essere pari a 3 volte la quantità della polvere metallica utilizzata.
  2. Una volta raggiunta la giusta consistenza, bisogna applicare l’impasto ottenuto sui bordi rotti dei pezzi di ceramica, in modo che risulti abbondante e ben visibile, per poi tenere in posizione per alcuni minuti le parti, finché non sono perfettamente incollate, facendo attenzione a non rimuovere la colla in eccedenza che fuoriesce dalle giunture.
  3. Una volta che si è ripetuta l’operazione con tutti i pezzi, se vi doveste accorgere che alcuni frammenti sono andati perduti, potrete riempire i vuoti con la mistura dorata.
  4. Infine, con un pennellino si deve ripassare con attenzione l’incollatura, in modo che il materiale si spanda bene anche fuori dal solco della rottura e la riparazione assuma un colore oro intenso.

Riparare oggetti rotti invece che buttarli e ricomprarne di nuovi forse sarà solo un esercizio di stile, ma se riuscisse a farci ridimensionare almeno un solo problema e a trasformarlo in una bella opportunità di crescita, ne sarà valsa la pena.

Paola Greco

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