Wise Society : Biocarburanti: cosa sono? Esempi di un’alternativa energetica rinnovabile

Biocarburanti: cosa sono? Esempi di un’alternativa energetica rinnovabile

di Redazione Wise Society
6 Settembre 2021

I biocarburanti possono contribuire a ridurre il quantitativo di emissioni nei trasporti. Lo mette in luce la IEA, l’agenzia internazionale dell’energia, segnalando che se le emissioni globali dei trasporti sono aumentate di meno dello 0,5% nel 2019 (rispetto all’1,9% annuo dal 2000) lo si deve anche al maggiore uso di biocarburanti. Tuttavia le emissioni di gas serra dai trasporti sono aumentate ad un ritmo più veloce di qualsiasi altro settore. I trasporti sono anche responsabili del 15% delle emissioni mondiali di gas serra e del 23% delle emissioni totali di CO2 legate all’energia. Serve allora aumentare il quantitativo di carburanti da fonti rinnovabili, ma allo stesso tempo occorre presidiare la loro produzione, perché non tutti i biocarburanti sono così “green” come si può pensare.

biocarburanti da mais

Foto di Chokniti Khongchum da Pixabay

Biocarburanti: cosa sono i combustibili alternativi ai fossili

Ma cosa sono i biocarburanti? Sono combustibili ottenuti da biomasse, inclusi rifiuti e sottoprodotti, e possono avere anche forma gassosa, come il biometano che viene impiegato per i trasporti. “Nati come alternativa ai carburanti fossili, i biocarburanti sostenibili rappresentano oggi la risposta più concreta per ridurre le emissioni di CO2 derivanti dal settore dei trasporti”, spiega il GSE, che nel suo Rapporto sulle attività 2020 ha evidenziato un leggero aumento dell’immissione in consumo di biocarburanti rispetto al 2019, dovuto in primis all’incremento del biometano.

Tipologie

I biocarburanti possono essere: di “prima generazione” e “avanzati”. Nel primo caso rientrano quelli prodotti a partire da materie prime agricole, potenzialmente utilizzabili a fini alimentari. I secondi, invece, sono prodotti a partire da biomasse non utilizzabili per l’alimentazione umana o animale che non comportano sottrazione di terreno agricolo alla produzione alimentare o cambi di destinazione agricola.

Come ricorda Confindustria Energia, I biocarburanti liquidi hanno caratteristiche chimico-fisiche che consentono la miscelazione con i carburanti di origine fossile e il loro utilizzo con le motorizzazioni del parco macchine attualmente circolante, non necessitano l’introduzione nel mercato di veicoli dedicati.

Coltivazione di colza per biocaburanti

Foto di Macb3t da Pixabay

La richiesta

La domanda totale di biocarburanti per i trasporti ha raggiunto i 150 miliardi di litri, in calo dell’8% dal 2020 al 2019, rileva la stessa IEA. L‘interesse per i biocarburanti è aumentato ulteriormente con lo sviluppo di politiche di mitigazione del cambiamento climatico e di strategie per ridurre le emissioni di gas serra dal settore dei trasporti. Più di 60 paesi hanno lanciato negli ultimi anni specifici programmi per i biocarburanti e hanno fissato obiettivi per introdurli nel mix dei carburanti. Così oggi i biocarburanti rappresentano circa il 3,4% del totale dei carburanti da trasporto in tutto il mondo, con una produzione dominata da Stati Uniti e Brasile (69% del totale), seguiti dall’Europa con il 9%.

I progetti di sviluppo e le direttive europee

Proprio l’UE da diversi anni lavora per un loro sviluppo, contemplando anche un’attenzione verso la sostenibilità della produzione. La direttiva RED I sulle energie rinnovabili prevedeva che entro il 2020, il 10% dell’energia utilizzata nel settore dei trasporti dovesse provenire da fonti di energia rinnovabile. La Commissione Europea ha poi proposto di rivedere la sua politica per l’energia rinnovabile nel settore trasporti per il periodo 2021-2030. A novembre 2016 ha pubblicato la nuova Direttiva RED II i cui punti salienti riguardano: una riduzione del limite fissato per i biocarburanti di prima generazione (basati su alimenti o mangimi) al 3,8% entro il 2030, a partire dal tetto del 7% del 2020; un mandato di miscelazione ai produttori di carburanti volto ad aumentare l’offerta di carburanti avanzati nei trasporti al 6,8% entro il 2030. Il 3,6% di cui deve provenire da biocarburanti avanzati, principalmente basati sui rifiuti e sugli scarti.

Proprio questa Direttiva (UE 2018/2001) prevede in particolare che ogni Stato membro fissi un obbligo di immissione in consumo di biocarburanti in capo ai fornitori di carburante fossile che assicuri, entro il 2030, una quota minima di penetrazione nel settore trasporti del 14% sul consumo, target elevato dal PNIEC italiano al 22% allo stesso anno. Ora si attende però la nuova versione della RED II che potrebbe cambiare le quote dei biocarburanti. La pubblicazione ufficiale della revisione è prevista per il prossimo 14 luglio.

trasporti in città

Foto di Fabien Bazanegue / Unsplash

Biocarburanti: vantaggi e svantaggi

I biocarburanti presentano sia vantaggi che svantaggi in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Gli elementi a loro favore sono legati alla riduzione delle emissioni di gas serra, la sicurezza energetica e lo sviluppo rurale. Come mette in evidenza la Commissione Europea nel testo della direttiva (UE) 2018/2001, i biocarburanti avanzati e gli altri biocarburanti e biogas prodotti a partire da materie prime elencate in un allegato della presente direttiva, i carburanti rinnovabili liquidi e gassosi di origine non biologica per il trasporto, e l’energia elettrica da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti possono contribuire a ridurre le emissioni di carbonio, incentivare la decarbonizzazione del settore dei trasporti dell’Unione in modo efficiente sotto il profilo dei costi, intensificando, tra l’altro, la diversificazione energetica anche nel settore dei trasporti; allo stesso tempo, essi possono stimolare l’innovazione, la crescita e l’occupazione nell’economia dell’Unione nonché ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia.

La produzione di biocarburanti: ci sono anche dei contro

Dall’altro lato, però, ci sono preoccupazioni legate all‘aumento della produzione di biocarburanti, come la pressione al rialzo sui prezzi dei prodotti alimentari, il rischio di aumento delle emissioni di gas serra attraverso il cambiamento diretto e indiretto della destinazione d’uso dei terreni dalla produzione di materie prime per biocarburanti, così come i rischi di degradazione della terra, delle foreste, delle risorse idriche e degli ecosistemi.

L‘uso di materie prime di prima generazione, come il mais, è diventato una questione particolarmente controversa, in gran parte a causa della concorrenza con la produzione di cibo e le preoccupazioni per la deviazione dei terreni agricoli nella produzione di carburante. Una crescente domanda di prodotti agricoli rischia un aumento della deforestazione e dell’uso di terreni con un alto valore di biodiversità per soddisfare questa domanda, così come l’uso associato di acqua dolce, fertilizzanti e pesticidi, con conseguenze negative sull’ambiente. Per questo si guarda ad alternative decisamente più sostenibili. Tra queste ci sono le alghe, che si rileva un’alternativa decisamente più green rispetto a mais, colza e soia innanzitutto perché le colture oceaniche non competono per l’acqua dolce, terreni agricoli o fertilizzanti. Inoltre, l’agricoltura oceanica non minaccia habitat importanti quando viene impiegata la terra marginale.

biocarburanti da alghe

Foto di Chokniti Khongchum da Pixabay

Biocarburanti in Italia

Tuttavia le prospettive verso cui si guarda con maggiore favore nei biocarburanti sono quelle rivolte all’impiego di quelli ottenuti da scarti di lavorazione agricola, da deiezioni animali, dalla frazione umida dei rifiuti solidi (FORSU).

La riconversione della bioraffineria di Venezia

Su quest’ultima lavora ENI, per esempio, con un progetto tra i più innovativi rappresentato dalla bioraffineria di Venezia, il primo esempio al mondo di riconversione “green” di una raffineria tradizionale. Dal 2014, nell’impianto veneziano vengono trattate circa 360mila tonnellate di materia prima di origine biologica all’anno. Dal 2024, grazie a un ulteriore upgrade dell’impianto, prevediamo di potenziare la capacità di lavorazione a 560mila tonnellate all’anno, con una sempre maggiore quota derivante da scarti della produzione alimentare, come oli usati, grassi animali e altri sottoprodotti avanzati.

Impianto Waste to Fuel a Porto Marghera

Nel 2019, inoltre, attraverso Eni Rewind è stata avviato la sperimentazione di una nuova opportunità di sviluppo per la produzione di carburanti da economia circolare in Italia. Il progetto si concentra nell’impianto pilota avviato a Gela, dove sono condotti studi di fattibilità per la realizzazione di un impianto Waste to Fuel a Porto Marghera con una capacità di trattamento fino a 150mila tonnellate all’anno di FORSU. Spiega la stessa ENI che la tecnologia Waste to Fuel permette di ricavare bio-olio dalla FORSU, il quale può essere utilizzato direttamente come combustibile a basso contenuto di zolfo per il trasporto marittimo o può essere raffinato per ottenere biocarburanti ad alte prestazioni.

La produzione in Italia

L’Italia in materia di biocarburanti prevede a livello normativo l’aggiunta del 10% di biocarburante nei prodotti introdotti in Italia al consumo, di cui l’1,6% avanzati. La produzione dei biocarburanti nel nostro Paese, in particolare di seconda generazione, è in costante aumento e – ricorda ancora Confindustria Energia – a regime le due bioraffinerie italiane produrranno un milione di tonnellate.

Ma è sul biometano che si sta focalizzando una grande attenzione. L’Italia già oggi è uno dei più importanti produttori di biogas al mondo. Come ricordava il presidente del Consorzio Italiano Biogas (CIB) Piero Gattoni, la riconversione degli impianti biogas esistenti ha un potenziale produttivo di biometano pari a circa 3,5 miliardi di Smc “e potrà stimolare investimenti privati per circa 5 miliardi di euro, favorendo entrate fiscali per circa 1 miliardo di euro”. Lo sviluppo del biometano agricolo “può contare anche su un impatto positivo in termini occupazionali con un incremento di nuovi posti di lavoro stabili di circa 16mila occupati, ai quali si deve aggiungere un incremento di quelli indiretti, pari a circa 70-80 mila occupati”. Le prospettive del biometano sono confermate anche nel PNRR in cui sono previsti 1,92 miliardi di euro per il sviluppo con progetti immediatamente cantierabili nella filiera agricola e agroindustriale italiana.

Andrea Ballocchi

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