Wise Society : Energy Harvesting, una nuova frontiera energetica

Energy Harvesting, una nuova frontiera energetica

di Maria Enza Giannetto
6 Settembre 2022

Il futuro è qui, soprattutto nel settore delle fonti energetiche alternative. Oggi parliamo di una tecnologia che permette di racimolare e recuperare energie che altrimenti andrebbero disperse nell'ambiente e sprecate

Produrre, mantenere, stoccare e raccogliere l’energia è diventato oggi più che mai fondamentale. Per questo, parlare di Energy harvesting è sempre più frequente. Nel settore dell’efficienza energetica, infatti, l’energy harvesting (che letteralmente si traduce con energia racimolata o recuperata) dà adito a nuove interessanti prospettive, soprattutto perché potrebbe consentire di alimentare i milioni di apparecchi elettronici che popolano e popoleranno sempre di più le nostre vite quotidiane.

Microchip di un dispositivo energy harvesting

Foto di Umberto / Unsplash

Che cos’è l’energy harvesting

Per dare una definizione di Energy Harvesting si può partire dalla traduzione stessa del termine, che significa letteralmente “raccolta di energia” o “energia racimolata”.  Si tratta, infatti, del processo per cui l’energia, proveniente da energie alternative e spesso non costanti nel tempo (come quella solare, termica, eolica o cinetica) viene catturata e salvata.

Come funziona

Conosciuto anche come Power Harvesting o Energy Scavenging, questo processo converte l’energia “racimolata” (che altrimenti andrebbe dispersa nell’ambiente e sprecata) in energia elettrica direttamente utilizzabile. Detto in soldoni: l’energy harvesting è quel processo che consente di catturare l’energia che si può trovare nell’ambiente (sotto forma di luce, vento, onde e vibrazioni) per poi trasformarla in energia da re-immettere nel sistema produttivo.

Una volta “catturata” quest’energia – cinetica prodotta da uomini, animali e oggetti –   la si può immagazzinare o utilizzare immediatamente per alimentare piccoli dispositivi o sistemi di comunicazione. È evidente quanto tutto questo sia innovativo e importante: catturare l’energia direttamente dall’ambiente rappresenta, infatti, un’alternativa all’uso di batterie e spalanca nuovi scenari nel campo del risparmio energetico e della salvaguardia dell’ambiente.

Lampadina

Foto di Johannes Plenio / Unsplash

Le applicazione dell’energy harvesting

Come si può usare l’energy harvesting? Facciamo un esempio. Oggi si stima che i dispositivi IoT (Internet of Things) installati entro il 2025, saranno circa 75,44 miliardi: si tratta di oggetti “intelligenti” e collegati in rete, che avranno tutti bisogno di essere alimentati per poter funzionare. E’ quindi facile capire quanto sia necessario procedere verso la creazione di un sistema che permetta a questi dispositivi di accumulare da soli l’energia necessaria al loro stesso funzionamento.

Le applicazioni dell’energy harvesting in futuro, potrebbero, infatti, includere l’alimentazione di dispositivi autonomi ad alta potenza di uscita in grado di sopportare la “sopravvivenza” in ambienti “difficili” e quindi in grado di servire anche come centraline elettriche a servizio di grossi sistemi.

L’elettronica indossabile

Non mancano le possibili applicazioni nell’ambito dell’elettronica indossabile, dove i racimolatori di energia possono erogare energia elettrica per alimentare cellulari, apparecchiature di radiocomunicazione (GPS e rilevatori del battito cardiaco) e sistemi di monitoraggio remoti.

Ma si pensa anche ad altro, come a racimolatori di energia biomeccanici che, attraverso delle fasce, collegano il generatore alle ginocchia così da “raccogliere” l’energia prodotta mentre si pedala o si cammina. Insomma, l’energy harvesting può essere applicato per la ricarica delle batterie e l’autoalimentazione nelle tecnologie a basso consumo come reti wireless, sistemi GPS, telefoni cellulari e piccoli laptop.

Smartphone

Foto di Rodion Kutsaev / Unsplash

Energy Harvesting: raccogliere energia è una rivoluzione

Va da sé che la capacità di raccogliere dall’ambiente (o dallo stesso sistema oggetto dell’applicazione) l’energia necessaria ad alimentare l’elettronica del sistema embedded è davvero una rivoluzione. Perché l’energy harvesting sia applicabile, però, (le energie recuperabili in modalità harvesting sono molto piccole e di natura discontinua) sono necessari dei supercondensatori, ovvero condensatori caratterizzati da capacità elevatissima, e con le stesse caratteristiche funzionali dei condensatori elettrolitici e delle batterie ricaricabili.

Ovviamente, le dimensioni piccolissime sono essenziali perché l’energy harvesting sia utilizzabile nelle applicazioni IoT e IoE.  Allo stesso tempo le fonti di energia “utili” all’energy harvesting sono limitate e si parla non di watt ma di milliwatt. La tecnologia nei processi produttivi è, però,  oggi orientata sempre di più verso dispositivi a basso consumo e sono ormai nati i componenti elettronici in grado di autoalimentarsi a partire da queste minime energie, e di gestirle accumulandole tramite dei condensatori e convertendole in varie tensioni. 

Non sarà magari l’unica soluzione ai problemi energetici, ma si tratta di uno step fondamentale nei processi di alimentazione dell’elettronica a bassa potenza, nonché un enorme potenziale per lo sviluppo di questa tecnologia. Tra le case costruttrici di componenti elettronici più attive in questo settore spiccano Linear Technology, Maxim Integrated Products e Texas Instruments.

I vari tipi di energy harvesting

L’harvesting dell’energia ha diverse derivazioni e processi e la conversione dell’energia avviene in modi differenti a seconda della fonte. Prima di tutto c’è l’harvesting fotovoltaico, ovvero la cattura e conversione dell’energia della luce solare in energia elettrica, che è senza dubbio la più nota e quella su cui si è molto investito. Usato per le elevate potenze elettriche è sempre stato di grande interesse per l’elettronica e la microelettronica. L’energia solare viene convertita tramite celle fotovoltaiche, che si prestano facilmente per essere scalate in piccole dimensioni.

Di grande interesse anche l’harvesting termico che si ottiene grazie al gradiente termico tra due superfici da cui si ottiene una conversione in differenza di potenziale elettrico molto efficiente grazie al cosiddetto effetto Seebek. Anche l’energia spuria proveniente dalle trasmissioni radiotelevisive o da emissione elettromagnetica può essere raccolta: un tipico utilizzo di questa tecnica è usato per alimentare gli identificatori RFID.

Harvesting piezoelettrici

Un settore cui si guarda con estrema attenzione è quello dei sistemi di harvesting piezoelettrici indossabili e utilizzabili per ricaricare in maniera efficiente dispositivi mobili come smartphone e tablet durante il movimento. Si tratta senza dubbio del settore che attira molta attenzione per il futuro.

Di fatto, la conversione del moto meccanico – lo stesso calpestio su pavimenti come Veranu – può avvenire tramite cristalli piezoelettrici o particolari polimeri che, sottoposti a sforzi da deformazione meccanica, generano piccoli potenziali elettrici.  Un’altra modalità  è quella che considera le forze originatrici che provengono da altre pressioni applicate periodicamente, come nelle scarpe durante una camminata, oppure da vibrazioni meccaniche di motori, o da qualsiasi suono o rumore ambientale a bassa frequenza.

Maria Enza Giannetto

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