Wise Society : Gli animali del bosco diventano “nottambuli” per sfuggire all’uomo

Gli animali del bosco diventano “nottambuli” per sfuggire all’uomo

di Lucia Fino
21 Agosto 2023

Frequentano i boschi di notte, scegliendo sentieri impervi e molto in quota. E' questa la fotografia scattata da uno studio che ha monitorato le nuove abitudini degli abitanti del bosco nell'area protetta delle Dolomiti

Sempre più diffidenti, solitari e soprattutto nottambuli. Gli animali del bosco, dai camosci agli orsi, hanno cambiato abitudini. Ora è più facile che si spostino di notte, alla luce della luna e delle stelle, e spesso avventurandosi lungo i sentieri più in quota e impervi. Ma perché accade questo? A spaventarli e allontanarli è la presenza ogni giorno più invadente dell’uomo. Già, perché, nonostante tutto, sono gli animali ad aver paura di noi che ci aggiriamo nel loro habitat con il nostro zaino da trekking, la nostra macchina fotografica, i nostri rumori e il nostro odore. A sentirsi minacciati anche quelli di grande taglia, grossi e imponenti, considerati, soprattutto negli ultimi tempi, pericolosi: uno fra tutti l’orso.

Camosci

Foto Muse

Gli animali sono sempre più notturni: uno studio lo dimostra

Il focus su questo cambio di vita e di orari arriva da uno studio del Muse, il Museo delle Scienze di Trento e e dell’Università di Firenze, che ha ripreso e analizzato per diversi anni, con la collaborazione del servizio faunistico della Provincia di Trento, gli avvistamenti intorno e nel parco dell’Adamello-Brenta. Per arrivare a una conclusione: se vogliamo davvero salvaguardare gli abitanti “a quattro zampe” delle zone protette, il modo di intendere la natura e le aree protette e di rapportarsi agli animali selvatici va profondamente rivisto.

7 anni di foto

Lo studio del Muse e dell’Università di Firenze è cominciato nel 2015 ed è proseguito ogni estate per 7 anni: in un’area di 220 chilometri quadrati fra le più turistiche delle Dolomiti, in parte fuori e in parte all’interno del Parco Adamello-Brenta sono state sistemate 60 fototrappole, nascoste all’interno di tronchi e invisibili dall’esterno: obiettivo fissare il passaggio di ogni uomo e animale, in orari diversi.

Il risultato? Sorprendente e in parte sconcertante, come testimonia l’articolo pubblicato dal gruppo di ricerca sulla rivista scientifica internazionale Ambio. Ben il 70% degli scatti dei ricercatori immortalavano uomini o turisti in gita, impegnati nel trekking, in mountain bike o su altri mezzi. Con loro animali domestici, soprattutto cani. Molte meno invece le foto con protagonisti animali selvatici, considerati “abitanti” d’elezione del bosco.

«Delle oltre 500 mila foto raccolte la maggioranza ritrae persone e il tasso di passaggio umano di fronte alle fototrappole è stato 7 volte superiore a quello della specie selvatica più comune nell’area, la volpe, e addirittura 70 volte superiore a quello dell’orso, la specie che è risultata più raramente fotografata» spiega spiega Marco Salvatori, dottorando dell’Università di Firenze in collaborazione con il MUSE e primo autore dello studio. «Il passaggio delle persone inoltre non differisce fra le fototrappole presenti all’interno del Parco Naturale Adamello-Brenta e quelle poste al di fuori, dimostrando una potenziale pressione anche all’interno dell’area protetta».

Anche orsi e camosci fra i più “timidi”

Un altro aspetto che lascia stupiti è che fra le specie più “timide” che sfuggono di più alla presenza dell’uomo ci sono anche quelle di grosse dimensioni come orsi, camosci, cervi. Sia gli animali più grandi che quelli più piccoli fra le 8 specie prese in considerazione (orso, cervo, camoscio, capriolo, tasso, volpe, lepre e faina) concentrano la loro presenza nelle ore notturne. Non a caso molte foto che ritraggono il loro passaggio guardingo sono state scattate a mezzanotte, mentre è molto raro vederli (e fotografarli) in mattinata e nel tardo pomeriggio quando più si intensifica la presenza umana. La fauna selvatica tende, poi, anche a spostarsi nelle zone meno abitate e meno frequentate dall’uomo salendo in quota, su pendi e lungo sentieri solitari.

Orso in Trentino

Foto Muse

Gli animali si sono adattati. Ma è davvero un bene?

Le nuove abitudini degli animali selvatici sono un indice di adattamento, non del tutto negativo. Il fatto che siano diventati “notturni” non vuol dire che gli animali siano diminuiti: al contrario, il fatto che le zone alpine siano diventate nel tempo meno coltivate li ha resi più numerosi. Hanno però dovuto trovare delle strategie per convivere senza troppi danni con essere umani sempre più presenti. Gli animali sembrano anche avere una buona memoria dei luoghi: ricordano ed evitano con abilità i punti dove il contatto con l’umano diventa più probabile.

«Non sono però cambiamenti gratuiti, le conseguenze ci sono» commenta Salvatori. «Gli animali possono risentirne, accusando maggiori difficoltà di movimento, una regolazione non ottimale della temperatura corporea. E possono avere più difficoltà a trovare cibo, perché si spostano in aree meno produttive in fatto di risorse alimentari».

Che cosa si può fare per proteggere la biodiversità

Per questo bisogna trovare delle risposte per tutelare al meglio la biodiversità all’interno delle aree protette che altrimenti rischiano, nel tempo di perdere, una parte della loro importanza nella difesa dell’ambiente della fauna e della flora per diventare dei “paper parks”.

«La tendenza a una maggiore notturnalità è una risposta comportamentale comune a molti mammiferi esposti alla presenza di grandi numeri di persone, come testimoniano anche diverse ricerche a livello internazionale» afferma il professor Francesco Rovero, docente di Ecologia dell’Università di Firenze e coordinatore dello studio. «Se, da parte degli animali, l’impegno a evitare il contatto con gli esseri umani è notevole, ora sta anche a noi umani fare attenzione adottando – per esempio – alcune misure per limitare l’accesso ad alcune aree dei parchi naturali nei periodi dell’anno più delicati per la fauna, come quello della riproduzione: una strategia già ampliamente applicata in molte parti del mondo, fra cui il Nord America».

Insomma non si tratta di chiudere al turismo naturalistico ma di creare all’interno dei parchi delle ulteriori protezioni per la fauna che li abita, che vanno dalla chiusura totale di alcune zone, a livelli di accesso differenziati, fino appunto alle limitazioni di accesso da mettere in pratica solo in alcuni mesi dell’anno. Un approccio diverso e rispettoso che faccia sentire più sicuri gli animali e li riporti a ritmi più naturali, e magari anche a qualche uscita “diurna” in più.

paesaggio sulle dolomiti

Foto Shutterstock

Lucia Fino

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