Domenico Procacci
produttore
Il fondatore della Fandango è convinto che la giustizia abbia un ruolo chiave nella nostra società e che sia diritto di ogni cittadino, garantito dalla Costituzione, quello di manifestare il proprio dissenso, in chiave pacifica e non violenta. Per vivere davvero in una società più libera e democratica
Biografia
3 Febbraio 2016
Nato a Bari nel 1960, Domenico Procacci, dopo essersi trasferito a Roma negli anni ottanta, dove frequenta la Scuola di cinema Gaumont, fonda nel 1989 la Fandango, oggi una delle case di produzione cinematografiche indipendenti più attive e innovative del nostro Paese. Una realtà molto dinamica, con sedi anche all’estero, che nel corso degli anni ha affiancato al suo core business anche altre attività: distribuzione cinematografica, editoria (Fandango Libri), discografia (Radio Fandango), web radio e tv, gestione di un caffé letterario nel centro di Roma. Si chiama Fandango Incontro (via dei Prefetti) ricavato in un palazzo storico della capitale e concepito come spazio per far incontrare e confrontare le varie forme d’arte. Molti i successi cinematografici prodotti da Fandango in oltre vent’anni di attività. Da La stazione (1990) di Sergio Rubini, a Radio Freccia (1998) di Luciano Ligabue, L’ultimo bacio (2001) di Gabriele Muccino, Le conseguenze dell’amore (2004) di Paolo Sorrentino, Gomorra (2008) di Matteo Garrone, Caos Calmo (2008) di Antonello Grimaldi, Mine Vaganti (2010) di Ferzan Ozpetek, La versione di Barney (2010) di Richard J. Lewis, La Passione (2010) di Carlo Mazzacurati, Habemus Papam (2011) di Nanni Moretti. Fra le ultime pellicole prodotte Gli sfiorati di Matteo Rovere, tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, socio Fandango insieme con altri noti scrittori del calibro di Alessandro Baricco, Carlo Lucarelli ed Edoardo Nesi, Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek, Diaz – Non pulire questo sangue di Daniele Vicari. Procacci, che ha fra le sue passioni quella per le macchine veloci, definisce la sua azienda una factory di talenti e, nello scegliere il nome da darle, si ispirò alla poetica dell’omonimo e celebre film del 1985 firmato dal regista Kevin Reynolds.