In Italia esistono 840 host, tra fattorie e aziende, disposte ad ospitare i wwoofer che vogliono sperimentare la vita della fattoria
Si chiamano WWOOFer e sono persone che, attraverso l’adesione a un’associazione, trascorrono del tempo in una fattoria biologica o in un ecovillage, condividendo la quotidianità rurale di chi li ospita. WWOOF è il nome del movimento mondiale che, da più di quarant’anni, mette in relazione volontari e progetti rurali naturali promuovendo esperienze basate su uno scambio di fiducia per contribuire a costruire una comunità globale sostenibile.
La nascita del Wwoofing e il suo significato
Il movimento nasce in Inghilterra nel 1971, quando una segretaria londinese, Sue Coppard, stanca della frenetica vita cittadina, decide di organizzare gruppi di lavoro nella campagna inglese. Il primo appuntamento, un weekend alla byo-dinamic farm dell’Emerson College nel Sussex, fu un successo e la formula weekend venne riproposta per qualche tempo, dando origine al Working Weekends on Organic Farms.
Con il tempo il significato dell’acronimo WWOF si è trasformato in Worldwide Opportunities on Organic Farming, per adattarsi alle nuove esigenze del movimento a cui, ben presto, il weekend e l’Inghilterra cominciarono a stare stretti.
Dove fare Wwoofing nel mondo
Oggi, infatti, i Wwoofer possono trascorrere presso le fattorie che li ospitano da pochi giorni fino a 6 mesi e il movimento conta nel mondo oltre 100.000 aderenti in più di 100 Paesi: con realtà enormi (Wwoof Australia: circa 1500 fattorie) o molto piccole (Wwoof Repubblica Ceca con circa 44 fattorie). Nel 2013 si è anche costituita la Federazione di Organizzazioni WWOOF (FoWO) cui ha aderito la gran parte (circa quaranta) delle associazioni nazionali – continua ad esistere anche l’Associazione internazionale (IWA) con pochi stati aderenti ma, di fatto, il sito della federazione è il principale riferimento internazionale per chi voglia avere informazioni sul movimento.
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Wwoof in Italia
Il Wwoof Italia, associazione di volontariato, presieduta dal 1998 dal livornese Claudio Pozzi (che è anche coordinatore della Rete semi rurali), coinvolge oltre realtà su tutto il territorio. Gli aspiranti Wwoofer in Italia, pagando la tessera associativa di 35 euro, possono accedere alla lista di host su tutto il territorio nazionale, contattare quello che sembra loro più congeniale e partire per vivere l’esperienza, aiutando nella gestione quotidiana della fattoria: dalla cura degli animali a quella delle piantagioni, dalle pulizie degli spazi comuni in casa al raccolto, fino all’apicoltura.
Gli host – dalla grande azienda biologica all’agriturismo, dall’azienda biologica a conduzione familiare alla casa in campagna con l’orto biologico, fino agli ecovillaggi – dal canto loro si registrano nel network per essere rintracciabili dai volontari e accettando i volontari in fattoria usufruiscono di un aiuto nello svolgimento di mansioni quotidiane. Ma non si tratta di un semplice scambio di lavoro per l’alloggio. L’idea di fondo è quella di mostrare agli ospiti che vivere in modo semplice e naturale è possibile, trasmettere nozioni sui vari metodi di coltivazione e spiegare loro il perché delle proprie scelte, di lavoro e di vita.
Secondo i dati forniti da Wwoof Italia oggi gli associati sono 5107 (rispetto ai 1044 del 2004), con una leggera maggioranza di donne 2794 contro 2313. Di questi, la maggior parte hanno un’età compresa tra i 20 e 40 anni (4087).
«Il movimento – spiega Pozzi – è molto cresciuto in questi anni. Noi di fatto, sia tramite gli host sia attraverso un invito alla attenta lettura delle motivazioni di chi vuole fare questa esperienza, cerchiamo di contenere la crescita esponenziale. L’importante non è la quantità di partecipanti ma la qualità dell’esperienza. Wwoof è in fase di maturazione: attraverso la crescita della rete di relazioni sul territorio, animata dai 40 coordinatori locali riesce a promuovere incontri, formazione e sostenere progetti virtuosi».
Una caratteristica peculiare del Wwoof è l’estrema varietà delle situazioni e delle persone coinvolte, i Wwoofers sono in genere giovani studenti, ma non mancano adulti che cercano esperienze per iniziare a vivere in campagna, pensionati, coppie con bambini.
«Capita – spiega Pozzi – che alcuni giovani decidano di avvicinarsi al wwoofing per viaggiare in modo economico e non c’è assolutamente nulla di male nel pensarlo. L’importante, però, è che siano consapevoli che il wwoofing implica il condividere lo stile di vita di chi li ospita. Quello che è davvero interessante è che, negli ultimi anni, capita sempre più spesso che i giovani che intraprendono una nuova attività agricola si siano formati proprio attraverso una lunga esperienza nel Wwoof».