Il potere delle immagini è più evocativo delle parole, soprattutto quando si parla di crisi climatica. Questo soggetto sarà al centro della Kermesse fotografica emiliana che, per il 2024, ha scelto il tema "La natura ama nascondersi"
Eraclito diceva: “la natura ama nascondersi” per spiegare quanto essa sia presente in ogni cosa del mondo. E in tempi in cui il Pianeta sta rischiando la propria sopravvivenza è un aforisma che fa pensare. Questo, infatti, il tema scelto dai curatori, l’editore Tim Clark, lo storico della fotografia Walter Guadagnini e la ricercatrice Luce Lebart, per la XIX edizione del prestigioso Festival Fotografia Europea che si tiene ogni anno a Reggio Emilia.
Festival Fotografia Europea 2024: il potere della natura per immagini
Dal 26 aprile al 9 giugno con un fitto programma di mostre, incontri, talk di approfondimento e letture portfolio, l’edizione invita a ripensare il rapporto tra natura e uomo per fare fronte alla attuale emergenza climatica.
Il festival diffuso per la città, tra eventi in programma e collaterali alla manifestazione nata nel 2006, toccherà diverse questioni. Dai diritti umani con lavori come la retrospettiva di Susan Meisalas, la fotografa americana membro della Magnum dal 1976. Intitolata Meditations ed esposta a Palazzo Magnani, la mostra racconta la prima insurrezione popolare in Nicaragua alla fine degli anni Settanta mettendo al centro le persone e la loro relazione con il territorio grazie ai suoi potenti scatti.
In programma focus su climate change ma anche su perfezione e bellezza
Il festival da anche molto spazio al racconto del pianeta che cambia: troviamo un esempio nel racconto di Arko Datto in mostra ai Chiostri di San Pietro. Un lavoro durato nove anni intorno al delta del Bengala, uno degli epicentri del cambiamento climatico.
Una regione dove l’innalzamento del livello del mare e il brusco innalzamento dei fiumi hanno sommerso molte isole della regione esponendo milioni di persone al rischio di diventare rifugiati climatici. Datto mappa fotograficamente la traiettoria degli sfollati, delle case distrutte, delle scuole crollate e dei paesaggi perduti a causa dell’erosione, dell’innalzamento del livello del mare e dell’attività ciclonica.
Qui, nelle sale cinquecentesche, ci saranno anche altre nove esposizioni, tra cui una collettiva intitolata Sky album. 150 years of capturing clouds. 150 opere – tra fotografie, album e libri – che spaziano dalle origini della fotografia agli albori delle immagini satellitari, la maggior parte delle quali tratte dalla collezione dell’Archive of Modern Conflict per celebrare la bellezza delle nuvole. Emozionante anche l’esposizione di Natalya Saprunova, la fotografa russo-francese che racconta la vastità dell’Artico e delle sue popolazioni indigene.
Da non perdere infine la mostra a Palazzo dei Musei, Zone di passaggio, a cura di Ilaria Campioli, che propone una riflessione sul buio e la notte, partendo da una produzione notturna di Luigi Ghirri sui luoghi “illuminati in maniera provvisoria, o gli spazi che vivono una loro discreta semioscurità e che solo temporaneamente diventano luminosi in maniera festosamente provvisoria”, così da lui definiti.
Se vuoi saperne di più sul programma di Festival Fotografia Europea, visita il sito ufficiale dell’evento