Wise Society : Destination duping: la nuova tendenza del turismo punta su mete meno costose e affollate

Destination duping: la nuova tendenza del turismo punta su mete meno costose e affollate

di Valentina Neri
8 Aprile 2024

Non c’è nulla di sostenibile nel turismo di massa, che rende invivibili territori che altrimenti sarebbero meravigliosi. Il destination duping è un trend che invita a riscoprire mete simili, ma meno inflazionate

Perché prenotare con mesi di anticipo un volo per Londra, se Liverpool offre decine di musei e gallerie d’arte a ingresso gratuito, un’atmosfera cosmopolita e dinamica e anche i luoghi simbolo della storia dei Beatles? Perché sgomitare per prendere il sole in un’affollatissima spiaggia di Santorini, se Paros è altrettanto incantevole in termini naturalistici e brulicante di vita notturna? Nei viaggi, la nuova tendenza si chiama destination duping: significa evitare le grandi mete del turismo di massa e prediligere destinazioni per certi versi simili ma, per ora, meno inflazionate. Un escamotage che può risultare virtuoso anche in termini di impatto ambientale.

paros in grecia

Paros, in Grecia – Foto di AXP Photography su Unsplash

L’enorme impatto ambientale (e non solo) dell’overtourism

La chiusura dei confini imposta dall’emergenza sanitaria, ormai, è soltanto uno sbiadito ricordo. Tant’è che nel 2023 l’Organizzazione mondiale del turismo ha registrato 1,3 miliardi di arrivi internazionali, l’88% rispetto ai livelli pre-pandemici. Il pieno recupero dovrebbe arrivare entro la fine del 2024.

Da un lato è una buona notizia, perché stiamo parlando di un settore che nel 2023 ha dato un contributo di 3.300 miliardi di dollari all’economia, rappresentando cioè circa il 3% del prodotto interno lordo (Pil) globale. Ma non è solo col denaro che si misura l’impatto sul mondo. Lo sa bene chi vive in una città attraversata dalle traiettorie del turismo di massa e dell’overtourism. Come Barcellona: 1,6 milioni di abitanti, 32 milioni di turisti all’anno, il porto più affollato in Europa dalle navi da crociera. Tant’è che sui muri si moltiplicano le scritte “tourist go home”. Senza bisogno di allontanarsi troppo, il comune di Venezia dal 2024 è stato costretto a introdurre un biglietto d’ingresso per i ponti e in alcuni fine settimana. Non c’è nulla di sostenibile, né a livello economico, né sociale né ambientale, nel sottoporre un territorio a una pressione sproporzionata rispetto alle sue dimensioni e alle sue risorse.

Overtourism

Foto di Elizeu Dias su Unsplash

La risposta del destination duping

Le amministrazioni locali possono al massimo introdurre limitazioni, sotto forma per esempio di biglietti d’ingresso, regole più severe sugli affitti brevi, tasse di soggiorno. Il destination duping invece ha un approccio propositivo e non punitivo: perché invita a continuare a viaggiare, ma cambiando meta. Scegliendo destinazioni più piccole, magari anche più vicine, che magari non hanno il nome altisonante di Londra o Barcellona ma hanno comunque molto da offrire in termini paesaggistici, culturali ed enogastronomici. In una parola, è un modo per diversificare.

I “cloni” delle destinazioni turistiche più famose (e affollate)

Perché destination duping? Perché dupe, in inglese, significa copia, duplicato. E vagando tra Instagram e TikTok ci si può imbattere nelle mete “clone” che stanno riscuotendo più successo soprattutto tra i giovani, tipicamente i più attenti all’ambiente e al portafogli. Abbiamo già citato Paros e Liverpool, “cloni” rispettivamente di Santorini e Londra, ma eccone altre:

  • Perth al posto di Sydney (Australia);
  • Palermo (Italia) al posto di Lisbona (Portogallo);
  • Pattaya al posto di Bangkok (Thailandia);
  • Lubiana (Slovenia) al posto di Venezia (Italia);
  • Memphis al posto di Nashville (Tennessee, Stati Uniti);
  • Gand al posto di Bruges (Belgio);
  • l’arcipelago di Palawan (Filippine) al posto delle Maldive;
  • Siviglia invece di Madrid (Spagna);
  • Girona invece di Barcellona (Spagna).

Valentina Neri

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