Wise Society : Le (pessime) condizioni dei treni regionali in Italia, descritte dal report Pendolaria di Legambiente

Le (pessime) condizioni dei treni regionali in Italia, descritte dal report Pendolaria di Legambiente

di Valentina Neri
6 Marzo 2024

Sono i mezzi più ecologici con cui raggiungere il lavoro o l’università, ma sono anche vecchi, sovraffollati, in ritardo. Soprattutto al sud e nelle isole. Lo testimoniano i dati raccolti da Legambiente nel report Pendolaria

Ritardi imprevedibili, sporcizia, convogli vecchi e sovraffollati, ore di viaggio per percorrere pochi chilometri. Per quei 5,7 milioni di italiani che ogni giorno si spostano in treno o in metropolitana per raggiungere la scuola, l’università o il luogo di lavoro, è questa la routine. Da anni, l’organizzazione ambientalista Legambiente fa da loro portavoce attraverso la campagna Pendolaria. Documentando, dati alla mano, tutte le inefficienze della nostra rete di treni regionali.

Treno in Italia

Foto Shutterstock

Quali sono le condizioni dei treni regionali italiani

Cominciamo dalle (poche) buone notizie. Dopo lo stop forzato dovuto alla pandemia, gli italiani hanno ricominciato a spostarsi e a farlo in treno, il mezzo più ecologico a disposizione. Trenitalia ha chiuso i primi dieci mesi del 2023 con il 20% di passeggeri in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Non bisogna immaginarsi necessariamente lunghi viaggi a bordo di un treno ad alta velocità, anzi: il 75-80% degli spostamenti non supera i 10 chilometri e più della metà del totale resta entro i 15 minuti. Insomma, si usa il treno per tratte che potrebbero essere coperte anche dai mezzi pubblici o dalla mobilità condivisa.

L’età media dei treni italiani supera i 15 anni

Sulla qualità dei viaggi in treno, però, c’è molto da dire. L’età media dei convogli in circolazione è di 15,8 anni: c’è stato un miglioramento rispetto ai 18,6 del 2016, ma resta piuttosto alta. Perché treni più vecchi sono anche più scomodi, malmessi e tendono a guastarsi più facilmente. Oltretutto, questa è una media: al nord l’età media dei treni è di “soli” 14,6 anni, mentre al sud si arriva a 18,1 con punte di 22,6 anni in Molise e 21,4 in Calabria. Va ancora peggio per le flotte in mano ad altri gestori, come Cotral nel Lazio (l’età media dei convogli supera i 32 anni) ed EAV in Campania (oltre 21 anni).

Le linee ferroviarie peggiori d’Italia

Sono quasi tutte al centro-sud anche le linee ferroviarie che Legambiente considera le peggiori d’Italia. Come la Roma-Lido, che collega Porta san Paolo e il mare di Ostia: poco più di venti chilometri che diventano un’odissea tra salti di corsa, stop al servizio e stazioni che da anni sono ferme allo stato di cantieri. Estenuanti anche le attese sulla Roma-Viterbo, tra corse soppresse (oltre 7mila nel 2023), biglietterie chiuse e barriere architettoniche.

Anche le ex linee Circumvesuviane, che servono centinaia di migliaia di abitanti di vari comuni attorno a Napoli, confermano la loro pessima fama. Per l’acquisto di nuovi convogli – annunciato ormai più di un anno fa dalla regione Campania – bisognerà aspettare, perché manca il materiale ferroviario e le commesse dunque sono in ritardo.

Nella linea Catania-Gela, la tratta Caltagirone-Gela è sospesa dal 2011 a causa del cedimento di un viadotto: i lavori sono iniziati nel 2022 e si dovrebbero concludere entro il 2026. Anche ammettendo che il progetto vada a buon fine nei tempi previsti, prevede solo l’ammodernamento, senza l’elettrificazione, il secondo binario né un aumento della velocità attuale (che si attesta sui 42 chilometri orari tra Catania e Caltagirone).

Poi ci sono la ferrovia Jonica in Calabria, la Genova-Acqui-Asti tra Liguria e Piemonte, la Ravenna-Bologna, la Verona-Rovigo, la Bari-Trani-Barletta, la Torino-Pinerolo. Nella poco invidiabile classifica delle linee peggiori d’Italia ce n’è anche una lombarda, la Milano-Mortara, che raccoglie ogni giorno migliaia di pendolari da Vigevano e Abbiategrasso ma tra Albairate e Mortara è ancora a singolo binario. Del raddoppio si parla da tempo, ma i costi sono lievitati a tal punto da rendere impossibile l’accesso ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Trasporti ferroviari, il divario nord-sud

Sfogliando le pagine del report Pendolaria, è impossibile non notare quanto i disagi si concentrino prevalentemente al sud e nelle isole. Emblematico il caso della Sicilia, la regione più estesa d’Italia. Su 1.490 chilometri di linee, 1.267 (l’85%) sono a binario unico e 689 (il 46,8%) non sono elettrificati. I tempi di percorrenza potrebbero scoraggiare anche l’ambientalista più accanito: per andare da Trapani e Ragusa bisogna cambiare quattro treni regionali, per un totale che (salvo ritardi) supera le 13 ore, contro le 4 ore e mezza del tragitto in auto.

“In Calabria e in Sicilia si continua a viaggiare e a spostarsi quasi come trenta anni fa”, puntualizzano Anna Parretta e Tommaso Castronovo, presidenti di Legambiente rispettivamente per la Calabria e per la Sicilia. “Circolano meno treni, i convogli sono mediamente più vecchi e si muovono su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate con tempi di percorrenza che li rendono poco competitivi rispetto al trasporto su gomma. In Calabria ed in Sicilia servono collegamenti più sicuri e frequenti con l’adeguamento delle linee anche ai fini dell’alta velocità, treni tecnologicamente avanzati, stazioni rinnovate ed accoglienti. Quello di cui abbiamo bisogno è il triplo degli investimenti programmati, già da diversi anni, per migliorare e ampliare l’offerta del servizio e il materiale rotabile oltre a informazioni puntuali nel rispetto dei diritti dei passeggeri”.

Treno in Sicilia

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Le priorità del governo: mobilità sostenibile o ponte sullo Stretto?

Considerate le condizioni in cui sono costretti a viaggiare gli abitanti (e i turisti) di Calabria e Sicilia, è ragionevole che la priorità per il governo in carica sia investire in una grande opera come il ponte sullo Stretto di Messina? Su questo tema, la posizione di Legambiente è molto netta.

Per la prima volta dal 2017, infatti, la legge di bilancio approvata a fine 2023 non prevede fondiper il trasporto rapido di massa, né per la ciclabilità e la mobilità dolce, né per il rifinanziamento del fondo destinato alla copertura del caro materiali per i progetti finanziati, in via di realizzazione e neanche per il fondo di progettazione. La priorità è appunto il ponte sullo Stretto di Messina, per cui è stata autorizzata una spesa complessiva di 11,63 miliardi di euro spalmati su nove anni. Un’opera contro la quale Legambiente si batte da tempo, sia per i suoi costi inusitati, sia per il suo impatto ambientale, sia perché non incide sulla quotidianità di chi in Calabria e Sicilia si sposta ogni giorno.

“Bisogna invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per il nostro Paese, a partire dal Mezzogiorno, finanziando le prioritarie infrastrutture: ossia nuove linee ferroviarie a doppio binario ed elettrificate, treni moderni, veloci, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, garantendo accessibilità e uno spostamento dignitoso e civile”, dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.

Valentina Neri

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