Emilio Rigatti, insegnante e scrittore-cult di viaggi in bici e in kayak, racconta la sua esperienza e la sua filosofia di “lentezza”, rigorosa ma non integralista
Vivere slow… quanto spesso si sente quest’espressione…Ma quanti la fanno propria davvero e la coniugano nella propria esperienza quotidiana? C’è chi ci riesce e, senza sbandierarlo ai quattro venti, lo fa trasparire dai propri racconti di vita e di viaggio. Come Emilio Rigatti, insegnante e scrittore, conosciuto anche per aver compiuto un viaggio in bici da Trieste a Istanbul attraverso i Balcani insieme al vignettista Francesco Tullio Altan e al giornalista e scrittore Paolo Rumiz. Un “pellegrinaggio a pedali” raccontato nel libro Tre Uomini in bicicletta.
Una persona slow che usa la bici per i suoi spostamenti casa-lavoro-tempo libero, ma anche per fare la spesa e altre commissioni. Wisesociety.it lo ha incontrato scoprendo che ha uno stile slow anche nel suo approccio col cibo.
Partiamo subito col sfatare un falso mito: lei l’auto ce l’ha, ma che rapporto ha con questo mezzo?
Beh, se solo compariamo i chilometri fatti complessivamente con le mie bici (ne ha quattro “tecniche” di diverso genere: da corsa, da viaggio, moutain bike, più una bici di affezione del periodo sudamericano – ndr) a quelli percorsi in auto, le due ruote battono le quattro almeno 3 a 1, considerando che percorro mediamente 8-10mila chilometri in un anno in sella e circa 3000 al volante. A questi vanno aggiunti gli spostamenti lunghi sfruttando l’intermodalità treno-bici e quelli percorsi, nel tempo libero, col kayak: un mezzo, quest’ultimo, con cui macino tanti chilometri e che rappresenta un altro modo di viaggiare, in grado di regalare forti sensazioni di avventura.
Posseggo un’utilitaria che è inguardabile tanto la trascuro. Me ne servo, tra l’altro, per spostare il kayak. Certamente è la Cenerentola dei mezzi di trasporto di casa Rigatti. Però valuto la sua utilità. Faccio un esempio: se ho amici a cena e devo fare una spesa grossa è inutile che faccia quattro viaggi al supermercato. Senza quattro ruote non sono stato mai: certo è che se, per una qualsiasi ragione, mi ritirassero la patente non ne soffrirei molto.
Raccontiamo un po’ la sua esperienza di slow tourer, ossia di viaggiatore in bici. C’è, e se sì qual è, il denominatore comune della sua esperienza di viaggiatore slow?
C’è un piacere del mezzo in sé, del vedere le cose, tipico di chi viaggia lentamente, dell’atmosfera che si coglie: e poi quando carico le borse e parto per un viaggio più lungo scatta quel senso di avventura unico, simile a quanto mi accade anche col kayak. Ma il fascino di muoversi in bici scatta anche, per esempio, quando vado a mangiare una pizza a dieci chilometri da casa, rincasando di sera: quella pedalata notturna ha un sapore particolare. Un altro denominatore comune è la sorpresa della variabilità, le sensazioni diverse anche su percorsi uguali.
Come nascono i suoi progetti di viaggio e cosa non manca mai nel tuo zaino?
L’idea nasce generalmente dall’attrazione verso un’area, da un desiderio, una suggestione. E può essere un viaggio di pochi giorni come di molti. Le cose che non mancano mai: il diario di viaggio, il registratore, un libro da leggere sufficientemente lungo per durare tutto il viaggio. E sorvolo sull’attrezzatura da ciclista perché è quella tipica di ogni cicloturista.
La sua esperienza di viaggiatore e di amante della bici la trasmetti anche ai suoi alunni. Com’è si è concretizzata l’idea di portarli in gita in sella e quali sono i riscontri che ha avuto?
L’idea è nata dal fatto che volevo condividere con loro il piacere che traggo personalmente dal muovermi in bici: ho iniziato 12 anni fa con il primo viaggio. Poi nel corso del tempo ho condiviso questa esperienza con centinaia di ragazzi. I riscontri sono decisamente positivi sia dai ragazzi sia dai genitori e l’altra cosa bella è che se ne ricordano per anni. E me l’hanno dimostrato e (continuano a farlo) anche con piccoli gesti: ciò significa che ho lasciato un segno in loro tanto quanto loro l’hanno lasciato in me.
In questi ultimi anni la bicicletta, in termini di vendite, sembra prevalere sull’auto. Pensa che il sorpasso sia dovuto solo a cause economiche o a un “risveglio ambientale”?
Non ho dati certi, ma posso dire, basandomi sulla mia esperienza quotidiana, che sulla ciclovia che percorro abitualmente rispetto a 10 anni fa il traffico di ciclisti è aumentato moltissimo. L’impressione personale è che qualcosa stia cambiando, anche se non sono eccessivamente ottimista. Non c’è ancora un’adozione di massa.
Oltre che di slow tour lei è anche un sostenitore del pensiero slow food, che unisce alimenti salubri e tipici?
Assolutamente sì. Tra l’altro, sono vegetariano e potenzialmente vegano-crudista. Ma nell’acquisto degli alimenti prediligo il “chilometro zero”, anche senza assolutismi. Ho letto molto sull’alimentazione, sto attento a ciò che mangio e anche alla sua provenienza.
Quale il prossimo viaggio o quello che sta pianificando di fare nel futuro?
Non so se riuscirò quest’anno, ma il mio desiderio è di “prendere” l’acqua danubiana, che da casa mia dista circa 50 chilometri, la Sava, e seguirla fino al Mar Nero, in 20-30 giorni. Un altro viaggio che mi piacerebbe è percorrere l’Alpe-Adria-Trail (www.alpe-adria-trail.com), che va da Grado a Salisburgo.