Dallo stress test Coronavirus diverse falle sulla connettività nazionale: solo 14 milioni i privilegiati con accesso a internet ultraveloce. Con Agostino Santoni, ceo italiano del colosso tecnologico Cisco, il punto della situazione e qualche proposta di exit strategy
In Italia la banda larga ultraveloce raggiunge solo il 24% della popolazione, quindi poco più di 14 milioni di persone, contro una media dei paesi dell’Unione Europea del 60%. Un gap digitale non da poco se si considera che la digitalizzazione, supportata da una connettività adeguata, può avere importanti ricadute sulla salute economica di un Paese e in generale sul benessere di un popolo. Per esempio, snellendo la burocrazia o consentendo a più persone e aziende di ricorrere allo smart working. O ancora, permettendo di sfruttare meglio la tecnologia per la scuola a distanza e la telemedicina o per ridurre l’inquinamento, grazie, per esempio, ai minori spostamenti necessari per raggiungere il posto di lavoro e al risparmio energetico derivante dall’ottimizzazione degli spazi fisici riservati agli uffici.
Un limite (ma, se ribaltiamo il punto di vista, anche un’opportunità) che l’emergenza Coronavirus ci sta mostrando in tutta la sua urgenza, purtroppo in circostanze tragiche per il tributo pesantissimo che stiamo pagando come Paese in termini di vite umane e di perdite economiche. Uno stato delle cose da cui, però, si può e si deve ripartire per costruire un’Italia migliore e più forte. Nell’intervista ad Agostino Santoni, amministratore delegato della filiale italiana di Cisco Systems, il colosso tecnologico che offre soluzioni avanzate legate al mondo di Internet, diversi spunti interessanti per scenari possibili e auspicabili per il nostro Paese.
L’Italia, rispetto a molti altri paesi Ue, è piuttosto indietro sul fronte internet veloce e l’emergenza Covid-19, col sovraccarico della rete dovuto al lockdown, ce lo sta dimostrando. Cosa si può e si deve fare?
Possiamo fare molto, continuando a stimolare gli investimenti nell’innovazione e nell’estensione delle infrastrutture di rete del Paese. Da quando l’Italia si è dotata di un’agenda digitale orientata al futuro sono stati fatti molti passi avanti e in particolare per quanto riguarda l’infrastruttura mobile abbiamo ottenuto una grande capillarità: ma il traffico dati su reti mobili ha bisogno di reti fisse capienti e di infrastrutture capaci di gestire in modo efficace l’incremento che ci aspetta con l’avvento del 5G e la diffusione di applicazioni sempre più “avide” di banda. In realtà l’esperienza di questi giorni, con l’improvviso picco di traffico generato da un aumento del lavoro da remoto, dalla didattica da remoto, dal consumo di contenuti ci insegna che ogni euro investito in reti di nuova generazione – quelle che noi chiamiamo l’internet del futuro – è un euro necessario e ben speso.
I benefici, d’altronde, possono essere molti…
Internet può dare benefici a 360 gradi e in questo momento in cui il nostro mondo si è dovuto richiudere e distanziare si è dimostrato un collante senza precedenti. Penso alle relazioni, alle esperienze che stiamo vedendo nascere in questo periodo intorno a un digitale utilizzato per creare alternative, continuità. Il nostro punto di osservazione in questo periodo è legato in particolare al fatto che abbiamo messo a disposizione nel quadro della “solidarietà digitale” la nostra piattaforma di collaborazione Cisco Webex come parte integrante di servizi a supporto delle aziende, della scuola e di chiunque ne avesse bisogno, lavorando anche con i nostri partner – da IBM a Apple. Abbiamo visto interi istituti attivarsi come classi virtuali, aziende che hanno potuto “scalare” lo smart working in azienda in modo immediato ma anche l’uso di queste tecnologie per consentire ai ricoverati delle Rsa piemontesi di incontrare virtualmente i loro parenti, l’uso nelle carceri dove eravamo presenti con le Networking Academy per sostituire i colloqui familiari
Riguardo lo smart working, i vantaggi sono svariati, e non solo per le aziende.
Non c’è dubbio che l’impatto del lavoro in remoto, agile, flessibile abbia conseguenze sull’ambiente. Uno dei motivi per cui inizialmente le aziende hanno adottato i sistemi di videoconferenza evoluta che Cisco ha cominciato a proporre circa quindici anni fa è stata la riduzione dei viaggi di lavoro – per evitarne i costi ma anche, sempre più, per contribuire a obiettivi di sostenibilità molto importanti.
In base alla sua esperienza, pensa che anche la produttività e, in generale, la soddisfazione delle persone crescano con lo smart working rispetto al lavoro tradizionale?
Assolutamente sì. Uno smart working vero, che si accompagna a un’adeguata cultura aziendale della relazione con i propri collaboratori – lavoro per obiettivi, rispetto dei tempi di vita, flessibilità, eccetera – è uno strumento che può aumentare il benessere delle persone e la capacità di equilibrare le esigenze personali e lavorative, quindi è una buona scelta: da fare anche fuori dall’emergenza che stiamo vivendo. Se guardo alla nostra esperienza specifica, siamo un’azienda che applica questa flessibilità e questa cultura da lungo tempo ed è un aspetto che incide sul benessere delle nostre persone, sicuramente contribuisce in modo importante al fatto che siamo stati per quattro anni consecutivi il “Best Place to Work” in Italia.
Le aziende già pronte per lo smart working stanno attutendo meglio il colpo assestato dal Coronavirus?
Molti nostri clienti che stavano usando tecnologie di collaboration hanno potuto servirsene per attivare rapidamente, ove possibile, strumenti per il lavoro da remoto su scala più ampia, e sicuramente avere questo tipo di strumenti e un’abitudine a usarlo è importante per continuare a mantenersi operativi in questo momento. Alcuni dati di traffico per la nostra piattaforma Webex possono dare le dimensioni di quanto sia grande l’impatto di questa opportunità. Il nostro ceo Chuck Robbins ha dichiarato che ci sono stati in marzo 5,5 miliardi di minuti di sessioni Webex – video, audio, chat. Dall’1 marzo poi abbiamo reso disponibile qui in Italia, come nel resto del mondo, la possibilità di iscriversi a una versione gratuita di Webex che offre funzionalità complete: a marzo, il nostro Paese, che è stato il primo ad adottare provvedimenti drastici, ha portato oltre il 20% delle registrazioni a livello mondiale.
Come Cisco come stato affrontando l’emergenza?
La stiamo affrontando con tutte le nostre forze con l’obiettivo di dare continuità e supporto ai nostri clienti in un momento che definire di disruption è poco. Il nostro personale, nel rispetto di quanto necessario per contenere la diffusione del virus e di tutto quello che è possibile fare per proteggere le persone, è operativo, è stato portato in smart working là dove non lo era; come ha spiegato il nostro ceo globale in una comunicazione rivolta a tutti i nostri clienti, Cisco nei mesi scorsi, osservando la situazione, aveva iniziato a prepararsi anche dal punto di vista della supply chain, della continuità di business – per garantirla a noi e quindi ai nostri clienti. Tutto questo senza perdere di vista le comunità che stanno affrontando questa prova molto dura, quindi moltiplicando gli sforzi per sostenere i paesi in cui operiamo, offrire aiuto per infrastrutture, donazioni.
Avete dato vita anche a progetti incrociati con altri grandi brand…
Sì, certo. Ci siamo posti l’obiettivo di essere abilitatori con le nostre tecnologie – in particolare le piattaforme di collaboration – di iniziative volte a dare risposta rapida, su larga scala, alle necessità di questo momento. Come sempre abbiamo creato una rete con i nostri partner e ci siamo posti l’obiettivo di creare insieme qualcosa di efficace. Con IBM e Apple, ad esempio, stiamo unendo le forze per aiutare le scuole ad attivare la didattica a distanza, collaborando con il personale, che fa formazione a chi adotta le tecnologie di collaboration, e con lo sforzo tecnologico. Con IBM abbiamo raggiunto circa 50.000 studenti con classi virtuali basate su Webex; con Apple e i suoi Distinguished Educators stiamo lavorando in scuole di ogni regione; siamo nell’iniziativa #lascuolacontinua, e per quanto riguarda le aziende, oltre all’impegno diretto dato dal fatto che abbiamo aperto i nostri strumenti di collaboration gratuitamente, siamo anche in altri progetti come Flexible Working, per aiutare le aziende che vogliono utilizzare lo smart working e che ha come capofila Var Group.