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Bitcoin: quanto ci costano a livello energetico?

di Antonino Caffo
23 Gennaio 2020

La moneta crittografata digitale, spingendo gli appassionati a tenere PC e server sempre accesi, ha un impatto ambientale non indifferente

Da anni è la moneta digitale di cui tutti parlano, non virtuale ma concreta, con cui si può persino acquistare automobili (come le Tesla) e appartamenti (anche a Roma). Eppure, in pochi conoscono il lato oscuro del Bitcoin, la cui popolarità è diventata talmente ampia da porsi all’attenzione di tutti, anche dei non addetti ai lavori. Come premessa, vale l’assunto secondo cui ogni ambito della tecnologia è legato in qualche modo al consumo di elettricità. Persino le auto a motore ibrido o full electric devono succhiare energia da una presa di corrente per ricaricarsi. Certo, questa energia può essere prodotta da fonti rinnovabili, e quindi di fatto portare la mobilità urbana ad essere per il 100% green ma non è ancora così, non dappertutto, e non lo è per nulla quando si parla di “mining” di Bitcoin.

QUANTO CI COSTA IL BITCOIN – Infatti non è un segreto che l’estrazione, ossia l’insieme delle operazioni matematiche che un computer o un gruppo di computer (server) compiono per risolvere equazioni e creare Bitcoin, sia parecchio dispendiosa, dal punto di vista energetico. Di fatto, il Bitcoin consuma una grande quantità di energia in cambio di una quantità fissa di moneta per la convalida di ciascun blocco che viene aggiunto alla rete globale, alla blockchain, che compone la valute (e che presto si esaurirà, perché i Bitcoin hanno una disponibilità massima oltre cui non possono andare). Man mano che il network cresce di dimensioni, maggiore è l’elettricità necessaria per alimentare l’operazione. A conti fatti, il Bitcoin come rete è cresciuto talmente da toccare un picco pari al 4% della fornitura globale di corrente. La media è decisamente più bassa, circa lo 0,25% mondiale, non poco. Si, perché un report di luglio 2019 evidenziava come, in termini pratici, si stia parlando di quanto consuma tutta la Svizzera in un anno: 58,46 i terawattora dei cugini europei su 12 mesi, 58,93 terawattora per il “paese” Bitcoin. Dal grafico di Digiconomist ci si rende conto di come, dopo un 2019 in discesa, l’anno appena cominciato potrebbe assistere ad un ulteriore boom della moneta, quindi del consumo ad essa connesso.

L’insieme delle operazioni matematiche che un server compie per creare Bitcoin è parecchio dispendiosa dal punto di vista energetico, foto: iStock

COME FUNZIONA IL MINING – Il mining di Bitcoin è un processo complesso chiamato “proof-of-work”. Per garantire la produzione, si usa un software per computer che deve validare certe operazioni matematiche, al fine di aggiungere dei blocchi alla catena globale di tutti i Bitcoin, organizzata in una blockchain. Col passare del tempo, la difficoltà del mining cresce, perché diventano più complesse le operazioni necessarie a produrre nuovi soldi, e ciò porta la tecnologia necessaria all’estrazione a diventare più costosa, perché maggiormente potente.

All’inizio, il mining era semplice e possibile su qualsiasi computer dotato di un processore (una CPU) di media fascia. Successivamente, i “minatori” si sono rivolti alle GPU, ossia a processori grafici dedicati, oggi molto in voga tra i videogiocatori ma anche tra gli appassionati di criptomonete appunto, e alla fine, il trend è cresciuto così tanto da accelerare la produzione di computer speciali, progettati specificamente per il mining e di “farm”, ossia di data center, piccoli o grandi, dove affittare potenza computazionale per i coin. Ci si rende conto di quanto il panorama energetico relativo sia aumentato esponenzialmente, nel giro di pochissimo tempo. E man mano che Bitcoin si ridimensiona, aumenta anche il requisito per un approvvigionamento energetico sempre maggiore.

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L’andamento del consumo energetico dei Bitcoin previsto per il 2020 comparato con quello dello scorso anno secondo le stime di Digiconomist

NUOVI MODELLI DI CONSUMO – Certo è che il consolidamento della tecnologia dimostra che il Bitcoin è qui per rimanere, con costanti alte e basse, ma c’è la possibilità che si stabilisca fino a diventare un nuovo pilastro dell’economia moderna. E se così sarà, deve anche far meno paura in quanto a richieste energetiche. Basti pensare che i televisori occupano tra il 5% e l’8% della fornitura globale di elettricità residenziale e spesso ce n’è più di uno per famiglia, dunque saliamo ancora un po’. Qualcuno si scandalizza per tale consumo? No, perché il TV è considerato parte integrante della nostra quotidianità; eppure i Bitcoin potrebbero divenire altrettanto presenti.

MOLTE PAURE POCHE CERTEZZE – In termini di adozione globale, secondo gli analisti bisognerebbe arrivare fino al 2043 per vedere il 50% della popolazione mondiale usare il Bitcoin. Oggi sono 4 miliardi gli utenti di internet, il 53% di tutti gli abitanti del pianeta; insomma se la criptovaluta è indissolubilmente legata alla fruizione di una connessione beh, allora è evidente che dovrà prima affermarsi questa e poi, eventualmente, le funzionalità ad essa correlate, come il mining di una valuta. Di certo il Bitcoin ha ancora molta strada da fare per raggiungere uno status sociale, come TV o internet, ma visto quanto ci è costato, è difficile immaginare (e non vogliamo immaginare) che si tratti di qualcosa di effimero, che possa svanire da un momento all’altro.

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