Il nucleare è al centro di nuovi dibattiti, soprattutto legati al contenimento della crisi climatica. Abbiamo quindi pensato di rispondere a una domanda che si fanno in tanti: quanta energia produce una centrale nucleare?
Solo nel 2023 l’Italia ha utilizzato circa 23 miliardi di metri cubi di gas naturale per la produzione di energia elettrica. E, nonostante il dato sia in diminuzione rispetto all’anno precedente, resta comunque una cifra troppo alta e significativa in termini di emissioni di CO2. È anche per questo che in molti hanno pensato al nucleare come possibile alternativa, magari facendo ripartire quelli che sono gli ex impianti nucleari italiani, definitivamente dismessi da ormai più di trent’anni. In effetti l’energia nucleare rappresenta una delle fonti più efficienti e costanti di produzione elettrica a livello globale, e le centrali nucleari sono in grado di generare enormi quantità di energia con un impatto relativamente basso sulle emissioni di gas serra.
Sì, ma quanta energia produce una centrale nucleare concretamente? E quante centrali servirebbero in Italia per far diventare questo il modo principale di produrre energia elettrica nel nostro Paese? Analizziamo la situazione in questo articolo, rispondendo alla domanda e a tutti i dubbi che ne conseguono.
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Quanta energia produce una centrale nucleare?
È giusto premettere che la quantità di energia prodotta da una singola centrale nucleare dipende da diversi fattori, come la sua potenza e il tempo di funzionamento. Parlando di valori medi, però, possiamo dire che una centrale nucleare di grande potenza ha tipicamente una capacità di 1.000-1.500 MW (megawatt) per reattore. Se un reattore da 1.000 MW funziona a pieno regime per un anno, riesce a produrre circa 8,76 (terawattora) di energia elettrica. Una centrale con più reattori, come ad esempio due o quattro, può dunque generare tra i 20 e i 40 TMh all’anno, a seconda della sua configurazione.
Sì, ma… quindi? Cosa significa tutto questo in soldoni? Per capire se questa quantità di energia sia tanto o poco, conviene fare un rapido confronto con la produzione di energia elettrica più comune e classica, ovvero da gas. Un impianto a gas di grande potenza, ad esempio, può avere una capacità di circa 400-600 MW per singolo generatore. Se funzionasse a pieno regime per un anno, produrrebbe tra i 3,5 e i 5,2 TWh di energia elettrica, un valore decisamente inferiore rispetto a quello di una centrale nucleare. Diciamo pure che, per produrre la stessa energia di una centrale nucleare con il gas naturale, ce ne vorrebbero miliardi di metri cubi.
Anche se un impianto a gas è generalmente più flessibile e può essere acceso o spento rapidamente, la centrale nucleare, con una produzione annuale di 20-40 TWh da più reattori, offre una maggiore capacità di generazione costante e meno impatti ambientali, dato che non emette gas serra durante il suo funzionamento. In questo modo, la produzione energetica di una centrale nucleare risulta significativamente maggiore rispetto a quella di un impianto a gas, il che contribuisce in maniera decisiva alla sicurezza e alla stabilità della rete elettrica.
Si tratta di dati interessanti, considerando che una sola centrale nucleare potrebbe fornire elettricità sufficiente per milioni di abitazione, e che anche altre fonti rinnovabili e sostenibili risultano meno vantaggiose del nucleare: con il solare o l’eolico, per esempio, servirebbero molti più impianti e una superficie molto più estesa per ottenere la stessa produzione costante. Dall’altro lato, ovviamente, rimane comunque il discorso relativo agli scarti del nucleare, le cosiddette scorie radioattive, un problema ambientale non da poco.
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Energia prodotta da centrale nucleare: cosa sapere
Parlare di energia nucleare porta spesso a fraintendimenti e ambiguità: è importante ricordare, infatti, che si fa sempre riferimento alla fissione nucleare, e non alla fusione nucleare. Ma qual è la differenza? Presto detto: nel processo di fissione, un atomo con un nucleo pesante si divide in nuclei più leggeri, liberando una grande quantità di energia. Al contrario, la fusione consiste nell’unione di atomi leggeri per formare nuclei più pesanti, con il rilascio di altrettanta energia.
Le centrali nucleari a fissione, ovvero le uniche esistenti al giorno d’oggi, impiegano reattori che sfruttano la fissione nucleare per generare energia: si tratta dell’unica tecnologia che permette di controllare l’energia prodotta dai nuclei atomici. Per quanto riguarda la fusione, invece, è un processo che richiede temperature così elevate che non esistono materiali in grado di contenere la reazione generata in modo sicuro. E, di conseguenza, oggi come oggi non esistono centrali nucleari a fusione operative nel mondo.
Oltre alla capacità di produzione energetica, quando si parla di nucleare è importante considerare l’efficienza e la durata delle centrali. Progettate per avere una vita operativa di circa 40-60 anni, con possibilità di estensione grazie a periodici interventi di manutenzione e aggiornamento, si rivelano essere una scelta longeva, e non emettono nemmeno fumi inquinanti. Dall’altra parte, però, presentano lo svantaggio di produrre scorie radioattive, che devono essere trattate e stoccate in modo sicuro a lungo termine.
Un’altra cosa da sapere riguardo all’energia prodotta dalle centrali nucleari riguarda il processo di refrigerazione. Il calore generato dalle reazioni nucleari viene dissipato attraverso enormi torri di raffreddamento o scambiatori di calore, utilizzando acqua o aria, a seconda del design. Questo è un aspetto da tenere in considerazione per l’impatto ambientale, dal momento che richiede grandi quantità di acqua, tanto da poter avere impatti negativi sugli ecosistemi acquatici.
Ad ogni modo, è anche vero che le centrali nucleari possono produrre energia elettrica senza interruzioni, a differenza delle fonti rinnovabili come il solare o l’eolico che, invece, dipendono direttamente dalle condizioni climatiche. Questo le rende fondamentali per mantenere l’affidabilità e la stabilità della rete elettrica, soprattutto durante i periodi di picco della domanda.
Sebbene la gestione dei rifiuti radioattivi e la sicurezza siano aspetti critici su cui riflettere, le moderne tecnologie hanno ridotto notevolmente i rischi del nucleare e migliorato la gestione dei materiali.
Infine, la produzione di energia nucleare non produce emissioni dirette di CO2 durante il funzionamento, contribuendo così a ridurre l’impatto ambientale rispetto a centrali alimentate da combustibili fossili, come quelle a gas o carbone. Questo la rende una delle opzioni più promettenti nella lotta contro il cambiamento climatico.
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Quante centrali nucleari servirebbero in Italia
Ma se in Italia decidessimo di tornare a servirci del nucleare come fonte primaria di energia elettrica, quante centrali servirebbero? Per determinarlo con esattezza, dobbiamo analizzare diversi fattori, tra cui il fabbisogno energetico nazionale, il mix di fonti di energia messe in atto -rinnovabili, fossili, nucleare e così via- e la capacità di ciascuna centrale nucleare, nonché le politiche energetiche a livello nazionale.
Secondo i dati più recenti, oggi il consumo totale di energia elettrica in Italia è di circa 300 TWh all’anno. Possono esserci variazioni di anno in anno a seconda delle condizioni economiche e della domanda, ma in generale questo è il dato di riferimento.
Come già accennato in precedenza, una centrale nucleare di grande potenza con un reattore da 1.000 MW può produrre circa 8,76 TWh di energia all’anno se funziona a pieno regime per tutto l’anno. Questo è il caso di una centrale che opera con un’alta efficienza, senza interruzioni di alcun tipo. Perciò, se consideriamo una centrale nucleare che produce 8,76 TWh all’anno, possiamo fare il calcolo per soddisfare il fabbisogno di energia elettrica in Italia di 300 TWh all’anno.
Il risultato parla piuttosto chiaro: in Italia servirebbero circa 34 centrali nucleari di potenza simile a quella descritta, per soddisfare completamente il fabbisogno di energia elettrica del Paese solo servendosi del nucleare. Molte più di quelle attive fino all’87, che erano solo quattro e per un totale di sette reattori. Di certo rappresenterebbero un buon punto di partenza per la produzione di energia, ma non sarebbero nemmeno lontanamente sufficienti per sostenere appieno il Paese dal punto di vista dell’energia elettrica.
Ci sono anche delle altre considerazioni da fare, come per esempio la transizione energetica messa in atto dall’Italia negli ultimi tempi. Si sta cercando di aumentare sempre di più la quota di energia rinnovabile, come solare ed eolico, riducendo la dipendenza da fonti fossili e nucleari. Le politiche climatiche e ambientali influenzano quindi anche questa stima.
Dunque, le centrali nucleari non sarebbero l’unica fonte di energia. Per altro, il report pubblicato dall’European Environmnental Bureau ci spiega che, oggi come oggi, il nucleare non serve a decarbonizzare: questo processo può avvenire già per mezzo delle fonti rinnovabili, raggiungendo la cosiddetta neutralità climatica entro il 2040.
E bisogna anche tenere in considerazione che non sempre le centrali nucleari funzionano sempre a pieno regime, a causa di manutenzioni o altri fattori. Di conseguenza, la capacità di riserva deve essere tenuta in conto.
Se ancora non è stato fatto alcun passo in questa direzione, è perché i fattori da valutare sono tanti, i rischi del passato spaventano e, nonostante oggi si possa gestire tutto in modo nettamente migliore rispetto a un tempo, dopo il referendum del 1987 sono in molti a non vedere più il nucleare come una possibilità concreta e sicura. La gestione delle scorie radioattive e l’accettazione sociale sono argomenti ancora delicati e, sebbene sia stata riaperta la discussione negli ultimi anni, per ora non esistono progetti concreti di nuove centrali nel nostro Paese. Che sia un bene o un male, ognuno si faccia il proprio pensiero.