Wise Society : La mucillagine torna nell’Adriatico: come si forma e quali sono le responsabilità dell’uomo

La mucillagine torna nell’Adriatico: come si forma e quali sono le responsabilità dell’uomo

di Valentina Neri
29 Agosto 2024

Copre le acque del mare Adriatico ed è una sostanza naturale e di per sé innocua. Ma è anche figlia di due fenomeni molto umani: il riscaldamento globale e l’eutrofizzazione delle acque

Dopo aver prenotato con mesi di anticipo, aver fatto gli straordinari per non lasciare niente in sospeso al lavoro prima delle ferie, aver fatto le valigie e affrontato il traffico da bollino nero tipico del grande esodo, ecco finalmente il tanto agognato mare… ed è coperto da una disgustosa patina bianca. La mucillagine nell’estate del 2024 ha fatto il suo ritorno nelle coste italiane, in particolare nell’Adriatico, ed era talmente evidente da essere immortalata addirittura dai satelliti Sentinel-2 del programma europeo Copernicus. Ma cos’è di preciso la mucillagine? Dove e perché si crea? Nella sua formazione c’entrano in qualche modo le attività umane? Facciamo un po’ di chiarezza.

mucillagine in mare

Foto Lumiereist / Shutterstock

Cos’è la mucillagine

La mucillagine tecnicamente non è “inquinamento”, perché non è uno scarto di qualche attività industriale: al contrario, è una sostanza del tutto naturale. La generano direttamente in mare diversi organismi marini, principalmente alghe e batteri, ed è fatta quasi del tutto di acqua. Il resto (circa il 3% del suo volume) è costituito da polisaccaridi e proteine. Come sa bene chi si è imbattuto in questa sorpresa almeno una volta, il suo aspetto è piuttosto sgradevole: bianca, gelatinosa e viscosa, copre la superficie dell’acqua tanto da essere ribattezzata come “la neve del mare”.

Dove si forma

La mucillagine non è una novità, anzi: i primi avvistamenti nell’Alto Adriatico e nel Golfo di Trieste risalgono addirittura alla metà del 1.700. A partire dagli anni Ottanta è diventata una presenza comune soprattutto nelle coste venete, per poi diventare sempre più rara e meno evidente, salvo annate come – appunto – il 2024. Il mar Mediterraneo, d’altra parte, è un ecosistema ideale, perché la mucillagine si forma soprattutto in acque calde e tranquille, non soggette a violente mareggiate.

I danni in mare

Guardando questa sostanza filamentosa e tutt’altro che invitante, viene spontaneo immaginare che sia sconsigliato toccarla. In realtà, la mucillagine non costituisce un pericolo per la salute umana. C’è però la probabilità che concentri sostanze inquinanti presenti in mare, come idrocarburi, tensioattivi sintetici e pesticidi, oppure che sia associata a fioriture microalgali tossiche; ma quest’ultima è un’eventualità davvero rara, sottolinea Arpa Campania.

Piuttosto, a soffrire i danni più ingenti è il turismo, perché la voce corre in fretta ed è inevitabile che le località balneari funestate dalla mucillagine perdano attrattiva. Anche la pesca ne risente, perché questi filamenti bianchi restano attaccati alle reti come colla, rendendole inutilizzabili. Sommando questi due fattori, è evidente come l’impatto sia prevalentemente di tipo economico.

Mucillagine

Foto Shutterstock

Mucillagine: quali sono le responsabilità antropiche?

Abbiamo chiarito, dunque, che la mucillagine non è una sostanza artificiale. Ma ciò non significa che la specie umana sia esente da ogni responsabilità, anzi. Le acque, infatti, si prestano per la proliferazione della mucillagine innanzitutto quando sono calde; e purtroppo sappiamo bene come mari e oceani accumulino buona parte del riscaldamento globale.

Nel Mediterraneo, che è un mare chiuso, questo trend risulta ancora più evidente: proprio nell’agosto del 2024 la sua temperatura media superficiale ha toccato i 28,71 gradi, un record assoluto. Ed è stata proprio la nostra specie ad accelerare il riscaldamento globale, emettendo gigantesche quantità di gas serra in atmosfera.

Alghe e microalghe che producono la mucillagine, inoltre, crescono molto di più e molto più in fretta se le acque sono ricche di nutrienti, in particolare fosforo e azoto. Nel nord Italia, sottolinea Legambiente, la prima fonte di inquinamento da fosforo e azoto sono i campi agricoli e gli allevamenti intensivi. Basti pensare che le stalle del nord Italia ospitano oltre 4 milioni di bovini e 8 di suini, rispettivamente il 67 e il 90% del dato nazionale. Peccato però che nei campi si sversino enormi quantità di liquami zootecnici e si faccia ampio uso di fertilizzanti minerali. Nel 2024 si è venuta a creare la “tempesta perfetta”, perché le abbondanti piogge hanno trasportato queste sostanze dalle coltivazioni ai fiumi e, da lì, al mare.

Valentina Neri

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