Tecnicamente si chiama ipogonadismo. Ma con una dieta equilibrata, facendo esercizio e mantenendo una vita sessuale attiva, i livelli di testosterone possono tornare alla normalità
Etichettarla come la menopausa maschile sarebbe un errore. Ma se la fertilità può resistere anche molto più a lungo, non c’è nulla da obiettare affermando che anche negli uomini s’osserva una diminuzione dei livelli di testosterone, a partire dai quarant’anni. Nel gergo medico, la condizione ha un nome specifico: ipogonadismo a insorgenza tardiva o deficit androgenico. «Si tratta di un processo progressivo che porta gli uomini che raggiungono i settant’ anni ad avere approssimativamente un trenta per cento in meno di testosterone, l’ormone che ha il compito di mantenere il tono musculare, la massa ossea e la funzione sessuale», afferma Carlos Balmori, urologo del centro di medicina riproduttiva IVI di Madrid. Altri sintomi facilmente rilevabili sono la debolezza muscolare, la stanchezza, l’aumento di peso e la caduta dei capelli, anche se possono essere accompagnati da perdita di massa muscolare e da disturbi como l’osteoporosi e la osteopenia. «Il risultato che emerge consiste in una perdita complessiva della qualità di vita», prosegue lo specialista. Inoltre, molti uomini presentano la cosiddetta sindrome metabolica. La condizione, correlata all’ipogonadismo, è caratterizzata da sintomi e segni: quali l’obesità, l’iperglicemia, la presenza di elevati livelli di acido urico, l’ipertensione e l’ipercolesterolemia.
AFFRONTARE QUESTA NUOVA FASE DELLA SALUTE – Anche se l’ipogonadismo colpisce tutti gli uomini di una certa età – anche quelli che hanno subito l’asportazione di uno o di entrambi i testicoli – esistono alcune sane abitudini che possono essere sviluppate per mitigare i suoi effetti. «In alcuni casi attraverso una dieta equilibrata, facendo esercizio in modo controllato e mantenendo una vita sessuale attiva, i livelli di testosterone possono tornare alla normalità», aggiunge Daniela Galliano, direttrice del centro IVI di Roma. «I controlli preventivi sono molto importanti per controllare i livelli ormonali, del glucosio, del colesterolo e dell’acido urico. Attraverso un esame dettagliato dei pazienti aumentiamo l’efficacia di qualsiasi trattamento medico». Per quei pazienti che non possano ricostituire questo ormone in maniera naturale, «esistono trattamenti a base di testosterone, sia iniettabili che in gel», aggiunge Balmori. «Si tratta di una terapia ormonale sostitutiva non è nociva, sempre che venga realizzata sotto la supervisione medica e che non vengano superati i livelli stabiliti».
LA DISFUNZIONE ERETTILE PUO’ NASCONDERE PROBLEMI AL CUORE – Mentre per curare la disfunzione erettile, che può essere un’altra conseguenza del calo di testosterone maschile, esistono dei farmaci efficaci: i cosiddetti PDE5. Ma occorre fronteggiare il dilagare del mercato online, che spesso propina prodotti poco sicuri e di conseguenza da evitare. In questo caso abbandonare le sigarette è la prima raccomandazione utile. Ma la disfunzione erettile non va comunque sottovalutata, perché potrebbe essere la spia di altri problemi di salute. «Gli studi evidenziano un chiaro legame tra disfunzione erettile e cardiopatia ischemica – afferma Piero Montorsi, responsabile dell’unità operativa di cardiologia invasiva 2 del Centro Cardiologico Monzino -. Ogni paziente con disturbi della funzione erettile dovrebbe essere considerato come un potenziale paziente cardiopatico sino a prova contraria». Il problema è che gli uomini non lo sanno. Chi soffre di disturbi erettili, soprattutto se è giovane, in genere non ne parla né al medico di famiglia né tantomeno al cardiologo, e questo impedisce di identificare il rischio di futuri eventi cardiovascolari. A loro volta, i medici di famiglia o i cardiologi raramente affrontano il discorso con il paziente. Il silenzio, però, è nemico della prevenzione. «La disfunzione erettile, che interessa oltre 150 milioni di persone nel mondo e più del trenta per cento degli uomini dietà compresa tra 40 e 70 anni, è presente nella stragrande maggioranza delle vasculopatie conosciute e nel cinquanta per cento delle persone che soffrono di cardiopatia ischemica – prosegue l’esperto -. E ancora più evidente è la correlazione tra disfunzione erettile, diabete e cardiopatie: il disturbo erettile predice la malattia coronarica nei pazienti con diabete di tipo 2, e il grado di rischio cardiovascolare a cui si associa è proporzionale alla gravità e alla durata del disturbo erettile».
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