La Michael J. Fox Foundation, nata per volontà dell'attore malato dal 1991, ha siglato un accordo con Intel per il monitoraggio dei sintomi
Malattia cronica degenerativa. Così viene definita la malattia di Parkinson, solo erroneamente chiamata “morbo”. Tre parole che messe una vicina all’altra non danno, però, la misura della quotidianità dei malati di Parkinson e di chi si prende cura di loro. Della malattia di Parkinson, di cui non si parla mai abbastanza se non in occasione delle campagne di raccolta fondi, si è tornato a discutere quando Susan Schneider, la moglie di Robin Williams, suicidatosi lo scorso 11 agosto, ha rivelato che al marito era stata diagnosticata la malattia ma non era ancora pronto a condividere la notizia.
La diagnosi di Parkinson, infatti, è di quelle che può sconvolgere la vita. In particolare se è una diagnosi precoce. Ne sa qualcosa Michael J. Fox. All’attore canadese la malattia fu diagnosticata nel 1991 quando era ancora trentenne e all’apice della carriera che, cominciata con “Casa Keaton” era stata consacrata dalla trilogia di “Ritorno al futuro”. Fox, che rivelò pubblicamente di essere malato nel 1998, oggi è un 53enne impegnato in prima linea nella ricerca e nella lotta contro il Parkinson attraverso la “The Michael J. Fox Foundation”.
Tra le ultime iniziative della Fondazione c’è la partnership con la californiana Intel Corporation con l’obiettivo di utilizzare i dispositivi hi-tech indossabili che utilizzano la tecnologia dell’azienda (come smartphone e braccialetti) per il monitoraggio della malattia. «Le risposte sulla malattia sono dentro di noi – ha detto Fox a Usa Today in occasione della presentazione dell’accordo – . Abbiamo solo bisogno di trovare un modo per permettere agli esperti di entrare nel nostro cervello, sia letteralmente che figurativamente, per aiutarci a capirlo». Il modo migliore – secondo Fox, la Intel e i ricercatori che hanno già iniziato a utilizzare i dati raccolti – è monitorare tecnologicamente le manifestazioni della malattia che, come spiegano dal sito della Fondazione, «è una malattia che ti segue 24 ore al giorno, 7 giorni su 7». E i dispositivi, che negli Stati Uniti sono testati da volontari, riescono a catturare circa 300 dati al secondo, sviluppando un quadro preciso di andamento dei tremori, lentezza anche durante il sonno.
Come molte altre iniziative della Michael J. Fox Foundation, la piattaforma di ricerca che condivide i dati è ad accesso aperto per cui i ricercatori possono caricare i dati (protetti dalla privacy) dei loro studi e accedere a quelli altrui. «Questi monitoraggi – secondo il numero uno della Fondazione, Todd Sherer -potrebbero avere ripercussioni senza precedenti per lo sviluppo di farmaci per la diagnosi e il trattamento della malattia di Parkinson».