Wise Society : Tratturo magno, l’Abruzzo della Transumanza: 300.000 passi nell’antica tradizione pastorale

Tratturo magno, l’Abruzzo della Transumanza: 300.000 passi nell’antica tradizione pastorale

di Paola Greco
20 Marzo 2023

Un percorso che racconta una storia millenaria, fatta delle tradizioni, i riti, la resilienza di un intero popolo di pastori che, con le loro enormi greggi, ogni anno migravano in Puglia in cerca di pascoli e clima mite, per poi fare ritorno durante l’estate

Non si può parlare di Abruzzo senza parlare della transumanza. Lo sapeva bene Gabriele D’Annunzio che, profondamente legato alla sua terra, scrisse i versi immortali: “Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. (…) E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri.” In questo pugno di parole c’è già tutto. Il cammino nella natura selvatica, la fatica, la nostalgia, la storia. Dopo decenni di abbandono, oggi è possibile seguire i 300.000 passi che pastori e greggi muovevano dalle montagne abruzzesi fino alle pianure pugliesi, seguendo il cammino del Tratturo Magno. Non si tratta di un cammino tradizionale: è più un viaggio nella cultura pastorale abruzzese, durante il quale si celebra un rito protratto per millenni. Ma anche un viaggio nell’anima, durante il quale si rivive la fatica e la solitudine dei pastori e la difficoltà del cammino.

Transumanza in Abruzzo

Foto Shutterstock

Il Tratturo Magno: 10 tappe da L’Aquila a Foggia

Il Tratturo Magno è il più lungo e importante dei cinque Regi Tratturi che solcavano la parte orientale del Mezzogiorno, attraversato fino a mezzo secolo fa da circa 3 milioni di animali ogni anno. Un itinerario di circa 250 chilometri, che parte dal cuore dell’Abruzzo, per poi attraversare la costa molisana e parte di quella pugliese, fino a Foggia. È percorribile in 10 tappe, che variano dai 20 ai 40 chilometri giornalieri, per un totale di circa 300.000 passi.

Questa grande via erbosa sulla quale le greggi stagionalmente migravano, rappresenta uno straordinario corridoio ecologico fra il Parco del Gran Sasso e il Parco Regionale Sirente-Velino, ma anche una risorsa centrale per le economie pastorali delle comunità che hanno popolato questi territori nel corso dei millenni. Il percorso è caratterizzato dal paesaggio montano, delimitato a nord dal massiccio del Gran Sasso e a sud dalla catena del Sirente-Velino.

L’itinerario è stato faticosamente definito e ripristinato grazie allo studio, alla passione, al lavoro di decenni di Pierluigi Imperiale, dottore veterinario nonché uno dei massimi esperti di transumanza, venuto a mancare nell’estate 2022. È grazie a lui che oggi è possibile seguire le orme dei pastori abruzzesi e rivivere il loro ritmo lento, nella natura aspra e forte di questa regione. Il tracciato non è codificato ufficialmente, ma, grazie a “Tracturo 3000” – l’associazione voluta dal dottor Imperiale – è possibile scaricare la traccia digitale da waymarkedtrails.org, inserendo la sigla RTM (acronimo di Regio Tratturo Magno). Va inoltre sottolineato che, soprattutto verso la fine, non è percorribile interamente nel verde, in quanto alcuni tratti nel tempo sono stati convertiti in strade statali.

Da L’Aquila a Prata d’Ansidonia

Se il cammino “Tratturo Magno” è così suggestivo, è perché segue le tracce dei pastori, lungo i sentieri di intere esistenze scandite dalla necessità degli animali di nutrirsi e proteggersi dagli eccessi del clima.

  • L’Aquila

Il cammino comincia nel capoluogo abruzzese, L’Aquila: è qui infatti che, a partire dal XIII secolo, con la fondazione della città, il tratturo trovò il luogo di ritrovo annuale definitivo. I pastori convogliavano con i loro armenti davanti alla basilica di Santa Maria di Collemaggio, sorta al di fuori delle mura cittadine, la stessa chiesa in cui nel 1294 Pietro da Morrone venne eletto papa col nome di Celestino V: il papa del “gran rifiuto” che istituì proprio qui il “rito della perdonanza”.

Ma torniamo ai nostri pastori: le greggi scendevano dalla Majella, dal Gran Sasso e dal Velino-Sirente fin qui per intraprendere tutte insieme il viaggio verso sud, il 29 settembre, giorno della festa di San Michele Arcangelo (che in abruzzese si pronuncia “Micchele”), un santo a cui queste terre sono molto legate fin dai tempi dei bizantini. Ancora oggi, davanti alla Basilica è conservato il vasto sagrato erboso dedicato al raduno degli ovini. Gran parte del prestigio acquisito da L’Aquila, tra il XIV e il XV secolo, è dovuto alla pastorizia ed alla congregazione della Lana, con i cui proventi sono stati costruiti gran parte dei monumenti cittadini.

  • Prata d’Ansidonia

Dal capoluogo abruzzese, comincia il viaggio verso sud, fino ai paesi di Onna e San Gregorio e poi Prata d’Ansidonia, dove si trova la dogana, che dà il nome alla località: “ansarium” infatti in latino significa proprio “dazio”. Qui si trova il sito archeologico dell’antica città di Peltuinum, abitata dai Vestini e poi conquistata dai Romani, che sorgeva lungo la via Claudia Nova. Tra le rovine visibili spiccano i resti del teatro di età augustea, tratti di mura e un tempio forse dedicato ad Apollo.

Dalla piana di Navelli alla valle del Biferno, fino a Foggia

Si continua a percorrere la Via Claudia Nova, attraverso paesaggi straordinari che si aprono sull’Altopiano di Navelli, una delle più suggestive vallate abruzzesi, trapuntata da borghi in pietra, castelli e antiche chiese. Tra i tanti punti d’interesse, da ricordare, Navelli, la capitale dello zafferano, il prodotto più pregiato della regione, e Caporciano dove è possibile apprezzare la chiesa di Santa Maria dei Cintorelli: una struttura timidamente rinascimentale, semplice e isolata, magnetica e affascinante, facile da immaginare circondata dalle greggi durante una sosta, che qui si dissetavano e riparavano durante il faticoso cammino verso il sole pugliese.

  • Capestrano e Lanciano

Il viaggio continua verso la valle del Tirino per raggiungere Capestrano, il borgo divenuto famoso per il ritrovamento della statua del Guerriero di Capestrano (VI secolo a.C.) oggi conservata a Chieti. Si prosegue dunque verso la Val Pescara e ci si dirige verso Lanciano, cittadina situata sulle colline alle pendici della Majella, con un bel centro storico, ricco di piazze e monumenti storici. Da non perdere la chiesa di San Biagio, la più antica di tutta la città, fondata nel 1059.

  • Vasto e la costa dei trabocchi

Il Tratturo Magno si allunga quindi verso Vasto e la famosa Costa dei Trabocchi: questo è l’unico tratturo ad avere un tratto lungo la costa, gli altri si sviluppano tutti più nell’entroterra. Lungo questo tratto, all’altezza di Torino di Sangro, merita una sosta il Cimitero Militare Britannico, anche se non ha nulla a che fare con la transumanza. Posto su una collina in contrada Sentinella, custodisce le tombe di 2.617 militari britannici caduti nel corso del secondo conflitto mondiale, durante la battaglia per lo sfondamento della linea Gustav sul fiume Sangro, nel 1943.

Vasto è a pochi passi dal Molise, dove, dopo aver superato il litorale di Petacciato, si punta nuovamente all’interno, verso la valle del Biferno. Continuando verso sud si arriva a San Paolo Civitate. Da qui è consigliato proseguire il percorso utilizzando i mezzi pubblici, in quanto il tracciato del tratturo coincide con la SS16.

Il percorso finisce idealmente a Foggia, città della dogana, dove si trova l’Epitaffio, il monumento – uno dei più antichi della città – costruito nel 1651 sotto Filippo IV di Spagna, punto di arrivo di ben due tratturi, il Magno e quello che scendeva da Celano.

Trabocco in abruzzo

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“Cammino lungo il Tratturo Magno”: XVI edizione

Per rivivere appieno l’esperienza della transumanza è possibile anche partecipare al suggestivo evento organizzato dall’associazione “Tracturo 3000”, giunto alla XVI edizione.
Ogni anno, il 29 settembre, festa di San Michele Arcangelo, proprio come è stato per secoli, i camminatori si ritrovano insieme ad un gruppo di pastori con i loro cani e alcune greggi, davanti alla basilica di Collemaggio de L’Aquila per ripercorrere insieme una o tutte le tappe di questa incredibile tradizione. Un tempo scandito dai propri passi, all’unisono con quelli degli altri, e momenti di riposo, durante i quali si può assaporare la cena del pastore e vivere le notti della transumanza tra poesie lette al tramonto e canti popolari. Il cammino termina a Foggia l’8 ottobre.

La transumanza dei pastori d’Abruzzo: un po’ di storia

La natura prevalentemente montuosa dell’Abruzzo ha favorito, fin dall’antichità, lo sfruttamento pastorale di buona parte dei suoi territori. L‘allevamento ovino ha svolto un ruolo determinante per l’economia delle popolazioni abruzzesi lasciando un’impronta duratura su diversi aspetti storici, sociali e culturali della regione.

È qui che si è sviluppato il “sistema di pastorizia transumante” che consisteva nello spostamento stagionale delle greggi fra zone di pascolo complementari: quelle delle fresche montagne abruzzesi, sfruttate durante i mesi estivi, e i pascoli pianeggianti del Tavoliere delle Puglie, dove la vegetazione raggiungeva il suo massimo rigoglio durante i mesi invernali. In questo modo si riusciva a garantire pascoli abbondanti e clima mite per tutto l’anno: un moto di centinaia di pastori e migliaia di pecore, che si spostavano a piedi per centinaia di chilometri, che si ripeteva due volte l’anno.

La nascita dei Tratturi Regi

Il tragitto dei transumanti avveniva lungo una rete di larghe vie erbose chiamate “tratturi”. I percorsi venivano utilizzati già ai tempi dei Vestini cismontani sin dal VII secolo a.C.; l’asse viario venne poi consolidato nel 47 d.C. con la creazione della via Claudia Nova, ma fu il re Alfonso V d’Aragona, verso la metà del XV secolo, a regolamentare i percorsi della transumanza, individuando le cinque tratte principali, che per questo presero il nome di “Tratturi Regi”.

Tutta la rete di sentieri venne così ripristinata, fissando la larghezza dei cinque tratturi che partivano dall’Abruzzo a 60 passi napoletani, pari a circa 111 metri circa: abbastanza ampia da garantire il pascolo alle greggi in transito di migliaia di pecore senza danneggiare le colture attraversate. Il regno di Napoli era all’epoca il maggior produttore di lana d’Europa ed il sovrano aveva tutto l’interesse a rafforzare le vie della transumanza, tanto che istituì anche la Regia Dogana della Mena delle pecore di Puglia a cui i pastori versavano un obolo per il passaggio di ogni pecora. Questo garantiva al Regno la più ricca entrata fiscale, basti pensare che il capitano della dogana che gestiva l’enorme flusso di denaro era la figura più importante dopo il Re.

Lungo le vie della transumanza sorsero nel tempo centinaia di abbeveratoi, chiese rurali, cappelle, taverne, ponti ed i cosiddetti “riposi”, ampie zone strategiche allestite con fontanili, ricoveri e aree ombreggiate. Anche i castelli e torri di avvistamento disseminati lungo il cammino, soprattutto nella zona dell’Aquila, sorte in epoca longobarda e normanna con funzione difensiva, vennero successivamente adibite a punti di sorveglianza dei percorsi delle greggi. Era un viaggio lungo, molto duro e faticoso, sia per gli uomini che per gli animali.

Oggi la transumanza è quasi completamente scomparsa ed è stata riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel 2019, per aver modellato le relazioni tra comunità, animali ed ecosistemi, dando origine a riti, feste e pratiche sociali.

Paola Greco

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