Wise Society : Jonas Pietersteiner, studente di medicina e musicista: com’è cambiata la mia vita – in meglio – con l’impianto uditivo

Jonas Pietersteiner, studente di medicina e musicista: com’è cambiata la mia vita – in meglio – con l’impianto uditivo

di Paola Greco
4 Aprile 2024

Un concerto per la Giornata Mondiale dell’Udito, tenuto da artisti portatori di impianto cocleare, è stata l’occasione per conoscere e parlare con Jonas Pietersteiner, giovane studente di medicina, tenore e musicista, che a 11 anni ha perso l’udito all’orecchio sinistro

In occasione della Giornata Mondiale dell’Udito 2024, si è tenuto all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino il concerto “Sound Sensation – Musica senza Barriere”.
Il festival nasce nel 2022 da un’idea di MED-EL, leader nelle soluzioni impiantabili per l’udito e, arriva in Italia dopo il primo concerto a Vienna nel segno dell’inclusività e accessibilità. L’evento di quest’anno, reso concreto grazie alla partnership con la RAI, è stato la risposta all’invito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a concentrarsi sulla “necessità di garantire l’accesso ai servizi di cura dell’udito a tutti coloro che ne hanno bisogno, in quanto servizio sanitario essenziale”. Una richiesta di sensibilizzazione non scontata se si pensa che, a livello globale, oltre l’80% delle esigenze di cura dell’udito non viene ancora soddisfatto, spesso per percezioni errate, profondamente radicate nella società.

Sul palco di “Sound Sensation” tanti artisti portatori di impianto cocleare e impianto uditivo, provenienti da Italia, Austria, Finlandia, Germania e Portogallo, che hanno dato vita ad uno spettacolo dalle mille sfaccettature: dalla musica classica al folk rock, dalla danza ai balli latini, lo spettacolo ha portato sotto i riflettori il talento di questi musicisti, che non hanno rinunciato ai propri sogni, ma hanno sfidato e vinto la sordità, superando ogni difficoltà con grande resilienza. Abbiamo approfittato di questo importante evento per intervistare uno degli artisti che si sono esibiti: Jonas Pietersteiner, 23 anni, altoatesino, studia Medicina a Monaco, canto ed è musicista.

Jonas Pietersteiner

Jonas Pietersteiner al Med El Festival – Foto Paul-Pibernig

A quanti anni hai subito la perdita dell’udito e quali sono state le cause?

Avevo 11 anni, è cominciata con un’infezione dell’orecchio medio ma era un’infezione silenziosa, non avevo male, ho solo avvertito la fuoriuscita di secrezioni dall’orecchio. Ero in vacanza con i miei e tornati in Alto Adige siamo andati da un otorino che ha diagnosticato un colesteatoma, una forma di otite media cronica che si sviluppa con la formazione di una cisti nell’orecchio medio e nella mastoide, con tendenza espansiva e distruttiva sulle strutture circostanti.

Mi hanno operato e tolto una parte degli ossicoli dell’orecchio medio, operazione che ha causato la perdita dell’udito dall’orecchio sinistro. Dall’anno successivo mi hanno operato più volte per impiantarmi delle protesi, che purtroppo non hanno sortito l’effetto desiderato, fino a quando mi hanno trasferito a Innsbruck dove mi hanno proposto di ricorrere a un impianto per l’orecchio medio SOUNDBRIDGE, creato per persone affette da perdita uditiva neurosensoriale da lieve a grave, oppure da perdita uditiva trasmissiva o mista. L’audio processore posto esternamente capta i suoni e li invia all’impianto. L’impianto trasforma queste onde sonore in vibrazioni meccaniche, che stimolano la coclea. Questa, proprio come farebbe naturalmente l’orecchio, invia i segnali acustici al cervello, dove vengono percepiti come suoni.

La componente esterna è visibile e questo per molti è un grande deterrente, ma avevo ormai 20 anni, il comune apparecchio acustico non mi permetteva di vivere appieno la mia passione per il canto e la musica e così non ho esitato a sottopormi all’intervento. Sono molto felice di questa decisione perché ha comportato un cambio molto importante della mia vita. Dopo l’attivazione dell’impianto, la mia vita è diventata più facile in molti modi: sia per quanto riguarda la musica ed il canto, perché l’intonazione è improvvisamente migliorata moltissimo, sia nella vita di tutti i giorni.

Com’è cambiata la tua vita nei lunghi anni in cui avevi perso l’udito?

Io sentivo al 20% dall’orecchio sinistro, quindi quasi niente, ma all’inizio non mi sono reso conto fino in fondo di questa perdita perché comunque compensavo con l’orecchio destro, con cui ho sempre sentito molto bene. Quindi non è stato un evento traumatico lì per lì, anche perché i bambini hanno grandi capacità di adattamento. Col passare del tempo però sono aumentate le situazioni in cui era molto difficile sentire, magari quando guardavo la televisione o in ambienti molto rumorosi.

Ero portato a chiedere spesso di ripetere ai miei interlocutori, ai miei amici, e magari non avevo voglia di dover spiegare sempre il perché di quelle continue richieste. E questo era molto frustrante e stressante, sia per me, che per le persone con cui mi interfacciavo. Oggi mi rendo conto che i tabù che ci sono intorno alla perdita dell’udito sono tanti, ma invece è molto importante parlarne perché oltre ad essere una malattia di per sé, può essere anche causa di depressione. Ho capito davvero quello che mi ero perso quando mi hanno attivato l’impianto… è stato un effetto “wow” per me! ho subito capito che per tutti quegli anni non avevo sentito il mondo così com’è.

Come si è arrivati alla decisione di posizionare l’impianto per l’orecchio medio?

Non è una decisione che si prende a cuor leggero: bisogna prima provare ad indossare l’apparecchio acustico, perché se questo funziona, non si procede con l’intervento. Ed effettivamente sarebbe potuto essere un risultato accettabile anche per me, ma, facendo musica, l’apparecchio non garantiva un suono sufficientemente pulito, anzi lo dovevo togliere mentre suonavo, perché produceva interferenze fastidiose. Solo a questo punto mi hanno proposto di impiantare il “VIBRANT SOUNDBRIDGE” della MED-EL; ho avuto anche l’opportunità di parlare con una persona che fa musica che ha lo stesso impianto e per me è stato subito chiaro che avrei voluto provare anche questa strada. Era la prima volta che potevo decidere da solo, senza dover avere il permesso dai miei, perché ormai ero maggiorenne, e mi sono reso conto di non essere spaventato dall’operazione perché per me era davvero importante tornare a sentire bene.

Dopo l’intervento, ci vogliono circa 8 settimane per attivare l’impianto. Io ho dovuto attendere di più perché è coinciso col periodo del Covid, ma, quando finalmente me lo hanno attivato, è stata una sensazione fantastica, ero molto felice. Poi è stato comunque necessario del tempo per la riabilitazione, ma tutto è andato per il meglio.

La musica faceva parte della tua vita fin da prima. Cosa ha rappresentato e rappresenta per te?

Suono il corno da quando avevo 7 anni, poi a 11 ho cominciato con la chitarra ed infine a 14 anni ho iniziato a prendere lezioni di piano. Oltre alla musica, la mia grande passione è sempre stata il canto, sono un tenore, e in questo ho avuto i problemi più grossi perché era difficile e molto faticoso essere intonato, e spesso non ci riuscivo proprio, perché se l’udito non è perfetto non si avverte di non essere intonati. Dovevo porre tanta attenzione nell’ascolto e spesso era molto sconfortante. Ma la musica era il mio rifugio anche quando non sentivo molto, e non ho mai pensato di smettere, perché è grazie a lei che non ho mai perso la speranza, nonostante la mia perdita uditiva.
È per questo che oggi per me esibirmi sul palco è un gesto così importante, perchè vorrei essere di ispirazione per le persone con ipoacusia in tutto il mondo e incoraggiarle a seguire le proprie passioni.

Oltre che musicista sei anche uno studente in Medicina: quanta influenza ha avuto il tuo vissuto personale in questa decisione?

La mia decisione di intraprendere gli studi in Medicina è stata abbastanza influenzata dalla mia esperienza personale. Volevo aiutare gli altri, soprattutto chi ha problemi di udito, tanto che ho già deciso che mi specializzerò in Otorinolaringoiatria. Io so cosa vuol dire sentire meno e avere problemi con l’udito. Ma soprattutto so che non è una barriera insormontabile. Anche il mio amore per il canto è stato una ulteriore spinta verso questa decisione.

Che medico pensi che sarai?

Sicuramente sarò un dottore empatico, spero che questo rapporto un po’ diverso con l’ipoacusia possa aiutare altre persone, dare coraggio, essere un esempio del fatto che c’è sempre una possibilità, una soluzione, che non bisogna mai perdere la speranza. È molto importante parlarne ed io penso di poter diventare un punto di riferimento per i miei pazienti, perché li comprendo. Mi piacerebbe iniziare con un’esperienza all’estero, ma poi vorrei venire a lavorare in Italia.

Pensi che, se la musica si introducesse in modo più creativo e attuale a scuola, potrebbe aiutare i giovanissimi a sviluppare nuove capacità/sensibilità?

La musica è molto importante per i bambini, perché se imparano ad amarla dà sollievo. Quando io canto mi sento in un mondo diverso, posso essere qualcun altro. La musica poi insegna la disciplina, ma è anche un modo incredibile per stringere amicizie e anche la creatività con la musica diventa molto importante perché senza creatività la musica diventa triste e monotona. Anche per me è stato così: la musica mi abbassa lo stress dovuto ai duri studi di medicina… non potrei mai immaginare la mia vita senza la musica.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è che la perdita dell’udito possa diventare una cosa di cui parlare senza tabù e che le persone capiscano che non è una barriera insormontabile, tanto che anche fare musica è possibile. Anche il concerto “Sound Sensation” in questo senso è stato molto importante per dimostrare che un altro modo è possibile, che esiste una cura ed è giusto superare la paura del pregiudizio verso la sordità per realizzare i propri sogni, o semplicemente per vivere il più serenamente possibile. Spero inoltre che la musica diventi più popolare tra i giovani perché è un linguaggio universale, ed ha il potere di trasmettere emozioni anche in chi non la capisce.


Paola Greco

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