All'interno del Festival degli Scrittori a Firenze, va in scena un recital a due voci con Jeremy Irons e Laura Morante. Da Machiavelli passando per Calvino, Bennet e Kundera, per riflettere sulla polica e il suo ruolo nella gestione della società
Nel 1513 Niccolò Machiavelli scrive Il Principe, uno dei testi di politica più importanti del Rinascimento italiano e non solo. Il libro del nobile letterato fiorentino è ispirato a Cesare Borgia, figlio del cardinale valenciano Rodrigo che divenne Papa nel 1492 con il nome di Alessandro VI. Per celebrare i 500 anni dell’opera dedicata all’analisi del potere, alle difficoltà di gestirlo soprattutto quando, come nel caso di Cesare, è un potere ereditato e non conquistato sul campo con il proprio impegno e l’applicazione di un pensiero virtuoso.
Considerazioni sul potere e la politica che nel corso dei secoli sono state riprese da molti altri scrittori e sono state lo spunto anche del recital Machiavelli & Co, curato dal regista Roberto Andò che va in scena al Cinema Odeon di Firenze il 13 giugno con due grandi interpreti Jeremy Irons e Laura Morante.
Lo spettacolo, all’interno del programma del Festival degli scrittori, è dedicato al pensiero politico partendo dall’omaggio a Niccolò Machiavelli per proseguire con testi letterari tout court di Italo Calvino, Milan Kundera, Alan Bennet e Vladimir Nabokov, autore quest’ultimo «Nella cui voce si ritrova una certa declinazione romanzesca della politica moderna come luogo privilegiato di finzione, o di una progressiva perdita di realtà» commenta Andò che sottolinea come nel corso dello spettacolo:
«Il testo di Machiavelli continui a dialogare con noi, sia che esso venga ricondotto con Berlin (Isaiah Berlin filosofo e politologo britannico, ndr), al dubbio sulla possibilità che si possa trovare una soluzione definitiva per il problema del come gli uomini debbano vivere, prototipo di un’idea pluralista e modello antitetico ai totalitarismi, sia che lo si voglia rileggere come una profezia di una rinascita civile attraverso la politica».
Attraverso le voci dei due attori si ripercorrono i pensieri di Calvino sui capi e sui meccanismi del potere, di Bennet, sul legame tra la narrativa e la politica e di come quest’ultima si nutra di parole e significati della letteratura e delle riflessioni di Kundera sull’imagologia, « Quella scienza che ha surrogato la politica dandole come alibi l’idea che non fosse affatto necessario un esito concreto di azioni a supporto delle proprie immagini vuote» conclude Andò.