Downshifting e decrescita sono concetti chiave per imparare e far propria l'arte della felicità. Ecco come riappropriarsi del presente e della propria vita
Godere del presente senza proiettarsi eccessivamente del futuro: è questo, in estrema sintesi, il pensiero centrale del downshifting, una filosofia che – in italiano – potremmo tradurre con “semplicità volontaria“. Quante volte avete stretto i denti e lavorato più duramente e intensamente col pensiero di godere, in un ipotetico futuro, dei frutti della vostra fatica? E quante volte, in realtà, siete riusciti ad apprezzare davvero quanto sperato? I ritmi di vita della società contemporanea ci fanno spesso entrare in un circolo vizioso in cui la promessa della “ricompensa” non viene mai esaudita, creando ansia e frustrazione. Quando questo accade, è arrivato il momento di rallentare e di riappropriarsi del proprio presente e della propria vita.
Cos’è il downshifting? Rallentare per vivere meglio
Cosa significa downshifting? Significa molte cose, in realtà: letteralmente potremmo tradurlo come “andare verso il basso“, ma metaforicamente potremmo intenderlo come “rallentare“. Perché, in fondo, si tratta proprio di non affannarsi, dedicando anzi a ogni attività il giusto tempo.
Mettere in pratica questo comportamento non è tuttavia così facile, soprattutto nella nostra società: il lavoro, la carriera, i guadagani, i consumi e, non da ultimo, la vetrina “imposta” dei social media ci impongono di andare avanti a tutti i costi. Ma quando si è tesi verso un obiettivo, semplicemente ci si dimentica di assaporare il presente e, quindi, di vivere. La vita contemporanea è inutilmente complicata e – in estrema sintesi – downshifting significa, prima di tutto, semplificarla per guadagnare tempo da dedicare a se stessi, alla famiglia, e agli amici.
Storia del downshifting: le origini della “decrescita”
La storia del downshifting in realtà è molto antica e l’arte di “godersi” il presente ha radici che si ritrovano anche nella filosofia greca. Il termine così come lo conosciamo oggi, tuttavia, appare solo a metà degli anni ’90 a opera del Trends Research Institute di New York. Il neologismo è poi entrato nella storia del costume quando il New Oxford Dictionary l’ha fatto suo, definendolo come “la scelta di uno stile di vita meno faticoso e più gratificante e di una maggiore disponibilità di tempo libero, attuata riducendo volontariamente il tempo e l’impegno dedicati all’attività professionale, con conseguente rinuncia a una carriera economicamente soddisfacente”
Ovviamente, downshifting non significa solo guadagnare di meno e oggi una definizione del genere è quanto meno riduttiva: oggi, infatti, a questo termine si associa spesso quello di decrescita.
Al recupero del concetto di lentezza e di tempo dilatato si aggiunge l’importanza di focalizzarsi sulle cose importanti e non sugli oggetti “da consumare”: decrescita, in fondo, significa approcciarsi a una visione olisitca della vita e dell’uomo, inteso come parte integrante della natura: sono questi i concetti che, insieme, contribuiscono a definire il downshifting nella sua totalità.
Downshifting e decrescita: perché rallentare ci rende felici?
Ma lasciamo da parte definizioni e querelle etimologiche e sociologiche per concentrarci sull’aspetto prati o che ci interessa maggiormente del downshifting: perché rallentare dovrebbe renderci felici? Tale corollario, inutile dirlo, è figlio del nostro tempo: in un mondo che guadagna per consumare subito dopo, ci siamo accorti a nostre spese che quest’equazione non porta necessariamente alla felicità.
La velocità della vita contemporanea, il lavoro che permea (quasi) ogni secondo della nostra vita e la teoria della crescita correlata alla produzione e al consumo hanno dato vita a un esercito di insoddisfatti cronici: abbiamo tutto, eppure qualcosa (che spesso non comprendiamo) manca all’appello. Dall’altro lato, chi non ha ciò che “impone” la società imputa proprio a questa mancanza la sua infelicità: eppure, una volta arrivato “in cima”, si ritrova al punto di partenza. Insoddisfatto.
L’emergenza Coronavirus e la quarantena hanno mostrato a molti che rallentare, in fondo, non è poi così male. Tanto che, terminato il periodo di lockdown, sono state molte le persone restiee a tornare alla “normalità”.
Come fare downshifting?
Cominciamo col dire che il downshifting è prima di tutto una scelta volontaria e, talvolta, significa fare scelte che non vengono “approvate” (o “giudicate” come pazzie) dai restanti membri della società.
Lasciare un contratto a tempo indeterminato per buttarsi in una nuova avventura, cambiare completamente vita e abbandonare il caos cittadino per la tranquillità della campagna o cancellare il proprio profilo dai social media sono solo alcuni modi con cui fare downshifting.
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Downshifting, in estrema sintesi, significa vivere con meno per eliminare il rapporto di dipendenza che spesso abbiamo con i consumi. Questo, in ultima istanza, ci porterà a risparmiare denaro da dedicare – magari – alle attività che ci rendono più felici o a lavorare di meno, perché abbiamo la possibilità di vivere, letteralmente, con meno.
Ecco, allora, qualche consiglio per rallentare e godersi la decrescita
- Rendi meno faticosa la tua vita, elimina il supefluo e godi di più del presente
- Guarda ai tuoi acquisti settimanali ed elimina quelli che non sono essenziali
- Ritorna ad apprezzare la lentezza, l’ozio e il tempo destrutturato
- Limita gli sprechi, utilizza ciò che hai invece di acquistare nuovi oggetti, ripara ciò che può essere aggiustato
- Spegni la TV e i dispositivi elettronici: riscopri la presenza degli altri (o di te stesso)
Per tutte le persone che fossero interessate al downshifting, si consiglia la lettura del libro “Downshifting. Come lavorare meno e godersi la vita” di John D. Drake.
E non possiamo che concludere con una citazione di José “Pepe” Mujica, ex presidente dell’Uruguay che, nel suo celebre discorso sulla felicità, disse: “Lo sviluppo non può andare contro la felicità, ma deve essere a favore della felicità umana, dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, delle cure ai figli, dell’avere amici, dell’avere il necessario”
Serena Fogli