Rosario Patané, 52 anni, è appena rientrato da 5 anni in barca a vela intorno al mondo: «La mia filosofia di vivere con poco si è rafforzata: c'è più felicità dove si vive con poco o nulla»
Almeno una volta nella vita tutti ci abbiamo pensato: mollare tutto e viaggiare in giro per il mondo portandoci dietro soltanto l’essenziale. Un modo estremo per fare “downshifting” e lasciarsi dietro stress, preoccupazioni e il logorio di una vita orientata al consumismo più sfrenato. Il 52enne Rosario Patané l’ha fatto davvero. Cinque anni fa, esattamente il 20 luglio 2010, ha salutato tutti, è salito a bordo dell’Andros, una barca a vela di poco meno di quindici metri che aveva pazientemente costruito negli anni precedenti, e ha preso il largo con l’intenzione di navigare per cinque anni intorno al mondo. Una “missione” compiuta, perché l’”Andros” insieme con il suo “capitano” ha fatto rientro al porto di Catania lo scorso 18 luglio, a meno di 48 ore dai cinque anni di viaggio che erano l’obiettivo di Patanè.
LE MOTIVAZIONI – «Sono partito con l’idea di liberarmi di tutto ciò che non mi serviva, di non rimanere schiacciato dagli oggetti inutili e del lavoro che, spesso, serve ad alimentare i meccanismi insani del consumismo», ha raccontato il “navigatore” al suo ritorno. «Non riuscivo mai a essere completamente soddisfatto della vita che facevo, non riuscivo a capire la necessità di dover accumulare oggetti che poi usavo molto raramente. Per questo ho cominciato a elaborare quest’idea del viaggio intorno al mondo», ha spiegato. Un’idea che ha avuto bisogno di diversi anni per la sua realizzazione. «Non sono mai stato legato ai beni di lusso. Con il mio lavoro di agente di commercio ho sempre guadagnato bene, ma al contrario di altri colleghi mi sono accontentato di un’utilitaria, non ho mai tenuto al polso orologi di lusso o indossato abiti firmati. Con quello che ho guadagnato ho costruito la barca, battezzata “Andros”, dall’unione della parte iniziale del nome di mio figlio Andrea e del mio, con la quale meditavo di fare questo giro ormai concluso», ha sottolineato.
IL BILANCIO – «Ho toccato 33 paesi, torno con la consapevolezza di non aver sprecato nemmeno un minuto di questi ultimi cinque anni. Ho realizzato che si vive meglio in quei luoghi dove lo sviluppo non è quasi arrivato: nelle isole Tuamoto della Polinesia francese o nell’arcipelago di Vanuatu, nell’Oceano Pacifico meridionale, dove le popolazioni dei villaggi tuttora non hanno l’acqua e la corrente elettrica, la gente è più felice. Purtroppo, però, anche in quei posti le cose stanno cambiando: c’è chi emigra per andare a cercare lavoro e, inevitabilmente, c’è la spinta a circondarsi di oggetti superflui, a cominciare da televisori e cellulari», riflette in navigatore che, però, a bordo del suo “Andros” ha voluto un frigorifero, un gruppo elettrogeno e le cabine per ospitare il figlio 22enne (che vive in Finlandia con la madre, ex moglie di Rosario) e gli amici che, nei cinque anni di viaggio, lo hanno raggiunto a bordo.
L’IMPORTANZA DELLE RELAZIONI – Vivere con poco non significa vivere da soli. Su questo concetto Rosario non ha dubbi. Quando l’Andros ha preso il largo nel 2010 con lui c’era Grazia, l’artista sua compagna, che però non ha retto l’impatto dell’allontanamento. «Le mancavano le lunghe chiacchierate con le amiche, il telefono, i piccoli comfort che in una barca non è possibile avere», spiega Rosario senza rammarico. A prendere il suo posto nel 2012 è stata la londinese Elizabeth. «Ci siamo conosciuti tramite il sito “Find a crew” che mette in contatto chi vuole imbarcarsi con chi cerca un equipaggio», racconta. Poi da cosa nasce e adesso Elizabeth è la compagna di Rosario.
IL FUTURO – «Dopo il giro del mondo sogno una piccola fattoria. Vorrei comprare un po’ di terra sull’Etna per coltivarla e allevarci degli animali, mi piacerebbe vivere dei frutti che mi darà. La mia filosofia di vita in questi anni, infatti, non è cambiata, semmai si è rafforzata», sottolinea. «Il mio invito per tutti è quello di lavorare un po’ di meno, accontentarsi di poco e spendere soltanto per le cose davvero utili. In questi anni sono riuscito a vivere spendendo meno di 1.000 euro al mese e, vi posso assicurare, che gli equipaggi francesi o dell’Europa del Nord che ho incontrato riuscivano ad arrangiarsi con molto meno».