Aiutare le persone a vivere meglio è uno dei compiti di un designer. Per questo il progettista svizzero crede nel rispetto per l'ambiente e le risorse e in un modo nuovo di sviluppare le idee
Yves Béhar è un industrial designer svizzero e fondatore di Fuseproject, un’agenzia di design con sede a San Francisco che si occupa di tecnologia, arredamento, sport, lifestyle e moda. Qualche esempio? Progetti come il primo computer portatile da 100 dollari, il «$100 XO laptop», con l’obiettivo di portare educazione e tecnologia ai bambini poveri del mondo. Altri progetti recenti includono una partnership con «Jawbone», una compagnia leader di telefonia mobile, un progetto di riciclo per Coca Cola e una nuova identità e strategia per la home page di Google. Ha ottenuto più di 150 premi e is suoi lavori sono presenti come collezioni permanenti all’interno di alcuni musei, come il Musée Nationale d’Art Moderne/Centre Pompidou, il MOMA di New York, the Munich Museum of Applied Arts e il Chicago Art Institute. Collabora regolarmente con la casa dei cristalli austriaca Swarovski.
Qual è il ruolo che un designer può avere nella società?
Essere un designer oggi significa avere più ruoli. Significa essere innanzitutto un supporto per le necessità della vita quotidiana delle persone e saper anticipare le cose del futuro, soprattutto quelle che possono aiutare a vivere meglio. La sostenibilità è una di queste.
Lei ha scelto di vivere negli Stati Uniti e più precisamente a San Francisco. Quanto l’ambiente circostante può essere d’aiuto nello sviluppare le idee e la creatività?
L’ambiente in cui si vive è essenziale per poter rendere l’individuo in grado di esprimere se stesso e le proprie idee. Io vivo a San Francisco, un luogo ricco di tecnologia e di rispetto per l’ambiente, del vivere sano e del mangiare in modo corretto. Sono molto influenzato da luoghi e persone, anche se il mio backgruond europeo mi fa sempre da filtro. Infine sono un attento osservatore dei cambiamenti del mondo e penso sempre a cosa possiamo fare noi per migliorarlo. A come possiamo partecipare a questo processo, insomma…
Attraverso il design, si possono aiutare i meno fortunati?
La cosiddetta Design Practice dovrebbe raggiungere chiunque. Perciò cerco di impegnarmi su progetti che servano alla gente. Anche i meno fortunati. In questo senso ho ideato e realizzato diversi progetti frutto di un design che è strumento di promozione sociale. Come i pc portatili a basso costo, One Laptop per Child e i preservativi distribuiti gratuitamente nella città di New York. Infine, l’ultimo progetto, Verien: un paio di occhiali in plastica destinati a correggere i problemi visivi dei bambini messicani. Gli occhiali, prodotti da un’azienda ottica locale, la Augen, sono finanziati dal governo messicano e saranno distributi gratuitamente (400 milasolo nel 2010) per facilitare il rendimento scolastico delle centinaia di migliaia di studenti che nel Paese hanno un deficit di apprendimento proprio a causa dei difetti alla vista.
Quali sono i suoi obiettivi per il futuro?
Occorre cominciare a considerare il concetto della sostenibilità non come un limite ma come un’opportunità, anche per riuscire a fare le cose in modo diverso. In altre parole, biosgna cominciare a trovare un modo di pensare differente. Un cambiamento in meglio, più divertente e più creativo.