Rispettare l'ambiente non basta per costruire città davvero a misura d’uomo e adatte a tutti. Bisogna utilizzare anche una nuova disciplina: l'ergonomia
Una città sostenibile e insieme ergonomica, capace cioè di rispondere davvero alle esigenze di tutti i diversi abitanti con strutture e spazi adeguati. È la città “ergosostenibile” quella che risponde meglio al concetto di sostenibilità urbana e che sta prendendo forma dall’attività di ricerca di un gruppo interdisciplinare di professionisti riuniti in due associazioni di Roma: Integronomia (che studia le ripercussioni dell’ambiente costruito e naturale sull’essere umano con particolare attenzione ai bambini in età scolare), e Aidia (Associazione italiana donne ingegneri e architetti). Il principio di partenza è semplice: esiste una connessione stretta fra benessere psicofisico, salubrità dell’ambiente costruito e massima fruibilità degli spazi e delle attrezzature della città da parte di tutti gli utenti, dall’anziano al bambino, al disabile. E, per questo, serve un progetto ad hoc.
Una nuova filosofia
La strada per costruire la città “ergosostenibile” passa, quindi, da una nuova filosofia di progettazione, come spiega Sonia Marino, architetto e presidente di Aidia Roma. «Si tratta di un approccio metodologico che unisce proprio due discipline, sostenibilità ed ergonomia, quest’ultima nata nel mondo del lavoro che ora si è evoluta e si adatta a studiare ambienti e utensili con cui l’uomo ha a che fare per migliorare la qualità della vita. Che senso ha progettare un ambiente, dalla casa alla città, senza che questo sia oltre che sostenibile anche ergonomico?”. Un quartiere o un centro urbano possono essere sostenibili, cioè costruiti a regola d’arte per limitare il più possibile l’impatto sull’ambiente circostante, ma non essere altrettanto adeguati per l’utilizzo da parte dei propri cittadini, che di questo tipo di progettazione sono chiamati a essere protagonisti. La città ergosostenibile è sinonimo di accessibile, fruibile, confortevole, sicuro, piacevole, salubre, a risparmio energetico, di facile manutenzione e progettata in modo partecipato dai suoi abitanti, ma anche di autocostruzione e autoricostruzione del patrimonio edilizio esistente secondo criteri innovativi, promozione di modi diversi di abitare (come il cohousing) e recupero di valori di solidarietà collettiva.
«La sostenibilità guarda principalmente alla salvaguardia di risorse come l’acqua, l’energia e il rapporto con ambiente e paesaggio, l’ergonomia si rivolge più alla qualità dell’utilizzo dello spazio», aggiunge Sonia Marino. A scala urbana questo si traduce, per esempio, nello studio accurato dei percorsi, nella dotazione di spazi collettivi sicuri e attrezzati o nella disposizione attenta di alcune tipologie di arredo. «Pensiamo agli spazi per il gioco dei bambini. La giusta disposizione delle attrezzature è importante: uno scivolo con un cattivo orientamento rispetto al sole può creare fenomeni di abbagliamento e danneggiare il piccolo che lo usa», dice ancora l’architetto.
L’importante è partecipare
La città ergosostenibile è un’idea in corso di definizione che sta muovendo i suoi primi passi, lo stimolo arriva dalle esperienze più avanzate in questa direzione in Italia e in Europa. Spiccano fra gli altri il progetto “Coriandoline”, che ha portato nel 2008 all’inaugurazione del nuovo quartiere omonimo a Correggio (RE), frutto di una progettazione partecipata che ha coinvolto 700 bambini delle scuole materne di Correggio e Rio Saliceto, realizzato dalla locale Andria Cooperativa di Abitanti, e il rinnovamento avviato dalla città di Bristol, in Gran Bretagna, dove l’amministrazione pubblica ha affiancato alla dotazione di sistemi di risparmio energetico e produzione di energia pulita il ridisegno degli spazi urbani e delle carreggiate, puntando su un utilizzo condiviso e a misura d’uomo. Tenendo ben presente una cosa: un modello da imitare, sempre e dovunque allo stesso modo, non ci sarà mai. Ogni città sarà un prodotto unico “su misura”.
«Migliorare la sostenibilità urbana attraverso questo nuovo tipo di città è frutto di una pianificazione globale: si parte dalla specificità del territorio e della comunità con una grande attenzione a integrare innovazione tecnologica, ricerca ecologica e preservazione estetica, non intesa però in modo statico», continua Marino. «Per realizzarla si potrà partire anche dal recupero degli edifici esistenti trasformati secondo nuove linee di progetto. Il filo conduttore è un approccio flessibile ai diversi modi di vivere lo spazio urbano e la casa, che risponde alle esigenze di utenti diversi non solo per fasce di età ma anche per l’appartenenza a gruppi sociali ed etnici». Certo, progettare in chiave ergosostenibile richiederà uno sforzo in più proprio ad architetti e urbanisti. «Nessuno possiede la verità rivelata e spesso chi progetta si basa esclusivamente sulla normativa, senza cercare di capire se il proprio modo di disegnare soddisfa le esigenze di chi abiterà effettivamente lo spazio e il luogo» conclude l’architetto. «Per questo la partecipazione dei cittadini alla progettazione è essenziale: stiamo lavorando proprio su questo punto con sociologi e psicologi per trovare l’approccio più adatto al raggiungimento del nostro obiettivo».