Wise Society : «L’architettura deve tornare a suscitare emozioni»
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«L’architettura deve tornare a suscitare emozioni»

di Andrea Ballocchi
3 Marzo 2015

Francesco Lipari, giovane professionista apprezzato nel mondo, porta avanti il concetto di architettura multidisciplinare e di una visione della città che torni a essere vissuta

Wunderbugs, installazione interattiva di Francesco LipariTra Borromini e Twitter, tra edifici e natura c’è una via di mezzo. Francesco Lipari, giovane architetto siciliano con studio a Roma, la definisce architettura multidisciplinare, ossia integrata con discipline parallele quali il cinema, la biologia, la pittura, la scultura e la letteratura. Una visione che porta avanti con OFL Architecture, di cui è fondatore, e che l’ha portato a vincere premi e ottenere riconoscimenti in tutto il mondo. Suo il Sainthorto, orto-giardino interattivo recentemente esposto al Moma di New York e al Maker Faire di Roma, evento nel quale gli sono stati conferiri otto “Maker Faire Merit” anche per il nuovo Wunderbugs, installazione interattiva in legno con sfere che riproducono ecosistemi in cui vivono insetti. Un profilo decisamente interessante per un architetto under 40 che può dire la sua in un contesto non certo facile: «Solo a Roma si contano più di 18mila architetti, quasi quanti in tutta la Francia». È a lui che wisesociety.it chiede come sia possibile conciliare il rapporto tra architettura e natura e quale sarà la città del futuro.

Da dove nasce l’idea di architettura multidisciplinare?

L’idea è venuta in parte dalla mia passione per l’architettura rinascimentale e barocca: sono un grande fan di Francesco Borromini, e di conseguenza di quella figura di architetto, che tratta di arte interessandosi pure della società. Una figura a tutto tondo, che si è un po’ persa nel corso degli anni e che noi, come studio, cerchiamo di recuperare. Puntiamo a introdurre un nuovo modello di sostenibilità, che abbia a che fare con l’empatia in grado di sviluppare con le persone. Questo percorso lo abbiamo avviato con Sainthorto, orto-giardino interattivo da innaffiare con un tweet, in cui confluiscono architettura, natura, didattica, musica e tecnologie social e implementato poi, addentrandoci nel campo della biologia, con Wunderbugs.

Sainthorto, orto-giardino interattivo di Francesco LipariCome è possibile conciliare architettura e natura?

Prendiamo gli esempi di Sainthorto e Wunderbugs: possiamo considerarli dei plug-in, capaci di esistere autonomamente, oppure sovrapporsi e ancorarsi a un’architettura già esistente: nel primo caso si possono installare sulle terrazze di un edificio privato, può diventare spazio pubblico o un tetto giardino, oppure, applicandole ad un sistema esistente, inserendo elementi capaci di bilanciare un’architettura alla quale manca un’anima. È un possibile rimedio allo squilibrio che scontano le nostre città, non più in grado di rispondere alle esigenze delle persone, lanciate in una corsa sfrenata verso la tecnologia. In questa direzione si è perso progressivamente il contatto con l’aspetto umano, recuperabile attraverso appunto architetture capaci di trasmettere emozioni all’interno della città, pensate e realizzate attorno e per l’uomo.

In tema di sostenibilità, su quali aspetti “bio” credi maggiormente?

Oltre a utilizzare materiali naturali e semplici, come il legno, o comunque a basso impatto ambientale, puntiamo particolarmente alla finalità empatica che l’architettura può avere con il fruitore andando a interpretare il più possibile le esigenze del cliente e realizzando uno spazio che gli si confà al 100%. In occasione di una recente mostra abbiamo proposto un nuovo modello di città del domani, con il progetto espositivo denominato “La Città emozionale”, dove entrano in gioco le storie raccontate dalle persone che a loro volta iniziano a far parte del loro spazio fisico. Mi piace questa visione immateriale dell’architettura, il fatto di poter svolgere una narrazione nuova, esperienziale della persona che percepisce l’architettura come qualcosa di profondamente personale e interattivo.

Qual è la tua visione di città del futuro e quali gli aspetti basilari?

Non esiste una ricetta generale per tutte le città. Ogni città non deve far altro che assicurare un’adeguata infrastruttura fisica che ci permetta di lasciare a casa le auto e valorizzare il suo patrimonio culturale e artistico. La città del futuro sarà quella dove i cittadini riusciranno ad essere veramente protagonisti, dove si esprima un’autentica sostenibilità che è somma delle esperienze e delle abitudini delle persone, al di là di qualsiasi discorso di risparmio energetico. In questo modo diventano preziose le “micro-infrastrutture”, ovvero gli stessi cittadini, che possono interagire con la città, anzi essere città, per esempio mediante l’uso corretto dei propri smartphone da utilizzare per trasferire esperienze e informazioni, creando una sorta di intelligenza collettiva utile alle amministrazioni locali. Solo così le città, specie quelle italiane, torneranno ad essere poli in grado anche di creare nuova cultura, competitive anche nella promozione dei prodotti del territorio, in maniera da creare identità culturali nuove e innovative.

Francesco LipariCome deve essere ripensato, invece, lo spazio abitativo?

Innanzitutto, la casa deve essere semplice nei suoi aspetti essenziali e progettata intorno alle esperienze dell’utente (mangiare, dormire ecc.), ma deve avere in sé anche elementi in grado di compensare squilibri emotivi e di malessere emozionale tipici del nostro momento storico come alienazione sociale e disperazione individuale. Per questo la immagino come un’esperienza in cui ritrovare l’intimità perduta, con spazi funzionali ed altri interamente dedicati alla musica, alla natura, dove la cultura possa entrarvi e generare una sorta di compensazione allo squilibrio vissuto all’esterno.

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