Wise Society : Catia Bastioli: il futuro è nella bioplastica
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Catia Bastioli: il futuro è nella bioplastica

di di Francesca Vercesi
11 Maggio 2010

Umbra, classe '57, è amministratore delegato della novarese Novamont. Ricercatrice e manager, ha ottenuto numerosi premi internazionali per le sue scoperte sui materiali biodegradabili a base di amido. Consapevolezza individuale e innovazione tecnologica: ecco cosa, secondo lei, ci salverà

Sede Novamont

Ridisegnare il futuro in nome della bioplastica: questo l’obiettivo di Novamont, l’azienda con la sede centrale a Novara e lo stabilimento produttivo a Terni, che già nel 2007 ha fatto dire addio alle buste di plastica non biodegradabili a favore di materiali derivati da prodotti agricoli. Tanto che a oggi, in Italia, la maggioranza dei sacchetti biodegradabili è realizzata con una speciale bioplastica targata Novamont, il Mater-Bi, che utilizza amidi e olii vegetali. Una scoperta innovativa, frutto di un lavoro ricerca che affonda le sue radici nella scuola di scienza dei materiali Montedison. Un gruppo che oggi è capofila di una filiera di 200 imprese che operano in campo ecologico e che ha appena deciso di investire 48 milioni di euro nel primo impianto al mondo che trasformerà vegetali e scarti in carburanti e nuovi materiali ecocompatibili. La centrale sorgerà a Caserta, in Campania. L’azienda dà lavoro a 173 dipendenti, 110 dei quali lavorano nella sede di Novara. Lo scorso anno ha destinato il 10% del fatturato a ricerca e innovazione, vale a dire 63,6 milioni di euro. La bioeconomia, la produzione con sistemi ecocompatibili e di prodotti che rispettano l’ambiente sembra proprio essere la strada obbligata per i prossimi anni. Un percorso che è stato affrontato da Novamont come azienda pilota a livello mondiale.

 

Catia Bastioli, amministratore delegato della NovamontL’ultimo arrivato è il Mater-Bi di seconda generazione ma state già lavorando a quello di terza, quarta e quinta. Puntando a incrementare l’utilizzo di materie prime agricole non in conflitto col cibo…

   

Esatto. Ed è proprio dal Mater-Bi di seconda generazione che discendono le ultime innovazioni. Dai pannolini eco-compatibili alle bustine per lo zucchero fino ai cucchiaini e alle coppette per i gelati. Tutti rigorosamente biodegradabili.


Le materie prime di origine agricola tornano dunque alla terra attraverso processi di biodegradazione o compostaggio senza il rilascio di sostanze inquinanti. Così, il connubio tra agricoltura e chimica, tanto caro a Gardini, si è compiuto.

 

Sì, scommettiamo sulla sostenibilità economica e ambientale“. La parola chiave, da noi, è “Chimica Vivente per la Qualità della vita”. Il nostro gruppo di ricercatori si è occupato di materiali prodotti da fonti rinnovabili con grande anticipo rispetto ai tempi. È stato da subito un progetto strategico di ampio respiro ma che ha avuto una lunga gestazione. La priorità ora è risolvere gli urgenti problemi di inquinamento ambientale attraverso l’uso di risorse rinnovabili di origine agricola, minimizzando la produzione di rifiuti post consumo e sviluppando processi a basso impatto ambientale. 

 

Impianti produzioneCi può spiegare meglio?


Tutto è nato nel 1989 da un’iniziativa di ricerca dell’allora multinazionale Montedison, appena acquisita dal gruppo Ferruzzi. Il polo Ferruzzi Ricerca e Tecnologia (Fertec) doveva fare da ponte fra cultura agroindustriale e chimica per studiare una nuova gamma di materiali a basso impatto ambientale. Ma durò poco perché Montedison mise a rischio il tutto. Fino a che, nel 1994, una concentrazione della divisione materiali di Fertec originò la Novamont. Grazie poi all’impegno di alcuni dirigenti, nel 1996 l’azienda fu acquisita da Banca Commerciale (oggi Intesa-SanPaolo) e Investitori associati. Il primo oggetto in Mater-Bi, la Green Pen, viene realizzato nel 1992, sviluppata con la collaborazione con Lecce Pen e scelta dal vertice mondiale di Rio sul futuro del pianeta come simbolo di una nuova possibile generazione di prodotti in grado di coniugare un progetto economico con l’attenzione ai temi ambientali.

 

Nel campo della chimica in Italia versano tutti in una crisi che pare essere irreversibile. Gli impianti sono obsoleti e il settore andrebbe riformato. Cosa dovrebbe succedere per dare nuova linfa e far sì che possano attecchire le nuove idee?

 

Chiudere con la chimica del passato, che purtroppo non ha alcuna possibilità di resistere alla pressione competitiva messa in campo dai nuovi impianti a bocca di pozzo petrolifero, e puntare su quella delle specialità privilegiando le opportunità offerte da un’indiscussa leadership che oggi l’Italia ha nel campo delle bioplastiche. 

 

Il gap culturale tra mondo politico e innovazione è troppo ampio e c’è mancanza di conoscenza su questi tempi. Cosa sta facendo la Novamont per aprire i laboratori al territorio e dare spazio ai prodotti di innovazione?

 

Non c’è dubbio che la sfida prioritaria del nostro millennio per l’innovazione sia nella ricerca di modelli di sviluppo in grado di conservare le risorse del pianeta preservando e aumentando la qualità della vita dei suoi abitanti. Si tratta di favorire la transizione da un’economia di prodotto a una economia di sistema, un salto culturale verso una sostenibilità economica e ambientale che deve interessare l’intera società e partire dalla valorizzazione del territorio e dalla collaborazione dei diversi interlocutori. Novamont è un modello sperimentale che continua a evolversi nel campo della ricerca e dei modelli di innovazione attraverso il ridisegno di sistema: la formazione di uomini, la gestione di progetti di ricerca complessi, lo sviluppo di partnership, la attiva partecipazione alla definizione di standard di qualità, la gestione strategica della proprietà intellettuale, l’attività culturale, le filiere integrate, i casi studio. Si tratta di un vero laboratorio a tutto campo in cui ho avuto modo di crescere, di vedere crescere le persone intorno a me e che ha permesso di creare un’esperienza unica a servizio di chi voglia partecipare a questo esperimento di economia di sistema.

Nuovo insediamento Terni

Su 500 kg di rifiuti che ciascuno di noi produce, il 40% è compostabile. La direttiva Ue vieterebbe l’uso organico in discarica ma tutti stanno pagando la mora. Qual è lo stato dell’arte?

 

In evoluzione. Siamo molto lontani, come sistema Paese, dagli obiettivi comunitari in generale sulle raccolte differenziate ma con eccellenze anche nel Meridione, a cominciare proprio dalla Campania dove la provincia di Salerno ha raggiunto una percentuale del 70% nell’intercettazione dei rifiuti organici.

 

Quali sono i vostri progetti per il futuro e quali i suoi, di donna imprenditrice e ricercatrice al tempo stesso?

 

Oggi la sfida per Novamont è quella di riuscire a diventare un catalizzatore dello sviluppo del Paese in un’economia di sistema realizzando completamente il modello di “Bioraffineria integrata nel Territorio” in partnership con il mondo agricolo, industriale, istituzionale e accademico. La speranza è che la nostra esperienza sia di supporto anche alla definizione di strategie di sviluppo del nostro Paese nel settore delle materie prime rinnovabili in grado di esprimere un livello di saggezza decisamente più alto rispetto al passato.

 

 

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