Wise Society : Andrea Segré: bando agli sprechi!
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Andrea Segré: bando agli sprechi!

di di Francesca Tozzi
3 Febbraio 2010

Recuperare le merci invendute ma ancora idonee al consumo, a favore del non profit. E' questa l'idea alla base del Last Minute Market, ricerca voluta da Andrea Segré, preside di Agraria dell'Università di Bologna

Andrea Segré, preside della Facoltà di Agraria dell'Università di BolognaQuali sono i punti di forza del Last Minute Market?


Sono molti, innanzitutto l’efficienza e la sicurezza del passaggio dei beni di cui curiamo ogni aspetto: da quello igienico-sanitario a quelli organizzativo, logistico, amministrativo, fiscale. È un sistema di recupero a km zero dello spreco: la vera innovazione del servizio è la sua sostenibilità perché vai a recuperare dove c’è l’eccedenza sulla base delle esigenze del territorio. È un sistema complesso da attivare e da gestire ma non ci sono costi.

 

Perché è vincente?

 

Perché vincono tutti ovvero tutti gli attori in gioco ne traggono vantaggi: non solo gli enti cui vengono donati i beni ma prima ancora chi li fornisce. Smaltire i rifiuti costa molto a un ipermercato che inoltre, partecipando al progetto, ha la possibilità di vedere dove si concentrano gli sprechi e di rendere il proprio apparato distributivo più efficiente. Non a caso dopo due anni tutti i progetti LMM fanno registrare una diminuzione degli sprechi. Per esempio il primo ipermercato dove abbiamo applicato per la prima volta il nostro sistema produceva nel 2003 170 tonnellate di rifiuti, nel 2004 sono scese a 150 e l’anno successivo a 140.

 

Come le è venuta questa idea?

 

Sono andato dietro alle quinte della grande distribuzione, lì dove arriva la merce e dove viene buttata via e ho visto un’enorme quantità di prodotti ammassati, per esempio yogurt che sarebbero scaduti due giorni dopo e cesti di arance dove solo qualcuna presentava delle ammaccature. Dimostrare ogni volta alle Asl che quei cibi ancora si possono mangiare e recuperarli sarebbe un’impresa ardua: la cosa è stata invece possibile mettendo a punto un sistema dedicato che ha alle spalle un lavoro di ricerca scientifico come quello dell’Università di Bologna, sistema i cui ingranaggi devono essere precisi come quelli di un orologio svizzero perché il tutto funzioni. Se, per esempio, devi muovere grossi mezzi e coprire lunghe distanze magari avrai sfamato qualcuno ma il progetto non è più sostenibile.

 

Last Minute Market, foto di F. Ridolfi

Esiste un equivalente del LMM oltreconfine?

 

All’estero ci sono molte food bank e associazioni che recuperano beni a favore del non profit ma devo dire che quello che abbiamo sviluppato è un sistema unico e originale. Certo, il principio è esportabile dappertutto – e infatti abbiamo cominciato a lavorare in Argentina e Brasile e a stringere contatti con Francia e Inghilterra – ma bisogna confrontarsi con le singole realtà territoriali: la legislazione locale è importante soprattutto per l’etichettatura e la sicurezza alimentare. E poi comunque in Italia c’è ancora molto da fare.

 

Con che prospettive?

 

Se il modello Last Minute Market venisse adottato sull’intero territorio italiano, secondo gli studi sull’impatto ambientale che abbiamo realizzato, da tutti i cash and carry, i super e ipermercati, e i singoli esercizi commerciali si potrebbero recuperare all’anno ben 244.252 tonnellate di cibo per un valore complessivo di 928.157.600 euro. Sarebbe inoltre possibile fornire tre pasti al giorno a 636.600 persone e risparmiare 291.393 tonnellate di CO2 che sono invece attualmente prodotte a causa dello smaltimento del cibo come rifiuto.

 

Last Minute Market, foto di F. Ridolfi

Una strategia per il futuro?

 

Tutti devono agire in modo mirato e consapevole. L’ottica per cui si può sprecare il cibo a cuor leggero perché andrà a sfamare un indigente è sbagliata. Dove sono l’etica e la sostenibilità in tutto questo? Noi facciamo qualcosa di concreto per l’ambiente per questo siamo stati invitati a parlare al Klimaforum di Copenhagen. Anche se ci sono importanti ricadute sociali ed economiche, il focus del LMM è sulla prevenzione del danno ambientale il cui impatto è misurabile direttamente: si evita la formazione di rifiuti e si abbattono i costi, non solo economici, di trasporto e di smaltimento. Il bene destinato a essere gettato torna a essere un bene consumabile. È importante la prospettiva da cui si guarda il sistema: colpisce di più l’aspetto della solidarietà e il fatto che più beni si recuperano, più persone possono goderne ma non basta recuperare gli scarti dei ricchi per risolvere il problema della fame e dell’indigenza. Meglio che le tonnellate raccolte siano sempre meno perché significa aver ridotto la percentuale di spreco: questa è la vera utopia!

 

Se dovesse indicare un valore che apre al futuro e un disvalore che finora ha frenato la crescita e lo sviluppo?

 

Quando si portano avanti progetti di ampio respiro, coinvolgendo gli interessi di più realtà e mettendo in contatto il profit con il non profit c’è il rischio che certe dinamiche si trasferiscano dal primo al secondo ambito: si crea cioè una sorta di contrasto e competizione tra le organizzazioni non profit presenti sullo stesso territorio. Ma se la competitività stimola le imprese, in questo caso frena e danneggia il sistema. Per contro valgono invece i valori della condivisione, della sinergia e della cooperazione dove ognuno fa bene la parte che gli spetta a vantaggio di tutti.

 

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