Nel nostro paese si fa molta fatica a realizzare la parità di genere. Le donne generalmente rivestono ruoli poco strategici e, a parità di ruolo, vengono pagate meno degli uomini. Ma qualcosa si sta muovendo, e gli esempi a cui ispirarsi non mancano
Il “soffitto di cristallo”, l’immaginaria barriera che separa le donne dal successo lavorativo e sociale c’è ancora. Tante donne sono ancora pagate meno dei loro colleghi uomini e spesso devono accontentarsi di un part time o di impieghi meno qualificati. Le giovanissime rimangono confinate più dei coetanei nell’ingrata categoria dei “Neet” che non studiano e non lavorano o devono accontentarsi di lavoretti “in grigio”, poco qualificati e mal pagati. Eppure allo stesso tempo qualcosa sta cambiando: il PNRR avrà l’imprenditoria femminile fra i suoi obiettivi e la presenza femminile già da un po’ ha cominciato ad affermarsi in modo più visibile e incisivo. Solo da qualche mese l’Italia ha per la prima volta un premier donna, che parla con i grandi del mondo (qualche volta portandosi dietro anche la sua bimba). E sono sempre di più le “guerriere con l’armatura di seta”, che riescono a diventare protagoniste vincenti in campi tradizionalmente maschili e altamente selettivi e e competitivi e a raggiungere posizioni di prestigio con le armi della creatività, della competenza e della professionalità. Le loro storie, vere e appassionanti, possono diventare incitamento e stimolo anche per le altre, l’8 marzo e non solo.
Donne e lavoro: gli ultimi dati sul gender gap
La fotografia del gender gap oggi la offre l’ultimo Gender Policies Report dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) pubblicato a gennaio di quest’anno. La situazione delle donne nel mondo del lavoro oggi rimane particolarmente problematica. Il tasso di disoccupazione femminile è al 9,1 contro il 6,8 degli uomini, divario che aumenta ulteriormente nella fascia più giovane fra i 15 e i 24 anni.
E che le giovani facciano più fatica a rendersi autonome rispetto ai loro coetanei maschi lo conferma anche la ricerca su ragazze e lavoro di Terre des Hommes con l’Osservatorio Indifesa: l’Italia detiene il record europeo negativo di ragazze Neet (il 25% delle italiane tra i 15 e 29 anni non studiano e non lavorano); le giovani che scelgono corsi di laurea e carriere tradizionalmente maschili, come l’ambito Stem (Science, Technology, Engineering e Mathematics), sono molto meno rispetto ai ragazzi (nel 2020/2021 erano solo il 20%) e i livelli di alfabetizzazione finanziaria delle giovani donne restano più bassi di quelli dei coetanei.
Part time: così diventa fragilità
Ma la differenza di genere è anche un fatto di qualità perché le lavoratrici rimangono spesso confinate in settori utili ma con basse retribuzioni e poco strategici. Secondo il report Inapp le donne guadagnano meno degli uomini e la loro debolezza economica (che compromette le prospettive di crescita e di indipendenza anche umana e familiare) negli ultimi tempi si è aggravata con l’uso del part time: fra le donne è part time il 49% dei contratti attivi, mentre lavora a tempo parziale solo il 26,2 % degli uomini. Proprio il part time si è trasformato da desiderio, come a volte era visto in passato, in svantaggio: la relativa libertà dell’orario ridotto si sconta, infatti, in termini di fragilità finanziaria. La precarietà dei contratti a tempo determinato fa il resto.
Il work life balance è ancora difficile per le donne
Anche il work life balance, l’armonizzazione fra vita privata e lavoro, resta più difficile per le donne, già vere “equilibriste” della vita che da sempre cercano di conciliare al meglio le esigenze della famiglia con quelle degli impregni fuori casa. Tramontato in tutto o in parte lo smart working e tornati alla routine del badge che segna i tempi lavorativi il Gender Policies Report rileva che le donne godono di poca flessibilità e sono poco coinvolte nei processi organizzativi: in Italia nel 76% dei casi è soltanto il datore di lavoro a decidere l’orario di ingresso e uscita, contro una media, nella UE, del 57%.
Gender gap in Italia e nel mondo
Ma come vanno le cose per le donne se allarghiamo la prospettiva al mondo? In questo caso a raccontare l’universo femminile anche fuori dai nostri confine è il Global Gender Gap Index del World Economic Forum, che ha reso in esame la situazione di 146 Paesi. L’Italia rimane, anche nel 2022, alla 63esima posizione nella classifica della parità di genere, ben lontana dalla “top ten” che vede ai primi posti Finlandia e Norvegia, seguite da altre nazioni del Nord Europa come Germania e Svezia. L’Italia si sta muovendo per ridurre il gender pay gap (ovvero la differenza retributiva fra uomini e donne) ma quel 20/24% che ancora separa il genere femminile e rende “più leggera” la retribuzione mensile rimane sempre.
Il PNRR: una spinta per la gender equality
Qualcosa però sta cambiando e le prospettive per il futuro potrebbero riservare più di una sorpresa positiva per le donne. Il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si propone di dare una spinta al lavoro femminile: proprio il punto 5 del Piano infatti è all’insegna di una maggiore gender equality: in particolare il PNRR punta alla valorizzazione dell’imprenditoria femminile, con fondi dedicati. Molto importante anche l’introduzione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere che premierà i brand e le aziende più inclusivi e aperti a una presenza attiva e paritaria delle donne.
Una marcia in più: in un libro le storie di donne coraggiose e vincenti
Di sogni realizzati di coraggio e creatività parla invece il nuovo libro edito da Wise Society, “Una marcia in più. Storie italiane di imprenditrici vincenti“, nato dall’incontro di due donne, amiche e imprenditrici, Antonella Di Leo, editore ed amministratore delegato di Wise Society, e Nicoletta Poli Poggiaroni, ideatrice del progetto e disponibile in libreria e sui canali online Amazon, Hoepli e Mondadori Store anche in versione audiobook.
Il libro diventa uno sguardo sulla realtà imprenditoriale “al femminile” italiana, da Nord a Sud, attraverso 22 storie di imprenditrici di successo che hanno saputo fare di quel qualcosa in più che caratterizza le donne il segreto del loro percorso lavorativo e umano.
Testimonianze preziose raccolte dagli autori Manila Alfano, Giorgio Gandola e Stefano Zurlo che hanno tracciato la storia, appassionante perché vera e fatta anche di tante difficoltà, di donne molto differenti fra loro che in campi che vanno dalla moda, all’architettura, alla logistica, all’industria vinicola, solo per citarne alcuni, hanno saputo affermarsi e innovare, con grande personalità.
Un esempio ispirazionale
Le imprenditrici del libro possono davvero diventare un esempio “ispirazionale” non solo per le più giovani, che si affacciano al mondo del lavoro, ma anche per le donne vogliono trovare uno spazio lavorativo che le valorizzi davvero, che vogliono reinventarsi oppure crescere nella loro attività.
Le donne raccontate da Una marcia in più hanno creato business di grande prestigio sfidando pregiudizi, vincendo a poco a poco la diffidenza che ancora allontana le donne dai “posti di comando”, cambiando lì dove era necessario i meccanismi di produzione, attualizzando prodotti e metodi di commercializzazione, riscrivendo le regole del gioco. Una grande sfida, affrontata senza dimenticare la concretezza che, quando si tratta di impresa, deve sempre accompagnare l’originalità e l’innovazione.
Loro ci sono riuscite, riuscendo a conciliare il lavoro con la famiglia le relazioni, la vita nel sociale, rimanendo se stesse con i loro valori e la loro unicità, mettendo in pratica la gender equality: il messaggio è questo e si rivolge a tutte. Perché anche il domani possa essere sempre più “al femminile”.
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Lucia Fino