Wise Society : La gender equality certification: una sfida che premia lavoratrici e aziende

La gender equality certification: una sfida che premia lavoratrici e aziende

di Lucia Fino
8 Febbraio 2024

Questa misura potrebbe contribuire a colmare il gender gap in Italia, favorendo ambienti aziendali in cui le donne siano valorizzate e trattate - sia in termini di crescita che di stipendio - come i colleghi uomini. Ecco di che si tratta

L’empowerment delle donne oggi ha uno strumento in più: la certificazione della parità di genere. Un “bollino rosa” che viene attribuito alle aziende, piccole o grandi, che hanno dimostrato in modo oggettivo di essere attive nell’inclusione delle donne e di agire in prima persona per combattere quel famigerato “gender gap” che le discrimina, confinandole in posizioni lavorative meno retribuite e gratificanti rispetto agli uomini.

Questo vuol dire creare un clima adatto al riconoscimento e alla crescita delle donne in azienda. Fin dal momento dell’assunzione e poi assicurando un salario giusto, non inferiore a quello degli uomini, tutelando le mamme lavoratrici e valorizzando la work-life balance, così importante per conciliare davvero famiglia e impegni di carriera. La gender equality certification non va considerata come un banale strumento di “pink-washing” ma come una possibile spinta per innescare un vero “circolo virtuoso” a favore di donne e imprese. Vediamo perché.

Gender equality

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Gender equality certification, un riconoscimento alle aziende “inclusive”

La certificazione di genere fa bene alle donne e nello stesso tempo anche alle imprese. È un parametro di valutazione recente (è nato solo due anni fa) e forse ancora poco conosciuto ma è destinato a diventare importante nella cosiddetta brand reputation.

I consumatori, infatti, tendono sempre di più a premiare i brand “inclusivi”: secondo il report del Diversity Brand Summit di Milano del 2022 le aziende percepite come più inclusive possono contare su un incremento nella crescita dei ricavi fino al 23% in più rispetto a brand concorrenti visti, invece, come poco attenti alle diversità.

D’altra parte la certificazione di genere è anche immediatamente utile per l’azienda perché garantisce vantaggi a livello fiscale (uno sgravio contributivo dell’1% dei contributi dovuti sui dipendenti fino a 50.000 euro all’anno), vale nei punteggi dei bandi pubblici e per ottenere finanziamenti a livello europeo, regionale e nazionale e permette una diminuzione della garanzia del 20% per tutte le tipologie di contratti pubblici.

Certificazione di genere fra Agenda 2030 e PNRR

La gender equality certification fa parte del complesso di norme e di interventi strutturali per costruire l’Italia e l’Europa di domani. La parità di genere, infatti, rientra negli obiettivi dell’Agenda 2030 che disegna le priorità dell’ONU da raggiungere nei prossimi anni e fra le aree di azione del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dove è alla Missione numero 5.

Il PNRR promuove le imprese che riducono il gender pay gap e premiano e valorizzano il lavoro femminile partendo dall’idea che da aziende in cui le donne si trovano meglio può nascere una nuova coesione sociale e un ulteriore impulso alla ripresa economica.
La certificazione di parità di genere serve a identificare queste imprese in modo obiettivo e a dare un incentivo perché proseguano nel loro impegno. Si tratta di un ”work in progress” che continua attraverso un Tavolo di lavoro permanente presso il Dipartimento delle Pari Opportunità.

Gender pay gap

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Dall’assunzione al life-working balance: le 6 KPI da valutare

Ma quali sono i requisiti che vengono richiesti alle aziende per ottenere la certificazione? Le KPI (Key Performances Indicator – Indicatori chiave di prestazione) riguardano 6 aree di azione e sono state individuate dalla prassi di riferimento Uni Pdr 125 del marzo 2022. Questi ambiti sono:

  • Cultura e strategia;
  • Governance;Processi relativi alle risorse umane;
  • Opportunità di crescita ed inclusione femminile in azienda;
  • Equità remunerativa per genere;
  • Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

Tutti i campi insomma in cui si sviluppa la vita lavorativa di una donna e che l’azienda può assecondare al meglio con una carriera e uno stipendio giusti ma anche dando flessibilità negli orari, creando strutture aziendali per le madri lavoratrici e garantendo smart working da alternare al lavoro in presenza.

Ogni area ha un diverso peso percentuale e viene valutata qualitativamente e quantitativamente anche in base al tipo di attività dell’azienda: la certificazione, che dura 3 anni, si ottiene attraverso un attento controllo che viene poi ripetuto annualmente quando viene raggiunto una percentuale complessiva del 60%.

Chi rilascia la certificazione e chi la può chiedere

La certificazione viene richiesta su base volontaria: possono chiederla e ottenerla sia i grandi colossi che le piccole e medie imprese, le PMI. Queste ultime possono chiedere di essere aiutate e supportate con assistenza tecnica qualificata nelle politiche di gender equality e per questo sono stati stanziati contributi con appositi fondi dal PNRR.

Al rilascio della certificazione provvedono gli organismi di certificazione accreditati presso Accredia che operano sulla base della prassi UNI/PdR 125:2022 (ad oggi sono 47).
È recentissima la creazione di una piattaforma digitale delle organizzazioni certificate dove potranno essere inseriti tutti i dati che consentiranno di monitorare costantemente i progressi della gender equality in Italia.

I dati della certificazione di parità di genere oggi

Secondo i dati del sito di UNI la certificazione di parità di genere per essere così recente (e così innovativa) è già un successo.
In questi 2 anni sono 2.800 i siti aziendali che hanno ottenuto la parità di genere, corrispondenti a 823 organizzazioni pubbliche e private. E sono aziende, piccole e grandi, che lavorano in tutti i campi, dall’energia, alle banche, all’agroalimentare.

Insomma, la strada da fare per abbattere il muro di cristallo e dare al lavoro al delle donne piena dignità e la giusta gratificazione è ancora lunga, ma qualcosa si sta sicuramente muovendo.

Lucia Fino

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