Wise Society : Lella Costa: “Se usassimo meno le armi e più il cervello e l’ironia vivremmo tutti molto meglio”
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Lella Costa: “Se usassimo meno le armi e più il cervello e l’ironia vivremmo tutti molto meglio”

di Vincenzo Petraglia
14 Aprile 2024

Intervista a una delle attrici più acute, poliedriche e brillanti del nostro Paese, capace come poche, tramite la sua graffiante ironia, di esprimere e decodificare il nostro tempo. Abbiamo parlato di donne, ma anche di nuove generazioni, social media e futuri possibili

Lella Costa è una delle attrici più acute, poliedriche e brillanti del nostro Paese, capace come poche, tramite la sua graffiante ironia, di leggere, esprimere e decodificare il nostro tempo, in modo profondo e a tratti dissacrante.

Conosciuta soprattutto come monologhista, è senza ombra di dubbio una delle regine del teatro italiano, sporadicamente prestata anche al cinema e alla tv, oltre a essere un’ottima doppiatrice e una donna molto impegnata nel sociale, soprattutto sui temi al femminile.

Lella Costa

Lella Costa è in tournée in questo periodo nei teatri italiani con “Otello, di precise parole si vive”. 

L’abbiamo incontrata in occasione del suo “Otello, di precise parole si vive”, con il quale sta girando l’Italia (dal 16 al 21 aprile sarà al Teatro Carcano di Milano). Una pièce della Costa e di Gabriele Vacis che si rifà a quella scritta più di 400 anni fa da Shakespeare, ma ancora, drammaticamente, attuale riguardo temi quali il femminicidio, la violenza, la sopraffazione, la diseguaglianza, il maschilismo. 

Con lei abbiamo parlato di donne e gender equality, di nuove generazioni e social media. E di un futuro che forse può prendere una piega diversa rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare guardando a un presente, il nostro, fatto di guerre e prevaricazioni.

In questo periodo è a teatro in tournée con “Otello, di precise parole si vive”, che rispolvera un grande classico shakespeariano, che, nonostante i secoli, rimane attualissimo…

Tutti i grandi classici ci riguardano, perché parlano di noi, dei nostri sentimenti e delle nostre passioni più profonde. Come Pinocchio, il secondo libro più tradotto e letto nel mondo. In Otello si parla di diseguaglianza, patriarcato, maschilismo, femminicidio, una parola che 400 anni fa non esisteva, ma che nella sostanza esisteva purtroppo allora come oggi.

Il frutto di una sorta di relazione “patologica” fra uomo e donna…

Parlerei più di patologia fra il maschile e il femminile. Il maschile è un modo di guardare, concepire, abitare il mondo. Da parte di uomini certamente, ma anche di molte donne. La
disuguaglianza, la supremazia, la sopraffazione sono un qualcosa più specifico del maschile, azioni che fanno male a chi le riceve, ma anche a chi le fa.

C’è una statistica che ci dice che le donne detenute in Italia sono una minoranza, meno del 5%: questo vuol dire due cose: o che le donne delinquono di meno oppure che sono più brave a non farsi beccare! Nel femminile ci sono, quindi, cose che forse andrebbero valorizzate di più, un modo di vivere il mondo che probabilmente farebbe bene a tutti, non solo alle donne.

Purtroppo siamo una specie che si evolve, diciamo, ma che ancora uccide, fa le guerre, e questo mi rammarica molto, ma credo anche che, insieme, uomini e donne, possiamo costruire un mondo diverso, e migliore, usando meno le armi e più il cervello.

Riusciremo mai a infrangere quel famoso soffitto di cristallo che divide uomini e donne?

Mi auguro di sì, ad oggi so solo che le laureate hanno sorpassato i laureati in moltissime discipline, ma poi a un certo punto spariscono e le gerarchie vedono sempre una predominanza degli uomini. Una cosa curiosa…

Poi di quelle che riescono ad arrivare alle posizioni apicali spesso si sente dire che diventano peggio degli uomini, e questo mi crea dolore. Ma non bisogna dimenticare che per arrivare a certe posizioni, e soprattutto se vuoi rimanerci, devi in qualche modo adeguarti al modo in cui è stato governato il mondo per millenni. Non è facile, ma è il momento di cambiare le cose, e non solo per il bene delle donne, ma per il bene comune, per il bene di tutti.

Lella Costa in Otello

Un’istantanea dell’attrice in scena con l’Otello (Foto: Serena Serrani).

Tornando al teatro, è qualcosa per lei in qualche modo terapeutico?

Non so se sia terapeutico, di sicuro per me è una forma di dipendenza ed è il posto – ma per favore non diciamolo alla mia famiglia! – dove mi sento unica e dove mi sento meglio al mondo. La relazione col pubblico vivente è una cosa che mi appaga profondamente. Tutto ciò che dai, ti torna centuplicato. È un’esperienza meravigliosa, che genera endorfine, serotonina…

Potrebbe fare forse molto bene anche ai nostri ragazzi, troppo spesso isolati nella loro dimensione virtuale.

Sicuramente. Dovremmo imparare da altri Paesi, come quelli anglosassoni per esempio, dove il teatro a scuola è una materia curricolare e rappresenta una grande chance di crescita. Credo sarebbe una cosa molto bella per tutti, perché sono fortemente convinta che il teatro possa contribuire a rendere migliori le persone e il mondo.

Come li vede in generale questi ragazzi di oggi?

Un po’ avulsi dalle emozioni, dalla realtà. Bisogna riscoprire il valore dell’incontro, delle relazioni e delle emozioni e dei sentimenti veri, non mediati dai social e dal virtuale. Facciamo l’esempio della musica: si può ascoltare a casa con le cuffie da soli, ma ascoltarla dal vivo, a un concerto, in mezzo ad altre persone, è un’esperienza totalmente diversa, unica, che ti fa affrontare anche ore di coda, pur di essere lì, in quello stadio o quel teatro, ad ascoltare la voce dal vivo del tuo cantante preferito.

E in un’epoca come la nostra, dove tutto è tecnicamente riproducibile, questo può avere un valore straordinario, che va poi ovviamente calato nella vita quotidiana di ciascuno.

 

Se dovesse scegliere un valore che più di altri secondo lei potrebbe salvare il mondo, quale sceglierebbe?

Forse la reciprocità. Quando viene negata la reciprocità – pensiamo soltanto agli orrori compiuti in nome di un amore inteso come possesso – avvengono disastri. Penso alla povera Giulia Cecchetin per esempio, morta perché non ricambiava un sentimento…

Bisogna imparare ad  accettare che un sentimento possa non essere ricambiato, senza per questo viverlo come un rifiuto o un giudizio su di sé: se una persona ci dice che non ci ama, non significa che ci sta rifiutando e che non valiamo niente, ma semplicemente che le cose fra noi non funzionano, né più né meno.

Un mondo saggio, “wise”, di cosa avrebbe bisogno secondo lei?

Di consapevolezza. E di ironia. Romain Gary scrisse: “L’ironia è una dichiarazione di dignità. È l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita”. Penso che cambiare il nostro punto di vista sia fondamentale, per renderci conto veramente – con consapevolezza ed auto consapevolezza – di ciò che stiamo vivendo o facendo, prima di commettere degli errori, o degli orrori.

Vincenzo Petraglia

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