Nell’arco di poche settimane, decine di persone sono rimaste ferite a causa di violente turbolenze in volo. È vero, come sembra, che stanno diventando più frequenti? Se sì, il riscaldamento globale ha un ruolo? Vediamo cosa dicono gli studi scientifici e le autorità che vigilano sull’aviazione
È la mattina del 21 maggio quando il volo SQ321, decollato dall’aeroporto londinese di Heathrow e diretto a Singapore, sorvola il Myanmar. A bordo, 211 passeggeri e 18 membri dell’equipaggio. Nonostante le condizioni meteo non siano delle migliori, i piloti non sembrano avere motivo per allarmarsi. All’improvviso, il velivolo attraversa una sacca d’aria e scende di 54 metri in cinque secondi. La turbolenza è violentissima: le cappelliere si aprono, piatti e posate del catering di bordo finiscono per terra, le persone si trovano sbalzate da una parte all’altra. Un passeggero di 73 anni muore, presumibilmente d’infarto; i feriti sono una trentina.
Poche settimane dopo, per la precisione il 1° luglio, un volo Madrid-Montevideo è costretto a un atterraggio di emergenza in Brasile perché, sempre a causa di una forte turbolenza, trenta passeggeri sono rimasti feriti. Il susseguirsi di queste due notizie, com’è comprensibile, ha destato una certa preoccupazione. Facendo sorgere una domanda legittima: siamo di fronte a episodi straordinari destinati a rimanere tali, oppure le turbolenze stanno diventando realmente più gravi e più frequenti? Se sì, i cambiamenti climatici hanno un ruolo?
Cosa sono le turbolenze in volo e quanto sono pericolose
Andiamo con ordine. Si parla di turbolenza quando un movimento irregolare e improvviso dell’aria fa scuotere violentemente un aereo durante il suo tragitto. Più nel dettaglio, il motivo scatenante può essere l’attraversamento di una corrente a getto (cioè un “fiume d’aria” che scorre genericamente da ovest verso est), oppure l’incontro di una massa d’aria calda e una fredda, o ancora un fenomeno chiamato convezione atmosferica (l’aria calda sale, quella fredda scende e così si crea una corrente verticale). Possono rivelarsi delicati anche i passaggi sopra le montagne (in tal caso si parla di turbolenza orografica) o i casi in cui si incrocia la scia di un altro aereo.
Nell’assoluta maggioranza dei casi, le turbolenze sono lievi e il personale di bordo ha tutto il tempo a disposizione per ricordare ai passeggeri di indossare le cinture. Quando invece sono più violente, il pilota di norma mantiene comunque il controllo dell’aereo, ma per i passeggeri l’esperienza è tutt’altro che piacevole.
Episodi simili accadono di rado, ma possono scatenare il panico anche tra chi è abituato a volare. La Federal Aviation Administration, ad ogni modo, fa sapere che tra il 2009 e il 2023 soltanto 37 passeggeri sono rimasti feriti in modo serio a seguito di una turbolenza. È più frequente che a subire le conseguenze siano i membri dell’equipaggio (146 i feriti nello stesso arco di tempo) perché restano più tempo in piedi e quindi possono andare a sbattere.
Le turbolenze sono più frequenti: lo studio dell’università di Reading
Se confrontati con i 184 feriti che la Federal Aviation Administration censisce in quattordici anni, i sessanta registrati nel 2024 nell’arco di appena due mesi fanno pensare. Uno studio dell’università di Reading, pubblicato dalla rivista scientifica Geophysical Research Letters, conferma il sospetto: nell’arco degli ultimi quarant’anni, tra il 1979 e il 2020, il numero di turbolenze è aumentato.
Per la precisione, sono diventate più frequenti quelle che in gergo vengono chiamate CAT, turbolenze in aria limpida, che si verificano cioè in assenza di nubi a seguito dell’incontro di due masse d’aria che si spostano a velocità diverse. Proprio come quella in cui si è imbattuto il famigerato volo diretto a Singapore. Sono particolarmente insidiose, perché i radar non le rilevano e dunque i piloti non hanno modo di attrezzarsi per tempo.
Nel bel mezzo delle rotte dell’Atlantico del nord, riferisce lo studio, nel 2020 ci sono state 27,4 ore di turbolenze severe: un balzo in avanti del 55% rispetto alle 17,7 ore del 1979. Più contenuto, ma comunque notevole, l’incremento delle turbolenze moderate (+37%, da 70 a 96,1 ore) e di quelle lievi (+17%, da 466,5 a 546,8 ore).
È colpa della crisi climatica? Come sempre, gli scienziati sono tenuti molto cauti prima di indicare un rapporto univoco di causa-effetto. È vero però che, con l’aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera, l’aria diventa più calda e si intensificano le variazioni di velocità e intensità della corrente a getto. Una condizione che favorisce le turbolenze in aria limpida.
Piccoli accorgimenti per sentirsi più al sicuro in volo
Noi che prendiamo l’aereo, per una trasferta di lavoro o per raggiungere le nostre ambite vacanze, cosa possiamo fare per tenere a bada la paura e sentirci più al sicuro? La Federal Aviation Administration consiglia innanzitutto di tenere le cinture di sicurezza allacciate per tutta la durata del volo, non soltanto in fase di rullaggio, decollo, atterraggio e quando l’apposito segnale luminoso è acceso. A pensarci bene, dopotutto, che cosa ci costa? Il viaggio resta comunque confortevole e non rischiamo di essere sbalzati violentemente nella rara eventualità di una turbolenza forte e imprevista.
Un discorso un po’ diverso vale per i bambini a bordo. Se hanno meno di due anni, infatti, hanno il diritto a viaggiare gratis purché stiano in braccio a una persona adulta: il che rappresenta senza dubbio un bel risparmio, come ben sanno i genitori, ma fa sì che siano più suscettibili a eventuali vuoti d’aria. La normativa prevede infatti che siano legati con una cintura di sicurezza apposita negli stessi momenti in cui è obbligatoria per gli adulti, ma stare solidamente ancorati a un seggiolino sarebbe tutta un’altra cosa.
È possibile portare a bordo il proprio seggiolino ma, in tal caso, bisogna prenotare un posto aggiuntivo. Dal momento in cui compiono due anni, i bambini devono occupare un posto e pagare un biglietto: anche in questo caso, portare il loro seggiolino può essere un’idea.
Valentina Neri